Antisociale

Antisociale [disturbo di personalità]
Il DSM-IV-R lo descrive come un disturbo pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta già dai 15 anni di età. Il soggetto appare incapace di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale e, per questo, viene spesso arrestato. È disonesto, mente, truffa, è impulsivo o incapace di pianificare, irritabile e aggressivo, irresponsabile e non manifesta rimorso, risultando indifferente o razionalizzando dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro. Per poter porre diagnosi è necessario che il soggetto abbia più di 18 anni e che prima dei 15 abbia manifestato un disturbo della condotta. Pinel fu il primo a descrivere, nell'Ottocento, un caso di disturbo asociale (che chiamò mania senza delirio); Kraepelin parlò di disturbo dello sviluppo che predisponeva il paziente a tratti infantili. Dapprima si parlò di inferiorità psicopatica, poi, negli anni Cinquanta, di personalità psicopatica e successivamente sociopatica, dizione adottata nel DSM-I. Dal DSM-II venne definitivamente introdotta l'espressione personalità antisociale. Nei campioni comunitari la prevalenza è del 3% circa nei maschi e dell'1% nelle femmine. È più comune tra i consanguinei di persone con questo disturbo, nei quali appaiono anche più frequentemente i disturbi correlati a sostanze e il disturbo di somatizzazione. La concordanza in gemelli monozigoti sarebbe 2-3 volte maggiore che nei dizigoti. Associazioni si osservano con uno stato socioeconomico basso e con gli ambienti urbani. Il decorso è cronico, ma il disturbo può diventare meno evidente a mano a mano che l'individuo diventa adulto. Frequentemente, i pazienti antisociali hanno alle spalle una storia infantile di privazione o abusi da parte delle figure genitoriali. La mancanza della fiducia di base e l'assenza di esperienze di amore con la figura materna sarebbero alla base della stasi che si viene a creare nel processo di maturazione prima che si completino la separazione-individuazione e lo sviluppo della costanza d'oggetto. Nello sviluppo successivo coesisterebbero un distacco da tutte le relazioni e le esperienze affettive e tentativi sadici di legarsi agli altri attraverso l'esercizio del potere e della distruttività. Il paziente con disturbo a. non diventa mai consapevole degli altri come individui separati con sentimenti loro propri. L'incapacità di introiezione porterebbe a una grave deficienza del Super-Io, con assenza dei valori morali e del senso di colpa. Dal punto di vista biologico, gli studi dimostrano che nei soggetti violenti esisterebbe un deficit serotoninergico centrale presinaptico, come evidenziato dalla diminuzione dell'acido 5-idrossindolacetico a livello liquorale. L'impulsività avrebbe, inoltre, come corrispettivo neurofunzionale un diminuito arousal corticale (all'EEG l'attività lenta risulterebbe incrementata) e una risposta motoria maggiormente disinibita. Minore utilità avrebbe la psicoterapia individuale, che necessiterebbe comunque del ricovero in strutture specializzate. Tra i farmaci vengono utilizzati i sali di litio per controllare l'aggressività e il metilfenidato per i pazienti che abbiano in anamnesi un disturbo da deficit dell'attenzione.