Ansia
Ansia
Dal latino angere (stringere), il termine definisce uno stato psicofisico caratterizzato da una sensazione di apprensione, da un senso di oppressione legato ad una sensazione di soffocamento, di incertezza, di paura e di allarme che pu ò presentarsi anche in assenza di un pericolo oggettivo. Nell'a. è presente la preoccupazione per il prefigurarsi di un pericolo imminente, dal quale non c' è possibilit à di scampo e che viene considerato inevitabile. Alla sintomatologia emotiva si accompagnano sintomi neurovegetativi, rappresentati da aumento della sudorazione, tachicardia, tensione muscolare, aumento della pressione arteriosa, tremori, tachipnea, midriasi, disturbi degli apparati digerente e genitourinario etc. A differenza della paura, che rappresenta una risposta emotiva a una minaccia reale, l'a. risulta priva dell'oggetto scatenante oppure questo non è chiaramente riconosciuto come tale dal soggetto. L'a. è una manifestazione fisiologica, un meccanismo innato che permette di affrontare con un adeguato aumento delle prestazioni di vigilanza, attenzione, attacco o fuga un eventuale pericolo futuro. L'a. svolge, quindi, una funzione di adattamento all'ambiente, migliorando le prestazioni nei confronti di situazioni di emergenza. La condizione patologica viene a instaurarsi nel momento in cui il livello di a. supera un determinato limite, inibendo anzich é attivare il soggetto e interferendo con le sue prestazioni sia fisiche sia motorie. Risulta, di conseguenza, sproporzionata agli eventi, in particolare quando non sia possibile individuare una causa scatenante e quando la durata della crisi sia tale da non essere pi ù giustificata in quanto a fronte di un determinato pericolo. Il paziente ansioso presenta un comportamento disadattivo per lunghi periodi di tempo e, in certi casi, anche per tutta la vita. Nella teoria psicoanalitica dell'a. elaborata da Freud, vengono posti formulazioni clinico-descrittive e modelli teorico-interpretativi sulla genesi delle manifestazioni ansiose. In particolare, in un primo tempo Freud identific ò una delle possibili cause nel fenomeno della repressione libidica: l'a. sarebbe il risultato della trasformazione dell'energia libidica insoddisfatta a causa di impedimenti esteriori. In una successiva rielabolazione, mise in rapporto l'a. con la reazione psicologica dell'Io di fronte a forze istintuali dell'Es, dotate di potenzialit à destrutturanti per l'equilibrio psichico. L'a., quindi, è un meccanismo di difesa che indica all'Io la necessit à di erigere difese psicologiche. Si sviluppano cos ì meccanismi di difesa che essenzialmente risultano rappresentati da rimozione, razionalizzazione, spostamento, proiezione, identificazione, compensazione, formazione reattiva, fantasia, regressione e sublimazione. Dal punto di vista neurofisiologico, le connessioni tra il sistema limbico e il diencefalo arricchiscono gli stimoli viscerali e affettivi della componente emozionale, rivestendo cos ì notevole importanza nella regolazione delle reazioni di paura e a. della vita affettiva in generale. Importanti studi di reazioni fisiologiche in condizioni di esposizione a stressor hanno evidenziato modificazioni biochimiche indotte nell'animale e nell'uomo che contribuirebbero a porre l'accento sui correlati biologici della paura e dall'a. Principalmente coinvolti risultano i sistemi GABAergico, noradrenergico e serotoninergico. Stimoli diversi innescano differenti risposte emozionali, sottese da differenti circuiti neuronali. L'integrazione di vie noradrenergiche e serotoninergiche a livello dei centri diencefalici condurrebbe, in determinate condizioni, alla genesi dell'a., con formazione di uno stato di allerta e di preparazione alla fuga o all'attacco. Al sistema nervoso autonomo (SNA) è stato riconosciuto il ruolo di mediatore delle componenti somatiche dell'a. Alcuni studi di stimolazione elettrica nell'animale hanno messo in luce un circuito specifico per la paura e per l'a., coinvolgente varie strutture del lobo limbico quali l'ippocampo, l'amigdala e i nuclei del setto; a questo livello, il locus coeruleus avrebbe una funzione aspecifica di attivazione. L'a. è un sintomo che si ritrova in numerosi disturbi di interesse psichiatrico e no. In alcuni casi risulta essere il sintomo predominante del quadro clinico (disturbi d'a.); in altri si associa, pi ù o meno evidentemente, ad altre patologie. Un problema che si è posto è quello di inquadrare la sintomatologia ansiosa in una precisa diagnosi clinica. Il paziente con sintomatologia ansiosa pu ò ricevere diagnosi cliniche diverse, come: nevrosi d'a. , stato d'a. , s. ansiosa , psiconevrosi d'a. etc. Tali diagnosi non sono tra loro equivalenti e si è imposta, quindi, l'esigenza di creare una nomenclatura uniforme che permettesse di inquadrare i vari aspetti sintomatologici. Oggi vengono distinti come elementi qualitativamente diversi l'a. anticipatoria, collegata al prefigurarsi di un eventuale pericolo o in previsione di un attacco di panico; l'a. generalizzata, persistente, non collegata a uno specifico stimolo; gli attacchi di panico, episodi di breve durata ma di elevata intensit à, associati a paura e senso di morte incombente. Le fobie rappresentano un quadro pi ù complesso, nel quale viene sopravvalutato un pericolo associato a oggetti o situazioni e in cui la componente ansiosa riveste un ruolo importante. Il paziente è consapevole dell'esagerazione del proprio livello di apprensione, ma non riesce razionalmente a superare le proprie paure. Ne consegue un atteggiamento caratterizzato da condotte di evitamento delle situazioni che indurrebbero la crisi. Nel DSM-IV-R i disturbi d'a. sono suddivisi in disturbo da attacchi di panico con e senza agorafobia; agorafobia senza storia di disturbo da attacchi di panico; disturbo da a. generalizzata; fobia sociale; fobia specifica; disturbo ossessivo-compulsivo; disturbo postraumatico da stress; disturbo da stress acuto; disturbo d'a. dovuto a condizioni mediche; disturbo d'a. indotto da sostanze. Alcuni studi di epidemiologia familiare hanno evidenziato una familiarit à delle manifestazioni ansiose, indipendentemente dall'inquadramento diagnostico. Studi sulla trasmissione familiare, ad esempio, hanno accertato un rischio nei parenti di primo grado, significativamente pi ù elevato rispetto ai gruppi di controllo. Inoltre, è stata osservata una maggiore incidenza delle fobie semplici, dell'agorafobia e dei disturbi da attacchi di panico nelle femmine rispetto ai maschi. Per quanto riguarda l'et à di insorgenza, la sintomatologia ansiosa sembra assumere modalit à differenti a seconda del quadro clinico con cui si presenta, mostrando esordio precoce nel caso di fobia semplice e fobia sociale (approssimativamente verso i 17 anni) oppure esordio pi ù tardivo nel disturbo da attacchi di panico e nell'agorafobia (verso i 26 anni). Dal punto di vista farmacologico, le benzodiazepine (BDZ) rappresentano certamente una delle categorie di farmaci pi ù utilizzate per la terapia. Vi è una larga concordanza sull'uso di tali farmaci nel trattamento dell'a. generalizzata; ancora da definire, invece, il ruolo delle BDZ nella gestione di pazienti affetti da altri disturbi d'a. Nel tentativo di controllare l'a., i pazienti sovente ricorrono a strategie che possono aggravare la sintomatologia, rivelandosi dannosi per la salute, ad esempio ricercando un effetto tranquillizzante nell'alcol, nel fumo e nei farmaci.