Vizi degli atti comunitari

Vizi degli atti comunitari art. 230 Trattato CE

Secondo quanto disposto dal Trattato istitutivo della Comunità europea gli atti emanati dalle istituzioni comunitarie possono essere viziati da:
incompetenza, che comprende sia l’incompetenza relativa (esempio: quando l’istituzione che ha emanato l’atto non aveva il potere di emanarlo), sia l’incompetenza assoluta della Comunità (esempio: l’atto emanato riguarda una materia estranea all’oggetto del trattato);
violazione delle forme sostanziali, cioè mancanza di un requisito di forma essenziale per la formulazione dell’atto. La violazione delle forme sostanziali comprende il difetto di maturazione, l’errata individuazione della base giuridica e la mancata consultazione di un’altra istituzione, quando ciò sia previsto dalla procedura di adozione dell’atto (esempio: il Consiglio non chiede il parere del Parlamento europeo quando ciò sia previsto dal trattato);
violazione del trattato e delle norme giuridiche relative alla sua applicazione, che deve intendersi come un vizio residuale, a cui ricondurre la contrarietà dell’atto al trattato fuori dei due casi già esaminati: questo motivo è quello a cui più di frequente ci si è richiamati (esempio: il Consiglio emana un regolamento in una materia in cui il trattato imponeva, invece, di emanare una direttiva);
sviamento di potere, ossia esercizio del potere per un fine diverso da quello per il quale tale facoltà era stata conferita. Questo vizio ha trovato rara applicazione nella prassi e non è stato ancora chiaramente definito dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee.
Avverso gli atti comunitari viziati è possibile proporre ricorso per annullamento (v.) alla Corte di Giustizia.