Veto

Veto art. 11 Trattato CE; art. 40 Trattato sull’Unione europea

È la facoltà riconosciuta a ciascuno Stato membro della Comunità europea di bloccare una decisione del Consiglio dell’Unione, quando si rende necessaria una votazione all’unanimità (v.): infatti, il voto contrario (ma non la semplice astensione) anche di un solo Stato impedisce l’adozione di qualunque decisione.
La possibilità di esercitare il diritto di veto è esplicitamente prevista dai trattati nel quadro della cooperazione rafforzata (v. Principio della cooperazione rafforzata); in questo caso uno Stato che si dichiara contrario può bloccare anche le decisioni da assumere a maggioranza qualificata (v.), secondo quanto dispongono l’art. 11 del Trattato CE e l’art. 40 del Trattato sull’Unione europea.
In materia di politica estera e di sicurezza comune (v. PESC) la necessità di superare il continuo veto degli Stati membri ha portato all’introduzione del meccanismo della astensione costruttiva (v.)
Un vero e proprio diritto di veto è concesso anche al Parlamento europeo nell’ambito della procedura di codecisione (v.), quando esamina la posizione comune (v.) presentata dal Consiglio, e nell’ambito della procedura del parere conforme (v.), dato il carattere vincolante del suo parere (v.).
Il ricorso al diritto di veto è andato via via ridimensionandosi a seguito della riduzione del numero dei casi in cui è necessario deliberare all’unanimità. Con il compromesso di Lussemburgo (v.) del 1966 fu praticamente esteso a tutte le decisioni da adottare in seno al Consiglio (anche quelle per le quali era sufficiente la maggioranza qualificata). Con i successivi trattati modificativi, la richiesta del voto all’unanimità è stata progressivamente ridotta, anche alla luce dell’esigenza di una maggiore flessibilità e speditezza nel processo decisionale.