Uniforme interpretazione del diritto comunitario
Uniforme interpretazione del diritto comunitario artt. 220 e 234 Trattato CE; art. 35 Trattato sull’Unione europea
Il complesso degli atti giuridici comunitari (v.) deve essere recepito dagli ordinamenti degli Stati membri, dove compete ai giudici nazionali garantirne il rispetto, sia nel caso in cui esse siano direttamente applicabili (v. Diretta applicabilità del diritto comunitario) che nel caso in cui necessitano di atti interni di esecuzione.
La diversità degli ordinamenti nazionali, però, potrebbe portare ad una differente applicazione del diritto comunitario (v.) in ciascuno Stato membro: ogni qualvolta, infatti, i giudici nazionali si trovassero dinanzi ad incertezze sul significato o sulla portata di una norma comunitaria da applicare, ne potrebbero dare un’interpretazione autonoma. Di qui la necessità di affidare ad un unico giudice, quello comunitario, il compito di fornire i criteri per una corretta ed uniforme applicazione del diritto comunitario, evitando così interpretazioni difformi.
La Corte di Giustizia è l’istituzione cui è affidato il compito di assicurare il rispetto del diritto nell’applicazione e nell’interpretazione dei trattati (art. 220). L’attività interpretativa dei giudici comunitari si esplica attraverso la procedura di ricorso in via pregiudiziale (v.) prevista dall’art. 234 del Trattato CE e può avere ad oggetto:
— l’ordinamento comunitario, inteso come l’insieme delle norme del diritto comunitario originario (v.) e del diritto comunitario derivato (v.). Per quanto riguarda il Trattato sull’Unione europea, la Corte può intervenire solo nell’ambito delle disposizioni che modificano i trattati istitutivi, nelle disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (v.), previa accettazione della giurisdizione della Corte da parte degli Stati membri, nelle disposizioni sulla cooperazione rafforzata (v. Principio della cooperazione rafforzata), sulla tutela dei diritti umani (v.), nelle disposizioni finali previste dal titolo VIII;
— gli atti delle istituzioni, compresi quelli della Banca centrale europea (v. BCE);
— gli statuti degli organismi creati con atto del Consiglio, se previsto dagli stessi statuti;
— gli accordi internazionali stipulati dalla Comunità, in particolare gli accordi di associazione (v.) e gli accordi misti (v.);
— i principi generali di diritto comunitario (v.).
La Corte di Giustizia non è competente a pronunciarsi sulla corretta interpretazione di una norma interna, a meno che per la sua applicazione non sia necessaria l’interpretazione del diritto comunitario.
Il complesso degli atti giuridici comunitari (v.) deve essere recepito dagli ordinamenti degli Stati membri, dove compete ai giudici nazionali garantirne il rispetto, sia nel caso in cui esse siano direttamente applicabili (v. Diretta applicabilità del diritto comunitario) che nel caso in cui necessitano di atti interni di esecuzione.
La diversità degli ordinamenti nazionali, però, potrebbe portare ad una differente applicazione del diritto comunitario (v.) in ciascuno Stato membro: ogni qualvolta, infatti, i giudici nazionali si trovassero dinanzi ad incertezze sul significato o sulla portata di una norma comunitaria da applicare, ne potrebbero dare un’interpretazione autonoma. Di qui la necessità di affidare ad un unico giudice, quello comunitario, il compito di fornire i criteri per una corretta ed uniforme applicazione del diritto comunitario, evitando così interpretazioni difformi.
La Corte di Giustizia è l’istituzione cui è affidato il compito di assicurare il rispetto del diritto nell’applicazione e nell’interpretazione dei trattati (art. 220). L’attività interpretativa dei giudici comunitari si esplica attraverso la procedura di ricorso in via pregiudiziale (v.) prevista dall’art. 234 del Trattato CE e può avere ad oggetto:
— l’ordinamento comunitario, inteso come l’insieme delle norme del diritto comunitario originario (v.) e del diritto comunitario derivato (v.). Per quanto riguarda il Trattato sull’Unione europea, la Corte può intervenire solo nell’ambito delle disposizioni che modificano i trattati istitutivi, nelle disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (v.), previa accettazione della giurisdizione della Corte da parte degli Stati membri, nelle disposizioni sulla cooperazione rafforzata (v. Principio della cooperazione rafforzata), sulla tutela dei diritti umani (v.), nelle disposizioni finali previste dal titolo VIII;
— gli atti delle istituzioni, compresi quelli della Banca centrale europea (v. BCE);
— gli statuti degli organismi creati con atto del Consiglio, se previsto dagli stessi statuti;
— gli accordi internazionali stipulati dalla Comunità, in particolare gli accordi di associazione (v.) e gli accordi misti (v.);
— i principi generali di diritto comunitario (v.).
La Corte di Giustizia non è competente a pronunciarsi sulla corretta interpretazione di una norma interna, a meno che per la sua applicazione non sia necessaria l’interpretazione del diritto comunitario.