Trasparenza delle istituzioni
Trasparenza delle istituzioni art. 255 Trattato CE
Il tema della trasparenza istituzionale, vale a dire la predisposizione di misure intese ad accrescere la possibilità per il pubblico di accedere alle informazioni di cui le istituzioni dispongono, trova un primo richiamo ufficiale con il Trattato di Maastricht.
In una Dichiarazione allegata al trattato, infatti, dopo aver constatato che la trasparenza del processo decisionale contribuisce a rafforzare il carattere democratico delle istituzioni nonché la fiducia del pubblico nei confronti dell’amministrazione, si invitava la Commissione a presentare al Consiglio dell’Unione (entro il 1993) una relazione sulle misure necessarie per accrescere la trasparenza delle istituzioni e l’accessibilità ai documenti ufficiali.
Le conclusioni del successivo Consiglio europeo di Birmingham del 16 ottobre 1992 insistevano sul tema con una Dichiarazione su “una Comunità più vicina ai suoi cittadini”.
Nel corso del Consiglio europeo di Edimburgo dell’11-12 dicembre 1992, poi, veniva adottato il testo di applicazione della Dichiarazione, dedicato ad un maggiore accesso ai lavori del Consiglio, attraverso dibattiti aperti sul programma di lavoro, sulle principali iniziative di interesse comunitario, sulle proposte legislative e attraverso le pubblicazioni dei verbali di voto. Veniva, inoltre, sottolineata l’importanza di maggiori informazioni sul ruolo e sulle attività del Consiglio così come la semplificazione e la maggiore accessibilità della legislazione comunitaria (v. Semplificazione legislativa), rendendola più chiara e più semplice.
Sulle basi delle conclusioni dei Consigli europei del 1992, il Consiglio e la Commissione adottavano, il 6 dicembre 1993, un Codice di condotta (v.) destinato a consentire l’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni e s’impegnavano, nei limiti delle rispettive competenze, ad adottare i provvedimenti necessari all’attuazione dei principi enunciati nello stesso Codice anteriormente al 1° gennaio 1994.
Il Codice di condotta enunciava il principio generale in base al quale il pubblico ha il più ampio accesso possibile ai documenti e, a tal fine, definiva il termine “documento” come ogni scritto contenente dati esistenti che sia in possesso del Consiglio o della Commissione, indipendentemente dal suo contenuto.
La richiesta di accesso ad un documento era sottoposta però ad una serie di procedure relative alle varie modalità di richiesta (regime di trattamento) così come veniva contemplata la possibilità, per l’istituzione in questione, di respingere la richeista (regime delle eccezioni). Le istituzioni, infatti, potevano negare l’accesso a qualsiasi documento la cui divulgazione pregiudicava l’interesse pubblico o l’interesse alla segretezza.
Con la stesura del Trattato di Amsterdam si è provveduto a “costituzionalizzare” il principio di trasparenza e i diritti ad esso collegati che, per la prima volta, trovano nel Trattato il loro fondamento giuridico.
A norma del nuovo art. 255, che rappresenta il corpo centrale della materia, qualsiasi cittadino dell’Unione ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Ciò costituisce, senza dubbio, il passo più importante per avvicinare l’Unione ai suoi cittadini.
I principi generali e le limitazioni relative agli interessi pubblici o privati, secondo l’art. 255, sono definiti dal Consiglio che delibera seguendo la procedura di codecisione (v.). Le disposizioni del suddetto articolo impongono al Consiglio di dettare (entro due anni dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam) la normativa di applicazione e, alle predette istituzioni, di fissare nei rispettivi regolamenti interni le disposizioni specifiche per l’accesso ai propri documenti.
Il principio di trasparenza è direttamente evocato anche nel Trattato sull’Unione europea: all’art. 1, infatti, si afferma che le decisioni dell’Unione devono essere prese nel modo più trasparente possibile, mentre l’articolo 248 par. 4, stabilisce la regola delle pubblicità della relazione annuale della Corte dei Conti.
Infine l’apertura e la trasparenza dell’amministrazione comunitaria trovano una loro collocazione nelle disposizioni relative alla cittadinanza europea (v.), dove, all’art. 21, par. 3, è sancita la possibilità per ogni cittadino di scrivere alle istituzioni in una delle lingue ufficiali (v.) della Comunità.
A rafforzare il principio di trasparenza va segnalato anche quello della cd. qualità redazionale della legislazione comunitaria (v.), menzionato, per la prima volta, durante le conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo.
Il tema della trasparenza istituzionale, vale a dire la predisposizione di misure intese ad accrescere la possibilità per il pubblico di accedere alle informazioni di cui le istituzioni dispongono, trova un primo richiamo ufficiale con il Trattato di Maastricht.
In una Dichiarazione allegata al trattato, infatti, dopo aver constatato che la trasparenza del processo decisionale contribuisce a rafforzare il carattere democratico delle istituzioni nonché la fiducia del pubblico nei confronti dell’amministrazione, si invitava la Commissione a presentare al Consiglio dell’Unione (entro il 1993) una relazione sulle misure necessarie per accrescere la trasparenza delle istituzioni e l’accessibilità ai documenti ufficiali.
Le conclusioni del successivo Consiglio europeo di Birmingham del 16 ottobre 1992 insistevano sul tema con una Dichiarazione su “una Comunità più vicina ai suoi cittadini”.
Nel corso del Consiglio europeo di Edimburgo dell’11-12 dicembre 1992, poi, veniva adottato il testo di applicazione della Dichiarazione, dedicato ad un maggiore accesso ai lavori del Consiglio, attraverso dibattiti aperti sul programma di lavoro, sulle principali iniziative di interesse comunitario, sulle proposte legislative e attraverso le pubblicazioni dei verbali di voto. Veniva, inoltre, sottolineata l’importanza di maggiori informazioni sul ruolo e sulle attività del Consiglio così come la semplificazione e la maggiore accessibilità della legislazione comunitaria (v. Semplificazione legislativa), rendendola più chiara e più semplice.
Sulle basi delle conclusioni dei Consigli europei del 1992, il Consiglio e la Commissione adottavano, il 6 dicembre 1993, un Codice di condotta (v.) destinato a consentire l’accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni e s’impegnavano, nei limiti delle rispettive competenze, ad adottare i provvedimenti necessari all’attuazione dei principi enunciati nello stesso Codice anteriormente al 1° gennaio 1994.
Il Codice di condotta enunciava il principio generale in base al quale il pubblico ha il più ampio accesso possibile ai documenti e, a tal fine, definiva il termine “documento” come ogni scritto contenente dati esistenti che sia in possesso del Consiglio o della Commissione, indipendentemente dal suo contenuto.
La richiesta di accesso ad un documento era sottoposta però ad una serie di procedure relative alle varie modalità di richiesta (regime di trattamento) così come veniva contemplata la possibilità, per l’istituzione in questione, di respingere la richeista (regime delle eccezioni). Le istituzioni, infatti, potevano negare l’accesso a qualsiasi documento la cui divulgazione pregiudicava l’interesse pubblico o l’interesse alla segretezza.
Con la stesura del Trattato di Amsterdam si è provveduto a “costituzionalizzare” il principio di trasparenza e i diritti ad esso collegati che, per la prima volta, trovano nel Trattato il loro fondamento giuridico.
A norma del nuovo art. 255, che rappresenta il corpo centrale della materia, qualsiasi cittadino dell’Unione ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Ciò costituisce, senza dubbio, il passo più importante per avvicinare l’Unione ai suoi cittadini.
I principi generali e le limitazioni relative agli interessi pubblici o privati, secondo l’art. 255, sono definiti dal Consiglio che delibera seguendo la procedura di codecisione (v.). Le disposizioni del suddetto articolo impongono al Consiglio di dettare (entro due anni dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam) la normativa di applicazione e, alle predette istituzioni, di fissare nei rispettivi regolamenti interni le disposizioni specifiche per l’accesso ai propri documenti.
Il principio di trasparenza è direttamente evocato anche nel Trattato sull’Unione europea: all’art. 1, infatti, si afferma che le decisioni dell’Unione devono essere prese nel modo più trasparente possibile, mentre l’articolo 248 par. 4, stabilisce la regola delle pubblicità della relazione annuale della Corte dei Conti.
Infine l’apertura e la trasparenza dell’amministrazione comunitaria trovano una loro collocazione nelle disposizioni relative alla cittadinanza europea (v.), dove, all’art. 21, par. 3, è sancita la possibilità per ogni cittadino di scrivere alle istituzioni in una delle lingue ufficiali (v.) della Comunità.
A rafforzare il principio di trasparenza va segnalato anche quello della cd. qualità redazionale della legislazione comunitaria (v.), menzionato, per la prima volta, durante le conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo.