Svalutazione
Svalutazione
Deprezzamento della moneta, ossia la diminuzione della sua capacità d’acquisto, rispetto a parità fissate in termini di altre monete oppure con riferimento al valore dell’oro.
La svalutazione monetaria comporta un aumento del cambio (v.), aumenta cioè la quantità di moneta nazionale necessaria per acquistare un’unità di moneta estera.
In regime di cambi fissi (v.), la svalutazione monetaria avviene attraverso decisioni politiche che determinano la variazione del tasso di cambio (v.) tra le diverse divise nazionali.
In regime di cambi flessibili (v.) invece, la svalutazione opera automaticamente attraverso variazioni giornaliere del tasso di cambio dovute alle differenze tra l’offerta e la domanda della moneta: in questo caso si parla, più propriamente, di deprezzamento della moneta.
Nel linguaggio comune il termine svalutazione è usato altresì per indicare il deprezzamento della moneta nazionale in conseguenza dell’inflazione.
In passato la svalutazione era considerata il rimedio principale ad una situazione di disavanzo della bilancia commerciale. Infatti, comportando un aumento del cambio, la svalutazione riduce i prezzi, in moneta estera, dei beni esportati favorendo le esportazioni e aumenta il prezzo, in moneta nazionale, dei beni importati riducendo le importazioni.
La Comunità europea è intervenuta più volte nel corso degli anni per correggere i disavanzi della bilancia dei pagamenti degli Stati membri. Lo strumento più importante utilizzato a tal fine è stato il sistema monetario europeo (v. SME), introdotto nel 1979, che aveva come elemento cardine l’ECU (v.).
A seguito dell’introduzione dell’euro (v.) a partire dal 1° gennaio 1999, lo SME quale meccanismo di stabilizzazione monetaria non aveva più ragione di esistere; al suo posto è stato istituito lo SME-2 (v.), il nuovo accordo di cambio tra l’euro e le monete degli Stati non partecipanti alla moneta unica (v. Paesi out).
Deprezzamento della moneta, ossia la diminuzione della sua capacità d’acquisto, rispetto a parità fissate in termini di altre monete oppure con riferimento al valore dell’oro.
La svalutazione monetaria comporta un aumento del cambio (v.), aumenta cioè la quantità di moneta nazionale necessaria per acquistare un’unità di moneta estera.
In regime di cambi fissi (v.), la svalutazione monetaria avviene attraverso decisioni politiche che determinano la variazione del tasso di cambio (v.) tra le diverse divise nazionali.
In regime di cambi flessibili (v.) invece, la svalutazione opera automaticamente attraverso variazioni giornaliere del tasso di cambio dovute alle differenze tra l’offerta e la domanda della moneta: in questo caso si parla, più propriamente, di deprezzamento della moneta.
Nel linguaggio comune il termine svalutazione è usato altresì per indicare il deprezzamento della moneta nazionale in conseguenza dell’inflazione.
In passato la svalutazione era considerata il rimedio principale ad una situazione di disavanzo della bilancia commerciale. Infatti, comportando un aumento del cambio, la svalutazione riduce i prezzi, in moneta estera, dei beni esportati favorendo le esportazioni e aumenta il prezzo, in moneta nazionale, dei beni importati riducendo le importazioni.
La Comunità europea è intervenuta più volte nel corso degli anni per correggere i disavanzi della bilancia dei pagamenti degli Stati membri. Lo strumento più importante utilizzato a tal fine è stato il sistema monetario europeo (v. SME), introdotto nel 1979, che aveva come elemento cardine l’ECU (v.).
A seguito dell’introduzione dell’euro (v.) a partire dal 1° gennaio 1999, lo SME quale meccanismo di stabilizzazione monetaria non aveva più ragione di esistere; al suo posto è stato istituito lo SME-2 (v.), il nuovo accordo di cambio tra l’euro e le monete degli Stati non partecipanti alla moneta unica (v. Paesi out).