Strategia di preadesione
Strategia di preadesione Regolamento CEE 18 dicembre 1989, n. 3906/89
Forma di collaborazione tra l’Unione europea e i paesi dell’Europa centrale ed orientale (v. PECO) candidati all’adesione (v.), affinché questi possano conformarsi il più possibile all’acquis communautaire (v.) prima del loro ingresso nella Comunità .
La necessità di instaurare dei rapporti preliminari all’adesione, per valutare il grado di rispetto delle condizioni economiche e politiche richieste, era stata più volte avanzata dagli Stati interessati; bisogna però attendere il Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 perché questa prospettiva fosse recepita formalmente dalla Comunità . Successivamente tale scelta politica è stata perfezionata al summit di Essen del dicembre 1994 e dal Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995.
In occasione del Consiglio europeo di Essen si incominciò a delineare sempre più chiaramente una strategia di preadesione: fu stabilito, infatti, che i potenziali nuovi Stati membri, oltre a rispettare i criteri di adesione, intrattenessero buoni rapporti con i paesi confinanti e avviassero tra loro una più stretta cooperazione bilaterale e interregionale.
La base giuridica per l’adesione di nuovi membri all’Unione europea, come definita nell’art. 49 del Trattato di Maastricht, non era quindi più sufficiente: altri criteri devono essere rispettati, quali il rispetto della democrazia e dei diritti umani (v.) o altre condizioni richiamate dai Consigli europei suddetti.
Una condizione essenziale da dover rispettare da parte dei candidati consiste nell’accettazione di tutti i diritti e obblighi, attuali e potenziali, del sistema comunitario e della sua struttura istituzionale.
Infatti, divenire membro dell’UE presuppone la piena accettazione dei contenuti, dei principi ed degli obiettivi politici ed economici sanciti dai trattati comunitari (v.) e dai loro allegati, dal diritto comunitario derivato (v.) e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, oltre a tutti gli accordi con Stati terzi (v.) conclusi dalla Comunità in funzione delle sue competenze. Va, inoltre, subito sottolineato che per diventare membro dell’Unione non basta la volontà di accettare l’acquis communautaire, ma occorre dimostrare la capacità a farlo proprio, in modo tale da poterlo applicare senza alcun tipo di distorsione.
Sulla base di queste considerazioni sono stati individuati gli strumenti su cui si fonda la strategia di preadesione: gli accordi europei (v.), il dialogo politico e, soprattutto, il programma PHARE (v.).
Nel 1997 la Commissione europea ha avviato un’analisi completa dei progressi compiuti nell’attuazione della strategia di preadesione, i cui risultati sono stati pubblicati nel documento Agenda 2000 (v.). In quell’occasione si poneva l’accento sulla necessità di inaugurare una nuova fase nei rapporti con i paesi candidati all’adesione, rafforzando e coordinando meglio le azioni comunitarie in questo campo: questa analisi si è successivamente tradotta nell’avvio della strategia di preadesione rafforzata (v.).
Forma di collaborazione tra l’Unione europea e i paesi dell’Europa centrale ed orientale (v. PECO) candidati all’adesione (v.), affinché questi possano conformarsi il più possibile all’acquis communautaire (v.) prima del loro ingresso nella Comunità .
La necessità di instaurare dei rapporti preliminari all’adesione, per valutare il grado di rispetto delle condizioni economiche e politiche richieste, era stata più volte avanzata dagli Stati interessati; bisogna però attendere il Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 perché questa prospettiva fosse recepita formalmente dalla Comunità . Successivamente tale scelta politica è stata perfezionata al summit di Essen del dicembre 1994 e dal Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995.
In occasione del Consiglio europeo di Essen si incominciò a delineare sempre più chiaramente una strategia di preadesione: fu stabilito, infatti, che i potenziali nuovi Stati membri, oltre a rispettare i criteri di adesione, intrattenessero buoni rapporti con i paesi confinanti e avviassero tra loro una più stretta cooperazione bilaterale e interregionale.
La base giuridica per l’adesione di nuovi membri all’Unione europea, come definita nell’art. 49 del Trattato di Maastricht, non era quindi più sufficiente: altri criteri devono essere rispettati, quali il rispetto della democrazia e dei diritti umani (v.) o altre condizioni richiamate dai Consigli europei suddetti.
Una condizione essenziale da dover rispettare da parte dei candidati consiste nell’accettazione di tutti i diritti e obblighi, attuali e potenziali, del sistema comunitario e della sua struttura istituzionale.
Infatti, divenire membro dell’UE presuppone la piena accettazione dei contenuti, dei principi ed degli obiettivi politici ed economici sanciti dai trattati comunitari (v.) e dai loro allegati, dal diritto comunitario derivato (v.) e della giurisprudenza della Corte di Giustizia, oltre a tutti gli accordi con Stati terzi (v.) conclusi dalla Comunità in funzione delle sue competenze. Va, inoltre, subito sottolineato che per diventare membro dell’Unione non basta la volontà di accettare l’acquis communautaire, ma occorre dimostrare la capacità a farlo proprio, in modo tale da poterlo applicare senza alcun tipo di distorsione.
Sulla base di queste considerazioni sono stati individuati gli strumenti su cui si fonda la strategia di preadesione: gli accordi europei (v.), il dialogo politico e, soprattutto, il programma PHARE (v.).
Nel 1997 la Commissione europea ha avviato un’analisi completa dei progressi compiuti nell’attuazione della strategia di preadesione, i cui risultati sono stati pubblicati nel documento Agenda 2000 (v.). In quell’occasione si poneva l’accento sulla necessità di inaugurare una nuova fase nei rapporti con i paesi candidati all’adesione, rafforzando e coordinando meglio le azioni comunitarie in questo campo: questa analisi si è successivamente tradotta nell’avvio della strategia di preadesione rafforzata (v.).