Ricorso per inadempimento
Ricorso per inadempimento artt. 226-227 Trattato CE
Si tratta del giudizio della Corte di Giustizia delle Comunità europee sulla violazione degli obblighi degli Stati membri derivanti dai trattati e dagli atti vincolanti (v.) delle istituzioni.
La procedura è promossa dalla Commissione o da uno Stato membro:
— nel primo caso, quando la Commissione reputa che uno Stato membro abbia violato gli obblighi derivanti dai trattati, dopo averlo posto in condizione di presentare le sue osservazioni, emette un parere (v.) motivato. Dopo l’esaurimento di questa fase precontenziosa, qualora lo Stato non si conformi al parere della Commissione, quest’ultima può adire la Corte di Giustizia;
— nel secondo caso, lo Stato che intenda rivolgersi alla Corte, perché reputa che un altro Stato membro abbia violato gli obblighi derivanti dai trattati, deve ugualmente rivolgersi prima alla Commissione.
Si ha dunque anche in questo caso una fase precontenziosa in cui la Commissione istituisce un vero e proprio contraddittorio tra le parti. Solo dopo l’emissione da parte della Commissione di un parere motivato (o qualora la Commissione nel termine di tre mesi non abbia formulato il parere) lo Stato può adire la Corte.
La sentenza della Corte è di mero accertamento dell’esistenza o meno della violazione; dispone infatti l’art. 228 che lo Stato “è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia importa”.
La Corte, in altri termini, non può indicare le misure necessarie per far cessare l’inadempimento o stabilire (almeno per questa prima fase) misure per il risarcimento di eventuali danni.
L’art. 228 pone, però, a carico degli Stati membri un nuovo obbligo giuridico, avente ad oggetto l’esecuzione della sentenza della Corte. Qualora lo Stato non si conformasse a tale obbligo, sarebbe possibile l’instaurazione di un nuovo giudizio per far constatare una nuova violazione del trattato.
Il secondo comma dell’art. 228 dispone una prosecuzione del giudizio nel caso in cui lo Stato si sia reso inottemperante alla sentenza della Corte.
Distinguiamo al riguardo:
— una fase precontenziosa, in cui la Commissione, dopo aver dato allo Stato inadempiente la possibilità di far conoscere il suo punto di vista, formula un parere motivato. In esso precisa i punti sui quali lo Stato non si è conformato alla sentenza della Corte, come pure stabilisce i termini entro cui lo Stato in questione deve adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta;
— una fase contenziosa, meramente eventuale, che si attiva nel caso in cui lo Stato membro non abbia rispettato il termine impartitogli. In tal caso la Commissione ha la facoltà di adire la Corte di Giustizia, precisando nel ricorso l’importo della somma dovuta a titolo di penalità dallo Stato inadempiente.
L’innovazione di grande rilievo introdotta dal Trattato di Maastricht concerne il ruolo della Corte di Giustizia.
Quest’ultima, infatti, ove accolga il ricorso della Commissione, può comminare allo Stato inadempiente il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.
Si tratta del giudizio della Corte di Giustizia delle Comunità europee sulla violazione degli obblighi degli Stati membri derivanti dai trattati e dagli atti vincolanti (v.) delle istituzioni.
La procedura è promossa dalla Commissione o da uno Stato membro:
— nel primo caso, quando la Commissione reputa che uno Stato membro abbia violato gli obblighi derivanti dai trattati, dopo averlo posto in condizione di presentare le sue osservazioni, emette un parere (v.) motivato. Dopo l’esaurimento di questa fase precontenziosa, qualora lo Stato non si conformi al parere della Commissione, quest’ultima può adire la Corte di Giustizia;
— nel secondo caso, lo Stato che intenda rivolgersi alla Corte, perché reputa che un altro Stato membro abbia violato gli obblighi derivanti dai trattati, deve ugualmente rivolgersi prima alla Commissione.
Si ha dunque anche in questo caso una fase precontenziosa in cui la Commissione istituisce un vero e proprio contraddittorio tra le parti. Solo dopo l’emissione da parte della Commissione di un parere motivato (o qualora la Commissione nel termine di tre mesi non abbia formulato il parere) lo Stato può adire la Corte.
La sentenza della Corte è di mero accertamento dell’esistenza o meno della violazione; dispone infatti l’art. 228 che lo Stato “è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia importa”.
La Corte, in altri termini, non può indicare le misure necessarie per far cessare l’inadempimento o stabilire (almeno per questa prima fase) misure per il risarcimento di eventuali danni.
L’art. 228 pone, però, a carico degli Stati membri un nuovo obbligo giuridico, avente ad oggetto l’esecuzione della sentenza della Corte. Qualora lo Stato non si conformasse a tale obbligo, sarebbe possibile l’instaurazione di un nuovo giudizio per far constatare una nuova violazione del trattato.
Il secondo comma dell’art. 228 dispone una prosecuzione del giudizio nel caso in cui lo Stato si sia reso inottemperante alla sentenza della Corte.
Distinguiamo al riguardo:
— una fase precontenziosa, in cui la Commissione, dopo aver dato allo Stato inadempiente la possibilità di far conoscere il suo punto di vista, formula un parere motivato. In esso precisa i punti sui quali lo Stato non si è conformato alla sentenza della Corte, come pure stabilisce i termini entro cui lo Stato in questione deve adottare i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta;
— una fase contenziosa, meramente eventuale, che si attiva nel caso in cui lo Stato membro non abbia rispettato il termine impartitogli. In tal caso la Commissione ha la facoltà di adire la Corte di Giustizia, precisando nel ricorso l’importo della somma dovuta a titolo di penalità dallo Stato inadempiente.
L’innovazione di grande rilievo introdotta dal Trattato di Maastricht concerne il ruolo della Corte di Giustizia.
Quest’ultima, infatti, ove accolga il ricorso della Commissione, può comminare allo Stato inadempiente il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.