Qualità redazionale della legislazione comunitaria
Qualità redazionale della legislazione comunitaria Accordo interistituzionale 22 dicembre 1998
La vastità e la complessità degli atti emanati dalle istituzioni dell’Unione europea ha sollevato il problema di una maggiore semplificazione e chiarezza della legislazione comunitaria al fine di agevolare il lavoro di adeguamento delle legislazioni nazionali.
La questione era stata già oggetto di discussione durante il Consiglio europeo di Birmingham del 16 ottobre 1992 e il successivo Consiglio europeo di Edimburgo dell’11 e 12 dicembre dello stesso anno. In particolare, in quelle occasioni, erano stati posti in rilievo due aspetti fondamentali del problema:
— la necessità di rendere la nuova legislazione più chiara e semplice. Ciò attraverso il rispetto di linee direttrici, concordate dalle istituzioni, contenenti i criteri in base ai quali verificare la qualità redazionale della legislazione e attraverso l’operato del Servizio giuridico del Consiglio e del Gruppo di Giuristi/Linguisti volto ad esaminare regolarmente gli atti legislativi del Consiglio prima della loro adozione, in modo da proporre eventuali modifiche per conferire all’atto la massima chiarezza e semplicità;
— la necessità di rendere più accessibile la legislazione comunitaria già esistente, attraverso un ricorso più rapido e più organizzato al consolidazione dei testi legislativi (v.), alla codificazione dei testi legislativi (v.) e al sistema CELEX (v.).
Sulla scia delle dichiarazioni adottate a conclusione dei lavori dei due Consigli europei, sono stati emanati alcuni documenti per il miglioramento della qualità degli atti comunitari, anche in riferimento a specifici settori di intervento.
La risoluzione del Consiglio dell’8 giugno 1993 ha indicato, a grandi linee, i criteri di uniformità da seguire nella stesura degli atti del Consiglio, criteri che sono stati ripresi ed ulteriormente specificati nell’Accordo interistituzionale del 22 dicembre 1998 sugli orientamenti comuni relativi alla qualità redazionale della legislazione comunitaria.
Questo Accordo si articola in cinque parti:
— principi generali, in cui si afferma che gli atti comunitari devono essere elaborati in maniera semplice (tenendo conto sia della tipologia di atto ad emanare che dei soggetti che dovranno applicarlo, in modo da evitare ambiguità), chiara (evitando la suddivisione in articoli e la formulazione dell’atto troppo complessa) e precisa (attraverso l’uso di termini e costruzioni che rispettano il carattere plurilingue della legislazione comunitaria);
— varie parti dell’atto, che uniforma la struttura in cui sono redatti gli atti comunitari (titolo, preambolo, articolo e allegati) specificando anche la struttura dei singoli articoli;
— riferimenti interni ed esterni. Per la chiarezza dell’atto è necessario evitare, per quanto possibile, rinvii incrociati e a catena ad altri documenti; se risultano indispensabili, i rinvii devono essere precisi;
— atti modificativi, in cui si afferma che le modificazioni devono essere esplicite e devono configurarsi come un testo da inserire nell’atto da modificare;
— disposizioni finali, clausole di abrogazione e allegati che disciplinano in modo dettagliato la struttura uniforme di tali disposizioni.
La vastità e la complessità degli atti emanati dalle istituzioni dell’Unione europea ha sollevato il problema di una maggiore semplificazione e chiarezza della legislazione comunitaria al fine di agevolare il lavoro di adeguamento delle legislazioni nazionali.
La questione era stata già oggetto di discussione durante il Consiglio europeo di Birmingham del 16 ottobre 1992 e il successivo Consiglio europeo di Edimburgo dell’11 e 12 dicembre dello stesso anno. In particolare, in quelle occasioni, erano stati posti in rilievo due aspetti fondamentali del problema:
— la necessità di rendere la nuova legislazione più chiara e semplice. Ciò attraverso il rispetto di linee direttrici, concordate dalle istituzioni, contenenti i criteri in base ai quali verificare la qualità redazionale della legislazione e attraverso l’operato del Servizio giuridico del Consiglio e del Gruppo di Giuristi/Linguisti volto ad esaminare regolarmente gli atti legislativi del Consiglio prima della loro adozione, in modo da proporre eventuali modifiche per conferire all’atto la massima chiarezza e semplicità;
— la necessità di rendere più accessibile la legislazione comunitaria già esistente, attraverso un ricorso più rapido e più organizzato al consolidazione dei testi legislativi (v.), alla codificazione dei testi legislativi (v.) e al sistema CELEX (v.).
Sulla scia delle dichiarazioni adottate a conclusione dei lavori dei due Consigli europei, sono stati emanati alcuni documenti per il miglioramento della qualità degli atti comunitari, anche in riferimento a specifici settori di intervento.
La risoluzione del Consiglio dell’8 giugno 1993 ha indicato, a grandi linee, i criteri di uniformità da seguire nella stesura degli atti del Consiglio, criteri che sono stati ripresi ed ulteriormente specificati nell’Accordo interistituzionale del 22 dicembre 1998 sugli orientamenti comuni relativi alla qualità redazionale della legislazione comunitaria.
Questo Accordo si articola in cinque parti:
— principi generali, in cui si afferma che gli atti comunitari devono essere elaborati in maniera semplice (tenendo conto sia della tipologia di atto ad emanare che dei soggetti che dovranno applicarlo, in modo da evitare ambiguità), chiara (evitando la suddivisione in articoli e la formulazione dell’atto troppo complessa) e precisa (attraverso l’uso di termini e costruzioni che rispettano il carattere plurilingue della legislazione comunitaria);
— varie parti dell’atto, che uniforma la struttura in cui sono redatti gli atti comunitari (titolo, preambolo, articolo e allegati) specificando anche la struttura dei singoli articoli;
— riferimenti interni ed esterni. Per la chiarezza dell’atto è necessario evitare, per quanto possibile, rinvii incrociati e a catena ad altri documenti; se risultano indispensabili, i rinvii devono essere precisi;
— atti modificativi, in cui si afferma che le modificazioni devono essere esplicite e devono configurarsi come un testo da inserire nell’atto da modificare;
— disposizioni finali, clausole di abrogazione e allegati che disciplinano in modo dettagliato la struttura uniforme di tali disposizioni.