Procedura elettorale uniforme
Procedura elettorale uniforme art. 190 Trattato CE
Espressione che fa riferimento alla procedura elettorale utilizzata nei diversi Stati membri per l’elezione dei parlamentari europei e che, secondo, le previsioni dei trattati, dovrebbe essere quanto più uniforme possibile su tutto il territorio comunitario.
In origine il Parlamento europeo (v.) era formato da delegati designati dai Parlamenti nazionali (v.), secondo una procedura determinata dagli stessi Parlamenti.
Tuttavia, i trattati istitutivi avevano previsto che il Parlamento poteva essere eletto a suffragio universale (v.) diretto secondo una procedura elettorale uniforme, demandando al Consiglio il compito di stabilire le disposizioni di applicazione.
L’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti a suffragio universale diretto in seno all’Assemblea europea è stato adottato dal Consiglio il 20 settembre 1976 e poi ratificato dagli Stati membri. Esso individuava unicamente dei criteri fondamentali (data delle elezioni, durata del mandato, incompatibilità, verifica del mandato) lasciando agli Stati membri la decisione sulla procedura elettorale da adottare; nello stesso atto veniva comunque prevista la possibilità da parte del Parlamento di presentare progetti per uniformare la procedura elettorale.
Dopo il 1979, anno in cui ha avuto luogo la prima elezione diretta del Parlamento europeo (v. Elezione del Parlamento europeo), è stata presentata la relazione Seitlinger (10 marzo 1982) relativa alla procedura elettorale uniforme; il testo, che proponeva un sistema di tipo proporzionale, fu esaminato più volte dal Consiglio senza ricevere la sua approvazione.
Il dibattito veniva rilanciato nuovamente con la proposta, il 28 febbraio 1985, di un nuovo progetto (relatore Bocklet) in cui si constatava chiaramente l’entità delle divergenze delineatesi in seno all’Assemblea. Tale progetto rilevava che l’obiettivo della procedura elettorale uniforme doveva essere raggiunto per tappe e che il concetto di uniformità non implicava la perfetta identità delle procedure elettorali bensì una concordanza tra gli elementi essenziali delle medesime (sistema elettorale, diritto di voto e eleggibilità); il sistema di scrutinio proposto era quello proporzionale con voto di lista. Ma anche questo rapporto non ricevette alcun seguito.
In seguito alle elezioni del 1989 si raggiunse finalmente un consenso generale sulla relazione De Gucht, frutto di lunghi negoziati. L’approccio prescelto, approvato con una risoluzione del 1991 e poi con una risoluzione definitiva del 1993, prefigurava già l’adozione di una procedura elettorale secondo principi comuni e non più secondo regole uniformi, principio successivamente accolto dal Trattato di Amsterdam (v.). A lungo, infatti, il dibattito europeo ha ruotato intorno ad un’ipotetica procedura elettorale uniforme; il nuovo articolo 190, invece, stabilisce che il Parlamento può proporre una procedura secondo i principi comuni a tutti gli Stati membri. In pratica è stato abbandonato l’obiettivo di adottare una procedura unica, optando per un sistema che seguisse delle linee direttrici generali, tenendo comunque conto delle specificità nazionali.
Sulla base delle nuove disposizioni il Parlamento ha provveduto ad approvare il 15 luglio 1998 una nuova risoluzione (la cd. relazione Anastassopoulos) con la quale vengono individuati i principi comuni che dovrebbero regolare le prossime elezioni europee. I principi enucleati sono:
— adozione del sistema proporzionale. In rea-ltà tale sistema è già stato scelto da tutti gli Stati membri dell’Unione europea; anche il Regno Unito, da sempre fautore del sistema maggioritario, per le elezioni tenutesi nel 1999 ha optato per la prima volta per il sistema proporzionale, uniformandosi agli altri Stati;
— il sistema proporzionale dovrebbe accompagnarsi alla suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni;
— la soglia di sbarramento. Essa deve essere facoltativa e in ogni caso non deve essere superiore al 5% dei suffragi espressi a livello nazionale;
— il voto di preferenza, che dovrebbe essere adottato in tutti gli Stati membri;
— il mandato di parlamentare europeo dovrebbe essere dichiarato incompatibile con quello di membro di un parlamento nazionale.
La proposta del Parlamento attende ora un esame da parte del Consiglio che, secondo la procedura dell’art. 190, dovrà adottarlo all’unanimità, per poi passare alla procedura di ratifica da parte dei Parlamenti nazionali.
Espressione che fa riferimento alla procedura elettorale utilizzata nei diversi Stati membri per l’elezione dei parlamentari europei e che, secondo, le previsioni dei trattati, dovrebbe essere quanto più uniforme possibile su tutto il territorio comunitario.
In origine il Parlamento europeo (v.) era formato da delegati designati dai Parlamenti nazionali (v.), secondo una procedura determinata dagli stessi Parlamenti.
Tuttavia, i trattati istitutivi avevano previsto che il Parlamento poteva essere eletto a suffragio universale (v.) diretto secondo una procedura elettorale uniforme, demandando al Consiglio il compito di stabilire le disposizioni di applicazione.
L’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti a suffragio universale diretto in seno all’Assemblea europea è stato adottato dal Consiglio il 20 settembre 1976 e poi ratificato dagli Stati membri. Esso individuava unicamente dei criteri fondamentali (data delle elezioni, durata del mandato, incompatibilità, verifica del mandato) lasciando agli Stati membri la decisione sulla procedura elettorale da adottare; nello stesso atto veniva comunque prevista la possibilità da parte del Parlamento di presentare progetti per uniformare la procedura elettorale.
Dopo il 1979, anno in cui ha avuto luogo la prima elezione diretta del Parlamento europeo (v. Elezione del Parlamento europeo), è stata presentata la relazione Seitlinger (10 marzo 1982) relativa alla procedura elettorale uniforme; il testo, che proponeva un sistema di tipo proporzionale, fu esaminato più volte dal Consiglio senza ricevere la sua approvazione.
Il dibattito veniva rilanciato nuovamente con la proposta, il 28 febbraio 1985, di un nuovo progetto (relatore Bocklet) in cui si constatava chiaramente l’entità delle divergenze delineatesi in seno all’Assemblea. Tale progetto rilevava che l’obiettivo della procedura elettorale uniforme doveva essere raggiunto per tappe e che il concetto di uniformità non implicava la perfetta identità delle procedure elettorali bensì una concordanza tra gli elementi essenziali delle medesime (sistema elettorale, diritto di voto e eleggibilità); il sistema di scrutinio proposto era quello proporzionale con voto di lista. Ma anche questo rapporto non ricevette alcun seguito.
In seguito alle elezioni del 1989 si raggiunse finalmente un consenso generale sulla relazione De Gucht, frutto di lunghi negoziati. L’approccio prescelto, approvato con una risoluzione del 1991 e poi con una risoluzione definitiva del 1993, prefigurava già l’adozione di una procedura elettorale secondo principi comuni e non più secondo regole uniformi, principio successivamente accolto dal Trattato di Amsterdam (v.). A lungo, infatti, il dibattito europeo ha ruotato intorno ad un’ipotetica procedura elettorale uniforme; il nuovo articolo 190, invece, stabilisce che il Parlamento può proporre una procedura secondo i principi comuni a tutti gli Stati membri. In pratica è stato abbandonato l’obiettivo di adottare una procedura unica, optando per un sistema che seguisse delle linee direttrici generali, tenendo comunque conto delle specificità nazionali.
Sulla base delle nuove disposizioni il Parlamento ha provveduto ad approvare il 15 luglio 1998 una nuova risoluzione (la cd. relazione Anastassopoulos) con la quale vengono individuati i principi comuni che dovrebbero regolare le prossime elezioni europee. I principi enucleati sono:
— adozione del sistema proporzionale. In rea-ltà tale sistema è già stato scelto da tutti gli Stati membri dell’Unione europea; anche il Regno Unito, da sempre fautore del sistema maggioritario, per le elezioni tenutesi nel 1999 ha optato per la prima volta per il sistema proporzionale, uniformandosi agli altri Stati;
— il sistema proporzionale dovrebbe accompagnarsi alla suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni;
— la soglia di sbarramento. Essa deve essere facoltativa e in ogni caso non deve essere superiore al 5% dei suffragi espressi a livello nazionale;
— il voto di preferenza, che dovrebbe essere adottato in tutti gli Stati membri;
— il mandato di parlamentare europeo dovrebbe essere dichiarato incompatibile con quello di membro di un parlamento nazionale.
La proposta del Parlamento attende ora un esame da parte del Consiglio che, secondo la procedura dell’art. 190, dovrà adottarlo all’unanimità, per poi passare alla procedura di ratifica da parte dei Parlamenti nazionali.