Procedura di consultazione
Procedura di consultazione artt. 81 e 82 Regolamento interno del Parlamento europeo
È uno dei procedimenti di formazione degli atti comunitari che prevede la consultazione del Parlamento prima dell’adozione, da parte del Consiglio, di un atto normativo.
La consultazione parlamentare, già prevista dai Trattati istitutivi, può essere sia obbligatoria che facoltativa, a seconda delle previsioni del Trattato. Essa comporta l’emanazione di un parere (v.) da parte del Parlamento che non è mai vincolante né per la Commissione, che non è obbligata ad adeguare la sua proposta alle osservazioni in esso contenute, né per il Consiglio che può disattenderlo.
In realtà, alla procedura di consultazione è affidata la realizzazione di un equilibrio istituzionale tra la Commissione (organo proponente), il Consiglio (organo decisionale) e il Parlamento. La Commissione, infatti, sebbene abbia la facoltà di ignorare le osservazioni parlamentari, non può restare indifferente alle opinioni dell’organo che esercita ampi poteri di controllo. A ciò deve aggiungersi l’opera della Corte di Giustizia che, in diverse sentenze, ha sancito principi che hanno integrato la scarna dizione utilizzata dai Trattati istitutivi. Essi sono:
— la consultazione del Parlamento è obbligatoria. La Corte ha infatti affermato che l’atto può essere impugnato quando, potendo scegliere tra una base giuridica che non prevede la consultazione del Parlamento e una che la prevede, si decide di utilizzare la prima;
— non è sufficiente che il Consiglio abbia chiesto al Parlamento il suo parere, ma è necessario che l’organo esprima effettivamente la propria opinione. Se il Parlamento non adempie a tale compito entro un ragionevole periodo di tempo, non potrà obiettare al Consiglio l’inosservanza della procedura;
— il parere deve essere dato su di un testo che nella sostanza rispecchi quello successivamente adottato dal Consiglio. Nell’ipotesi in cui quest’ultimo intende apportare modifiche sostanziali all’atto, è necessaria una nuova consultazione del Parlamento.
Il regolamento interno del Parlamento disciplina inoltre il seguito da dare al parere di tale organo. È prevista infatti la possibilità di sollecitare la Commissione ad esaminare gli emendamenti proposti dal Parlamento; qualora la Commissione rigetti la proposta, il presidente del Parlamento invita il Consiglio a ritirarla.
Il Trattato sull’Unione europea ha ampliato i settori sottoposti alla procedura di consultazione includendovi, tra le altre materie, le modalità di esercizio di voto dei cittadini dell’Unione, la politica industriale, alcune misure relative all’unione economica e monetaria, la politica dei visti.
Da ultimo, il Trattato di Amsterdam ha sottratto alla procedura di consultazione la disciplina legislativa di diversi settori, prevedendo l’applicazione della procedura di codecisione (v.), che attribuisce al Parlamento un ruolo molto più incisivo nell’ambito dell’iter legislativo.
È uno dei procedimenti di formazione degli atti comunitari che prevede la consultazione del Parlamento prima dell’adozione, da parte del Consiglio, di un atto normativo.
La consultazione parlamentare, già prevista dai Trattati istitutivi, può essere sia obbligatoria che facoltativa, a seconda delle previsioni del Trattato. Essa comporta l’emanazione di un parere (v.) da parte del Parlamento che non è mai vincolante né per la Commissione, che non è obbligata ad adeguare la sua proposta alle osservazioni in esso contenute, né per il Consiglio che può disattenderlo.
In realtà, alla procedura di consultazione è affidata la realizzazione di un equilibrio istituzionale tra la Commissione (organo proponente), il Consiglio (organo decisionale) e il Parlamento. La Commissione, infatti, sebbene abbia la facoltà di ignorare le osservazioni parlamentari, non può restare indifferente alle opinioni dell’organo che esercita ampi poteri di controllo. A ciò deve aggiungersi l’opera della Corte di Giustizia che, in diverse sentenze, ha sancito principi che hanno integrato la scarna dizione utilizzata dai Trattati istitutivi. Essi sono:
— la consultazione del Parlamento è obbligatoria. La Corte ha infatti affermato che l’atto può essere impugnato quando, potendo scegliere tra una base giuridica che non prevede la consultazione del Parlamento e una che la prevede, si decide di utilizzare la prima;
— non è sufficiente che il Consiglio abbia chiesto al Parlamento il suo parere, ma è necessario che l’organo esprima effettivamente la propria opinione. Se il Parlamento non adempie a tale compito entro un ragionevole periodo di tempo, non potrà obiettare al Consiglio l’inosservanza della procedura;
— il parere deve essere dato su di un testo che nella sostanza rispecchi quello successivamente adottato dal Consiglio. Nell’ipotesi in cui quest’ultimo intende apportare modifiche sostanziali all’atto, è necessaria una nuova consultazione del Parlamento.
Il regolamento interno del Parlamento disciplina inoltre il seguito da dare al parere di tale organo. È prevista infatti la possibilità di sollecitare la Commissione ad esaminare gli emendamenti proposti dal Parlamento; qualora la Commissione rigetti la proposta, il presidente del Parlamento invita il Consiglio a ritirarla.
Il Trattato sull’Unione europea ha ampliato i settori sottoposti alla procedura di consultazione includendovi, tra le altre materie, le modalità di esercizio di voto dei cittadini dell’Unione, la politica industriale, alcune misure relative all’unione economica e monetaria, la politica dei visti.
Da ultimo, il Trattato di Amsterdam ha sottratto alla procedura di consultazione la disciplina legislativa di diversi settori, prevedendo l’applicazione della procedura di codecisione (v.), che attribuisce al Parlamento un ruolo molto più incisivo nell’ambito dell’iter legislativo.