Politica monetaria
Politica monetaria artt. 105-111 Trattato CE
Si definisce politica monetaria quell’insieme di interventi che le autorità monetarie (v.) adottano per raggiungere determinati obiettivi di politica economica (v.).
In quanto parte della più generale politica economica, la politica monetaria deve tener conto di obiettivi ugualmente desiderabili ma, spesso, fra loro contrastanti:
— la crescita dell’attività economica ed il contenimento delle sue fluttuazioni. Ciò si sostanzia, in pratica, nel sostegno alla produzione per limitare la disoccupazione;
— la stabilità monetaria, ovvero la difesa del potere d’acquisto della moneta ed il contenimento della crescita dei prezzi;
— l’equilibrio nei conti con l’estero, soprattutto per quanto riguarda la stabilità del cambio.
Oltre a questi obiettivi, comuni anche alla più generale politica economica, la politica monetaria può perseguire altri obiettivi più specifici, quali una migliore efficienza dei mercati e degli intermediari finanziari, uno sviluppo della struttura creditizia capace di assicurare stabilità al sistema e prevenire crisi bancarie, un’ottimale allocazione del risparmio.
Quando fu istituita nel 1957 la Comunità europea (allora Comunità economica europea) il problema della cooperazione monetaria tra i paesi membri era del tutto marginale e poteva essere completamente ignorato, concentrandosi invece sulla creazione dell’unione doganale (v.).
Il primo passo verso l’attuazione di un sistema monetario integrato risale alla fine degli anni ’70, quando fu creato il sistema monetario europeo (v. SME) al fine di stabilire tra le economie dei paesi membri non soltanto delle relazioni di cambio più stabili, ma anche una disciplina comune nel campo della politica economica e monetaria. Lo SME si poneva, infatti, come obiettivo la creazione di una zona di stabilità monetaria in Europa grazie all’attuazione di determinate politiche in materia di cambi, crediti e trasferimenti di risorse, per evitare che il disordine monetario ostacolasse il processo di integrazione a livello comunitario.
Con l’Atto unico europeo fu inserito, all’art. 102A (ora 98), un obbligo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Con il nuovo capo dedicato alla “Cooperazione in materia di politica economica e monetaria”, l’Atto unico si limitava, dopo aver riconosciuto la necessità di operare una convergenza delle politiche economiche e monetarie degli Stati, a disporre che questi ultimi, nel rispetto delle competenze esistenti, “tengono conto delle esperienze acquisite grazie alla cooperazione nell’ambito del sistema monetario europeo e allo sviluppo dell’ECU (v.)”.
In realtà con questa disposizione venne solo rafforzata la competenza comunitaria in tale materia; bisogna attendere il Rapporto Delors (v.) per avere una programmazione del processo di integrazione monetaria ed economica. Tale processo era articolato in tre fasi temporali:
— nella prima fase era prevista la completa liberalizzazione dei movimenti di capitale e una maggiore convergenza economica tra gli Stati membri;
— nella seconda fase si doveva procedere all’istituzione di un organismo capace di coordinare e monitorare il livello di convergenza e valutare la possibilità di passare ad una politica monetaria comune;
— nella terza fase era previsto, invece, il definitivo passaggio agli organismi comunitari della politica economica e monetaria degli Stati membri. In particolare il passaggio all’ultima fase avrebbe comportato la creazione di una moneta unica (v. Euro).
Il Trattato di Maastricht, modificando il Trattato CEE, riprende in sostanza, agli artt. 98-124 e in alcuni protocolli (v.) allegati, i contenuti del Rapporto Delors: vengono, infatti, stabilite le tre tappe per giungere alla moneta unica, fissando anche le relative scadenze.
La prima tappa era già stata avviata nel 1990, la seconda sarebbe cominciata nel 1994 mentre per la terza si ponevano due alternative: il 1997, se almeno 7 Stati erano pronti, oppure il 1999, come in realtà è accaduto.
Il Trattato, inoltre, stabiliva una serie di criteri di convergenza (v.) economici e monetari che tutti gli Stati membri si impegnavano a rispettare per poter consentire un graduale ed equilibrato passaggio alla moneta unica europea.
Da ultimo il Trattato delineava il quadro istituzionale per il passaggio alla moneta unica, con la creazione di quegli organismi che avrebbero dovuto seguire la politica monetaria nella seconda e nella terza fase. A partire dal 1994 sarebbe stato operante l’Istituto Monetario Europeo (v. IME) che nella terza fase avrebbe lasciato il posto al Sistema Europeo delle Banche Centrali (v. SEBC) e alla Banca centrale europea (v. BCE).
Il controllo del rispetto dei parametri stabiliti dal Trattato è stato affidato all’IME, che il 25 marzo 1998 ha pubblicato un rapporto sullo stato di convergenza fra i paesi dell’Unione.
Sulla base di questo documento, unitamente alla relazione della Commissione europea che ha raccomandato al Consiglio i paesi che a suo giudizio hanno soddisfatto i criteri di convergenza, durante il vertice dei capi di Stato e di governo tenutosi a Bruxelles dall’1 al 2 maggio 1998 sono stati scelti gli Stati che potevano adottare la moneta unica sin dall’inizio della terza fase. Nella stessa sede si è proceduto anche alla nomina del Presidente della BCE e alla fissazione dei tassi di cambio (v.) bilaterali tra le monete degli Stati partecipanti.
La terza fase dell’UEM è iniziata il 1° gennaio 1999 con la fissazione dei tassi di conversione (v.) irrevocabili tra l’euro e le valute partecipanti. Da quella data è partita una lunga fase di transizione che si concluderà nel 2002 quando la nuova moneta unica entrerà materialmente in circolazione.
Si definisce politica monetaria quell’insieme di interventi che le autorità monetarie (v.) adottano per raggiungere determinati obiettivi di politica economica (v.).
In quanto parte della più generale politica economica, la politica monetaria deve tener conto di obiettivi ugualmente desiderabili ma, spesso, fra loro contrastanti:
— la crescita dell’attività economica ed il contenimento delle sue fluttuazioni. Ciò si sostanzia, in pratica, nel sostegno alla produzione per limitare la disoccupazione;
— la stabilità monetaria, ovvero la difesa del potere d’acquisto della moneta ed il contenimento della crescita dei prezzi;
— l’equilibrio nei conti con l’estero, soprattutto per quanto riguarda la stabilità del cambio.
Oltre a questi obiettivi, comuni anche alla più generale politica economica, la politica monetaria può perseguire altri obiettivi più specifici, quali una migliore efficienza dei mercati e degli intermediari finanziari, uno sviluppo della struttura creditizia capace di assicurare stabilità al sistema e prevenire crisi bancarie, un’ottimale allocazione del risparmio.
Quando fu istituita nel 1957 la Comunità europea (allora Comunità economica europea) il problema della cooperazione monetaria tra i paesi membri era del tutto marginale e poteva essere completamente ignorato, concentrandosi invece sulla creazione dell’unione doganale (v.).
Il primo passo verso l’attuazione di un sistema monetario integrato risale alla fine degli anni ’70, quando fu creato il sistema monetario europeo (v. SME) al fine di stabilire tra le economie dei paesi membri non soltanto delle relazioni di cambio più stabili, ma anche una disciplina comune nel campo della politica economica e monetaria. Lo SME si poneva, infatti, come obiettivo la creazione di una zona di stabilità monetaria in Europa grazie all’attuazione di determinate politiche in materia di cambi, crediti e trasferimenti di risorse, per evitare che il disordine monetario ostacolasse il processo di integrazione a livello comunitario.
Con l’Atto unico europeo fu inserito, all’art. 102A (ora 98), un obbligo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Con il nuovo capo dedicato alla “Cooperazione in materia di politica economica e monetaria”, l’Atto unico si limitava, dopo aver riconosciuto la necessità di operare una convergenza delle politiche economiche e monetarie degli Stati, a disporre che questi ultimi, nel rispetto delle competenze esistenti, “tengono conto delle esperienze acquisite grazie alla cooperazione nell’ambito del sistema monetario europeo e allo sviluppo dell’ECU (v.)”.
In realtà con questa disposizione venne solo rafforzata la competenza comunitaria in tale materia; bisogna attendere il Rapporto Delors (v.) per avere una programmazione del processo di integrazione monetaria ed economica. Tale processo era articolato in tre fasi temporali:
— nella prima fase era prevista la completa liberalizzazione dei movimenti di capitale e una maggiore convergenza economica tra gli Stati membri;
— nella seconda fase si doveva procedere all’istituzione di un organismo capace di coordinare e monitorare il livello di convergenza e valutare la possibilità di passare ad una politica monetaria comune;
— nella terza fase era previsto, invece, il definitivo passaggio agli organismi comunitari della politica economica e monetaria degli Stati membri. In particolare il passaggio all’ultima fase avrebbe comportato la creazione di una moneta unica (v. Euro).
Il Trattato di Maastricht, modificando il Trattato CEE, riprende in sostanza, agli artt. 98-124 e in alcuni protocolli (v.) allegati, i contenuti del Rapporto Delors: vengono, infatti, stabilite le tre tappe per giungere alla moneta unica, fissando anche le relative scadenze.
La prima tappa era già stata avviata nel 1990, la seconda sarebbe cominciata nel 1994 mentre per la terza si ponevano due alternative: il 1997, se almeno 7 Stati erano pronti, oppure il 1999, come in realtà è accaduto.
Il Trattato, inoltre, stabiliva una serie di criteri di convergenza (v.) economici e monetari che tutti gli Stati membri si impegnavano a rispettare per poter consentire un graduale ed equilibrato passaggio alla moneta unica europea.
Da ultimo il Trattato delineava il quadro istituzionale per il passaggio alla moneta unica, con la creazione di quegli organismi che avrebbero dovuto seguire la politica monetaria nella seconda e nella terza fase. A partire dal 1994 sarebbe stato operante l’Istituto Monetario Europeo (v. IME) che nella terza fase avrebbe lasciato il posto al Sistema Europeo delle Banche Centrali (v. SEBC) e alla Banca centrale europea (v. BCE).
Il controllo del rispetto dei parametri stabiliti dal Trattato è stato affidato all’IME, che il 25 marzo 1998 ha pubblicato un rapporto sullo stato di convergenza fra i paesi dell’Unione.
Sulla base di questo documento, unitamente alla relazione della Commissione europea che ha raccomandato al Consiglio i paesi che a suo giudizio hanno soddisfatto i criteri di convergenza, durante il vertice dei capi di Stato e di governo tenutosi a Bruxelles dall’1 al 2 maggio 1998 sono stati scelti gli Stati che potevano adottare la moneta unica sin dall’inizio della terza fase. Nella stessa sede si è proceduto anche alla nomina del Presidente della BCE e alla fissazione dei tassi di cambio (v.) bilaterali tra le monete degli Stati partecipanti.
La terza fase dell’UEM è iniziata il 1° gennaio 1999 con la fissazione dei tassi di conversione (v.) irrevocabili tra l’euro e le valute partecipanti. Da quella data è partita una lunga fase di transizione che si concluderà nel 2002 quando la nuova moneta unica entrerà materialmente in circolazione.