Politica di coesione economica e sociale
Politica di coesione economica e sociale
Politica comunitaria finalizzata a ridurre le disparità in materia di sviluppo socioeconomico fra le varie Regioni europee, promuovendo la crescita di quelle meno favorite.
L’azione intrapresa dalla Comunità nel campo della politica regionale trova il suo fondamento giuridico negli artt. 158-162 contenuti nel titolo XVII del Trattato.
L’art. 158, dopo aver affermato che la Comunità per promuovere una crescita armoniosa del suo insieme, sviluppa e prosegue la propria azione intesa a rafforzare la sua coesione economica e sociale, chiarisce che la stessa Comunità “mira a ridurre il divario fra le diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite”.
Gli Stati membri hanno l’obbligo di condurre e coordinare la loro politica economica finalizzata ad uno sviluppo equilibrato dell’intera Comunità, mentre quest’ultima contribuisce alla realizzazione di tale obiettivo attraverso l’utilizzazione coordinata dei suoi vari fondi e strumenti finanziari.
L’art. 2 del Trattato istitutivo, nell’enunciare i compiti della Comunità, già prevedeva quello di promuovere lo sviluppo armonioso delle attività economiche e più strette relazioni fra gli Stati membri: tuttavia nessuno specifico strumento era previsto per la realizzazione di tale obiettivo, se non quelli già predisposti per altri fini.
Soltanto nei primi anni ’70 ci si rese conto che la persistenza di disparità di livello tra le varie regioni costituiva (e purtroppo ancora costituisce) un notevole ostacolo al processo di integrazione economica.
Affiorò, quindi, l’urgenza di un’azione comune per correggere i vari squilibri regionali e si evidenziò la necessità di un coordinamento organico tra le politiche regionali e settoriali della Comunità e le politiche nazionali di incentivazione allo sviluppo delle regioni.
La politica regionale si sostanziava soprattutto nella previsione di programmi di sviluppo contenenti analisi socioeconomiche, gli obiettivi di sviluppo, gli strumenti adottati e le risorse finanziarie disponibili.
Dal 1978 la Commissione ha posto in essere una serie di azioni volte a favorire lo sviluppo di zone rurali svantaggiate o di aree colpite da crisi di riconversione, mediante l’utilizzazione congiunta, coordinata e programmata dei fondi strutturali (v.), dei prestiti ed aiuti CECA e dei prestiti della BEI (v.).
I principali vantaggi delle tali azioni integrate consistono nell’uso coordinato e razionale dei vari strumenti finanziari, sia comunitari sia nazionali, e nella priorità di fatto loro assicurata nell’utilizzo degli strumenti comunitari.
L’idea di solidarietà tra gli Stati membri della Comunità è stata fatta propria dall’art. 23 dell’Atto unico europeo (v. AUE) che ha aggiunto al Trattato un nuovo Titolo relativo alla coesione economica e sociale.
Il Trattato di Maastricht, pur non apportando grossi mutamenti in questo settore, ha previsto alcune novità. Fra queste, l’esplicita menzione delle zone rurali fra quelle meno favorite, la previsione di una ridefinizione degli obiettivi e degli interventi dei fondi già operanti e la creazione di un nuovo strumento finanziario di intervento, il fondo di coesione (v.) a beneficio di Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda.
Nel giugno 1999 si è proceduto ad una ulteriore riforma dei fondi strutturali, con la riduzione dei settori di intervento dai precedenti sei agli attuali tre, per garantire maggiore efficienza degli strumenti di sostegno finanziario dell’Unione nell’ambito della politica di coesione economica e sociale, anche in vista delle future adesioni (v.) che includeranno nuove aree nell’ambito della politica regionale comunitaria.
Il Consiglio ha, infatti, individuato tre obiettivi prioritari (v. Obiettivi comunitari) su cui la Comunità è chiamata a concentrare il suo impegno:
— sostegno alle Regioni in ritardo di sviluppo, ossia di tutte le Regioni con un prodotto interno lordo inferiore al 75% della media comunitaria;
— sostegno alle Regioni in fase di riconversione socioeconomica, favorendo la riconversione economica e sociale delle zone che hanno difficoltà strutturali, valutate sulla base del tasso medio di disoccupazione, della densità di popolazione e delle situazioni ambientali di particolare degrado;
— sviluppo delle risorse umane, che ricomprende tutte le Regioni non rientranti nel primo obiettivo, e prevede interventi sui sistemi di istruzione, formazione e occupazione.
Al perseguimento di tali finalità contribuiscono quattro iniziative comunitarie (v.).
Politica di coesione economica e sociale
Base giuridica: artt.158-162 Trattato CE
Direzione generale responsabile: Direzione generale della politica regionale
Sito Internet:
www.europa.eu.int/comm/dgs/regional_policy/index_it.htm
Voci collegate: BEI, Comitato delle Regioni, DOCUP, FEOGA, FESR, Fondi strutturali, Fondo di coesione, FSE, Iniziative comunitarie, INTERREG, Obiettivi comunitari, PAC, PO, Politica della pesca, Politica sociale, Principi dei fondi strutturali, QCS, Regioni ultraperiferiche, SFOP
Politica comunitaria finalizzata a ridurre le disparità in materia di sviluppo socioeconomico fra le varie Regioni europee, promuovendo la crescita di quelle meno favorite.
L’azione intrapresa dalla Comunità nel campo della politica regionale trova il suo fondamento giuridico negli artt. 158-162 contenuti nel titolo XVII del Trattato.
L’art. 158, dopo aver affermato che la Comunità per promuovere una crescita armoniosa del suo insieme, sviluppa e prosegue la propria azione intesa a rafforzare la sua coesione economica e sociale, chiarisce che la stessa Comunità “mira a ridurre il divario fra le diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite”.
Gli Stati membri hanno l’obbligo di condurre e coordinare la loro politica economica finalizzata ad uno sviluppo equilibrato dell’intera Comunità, mentre quest’ultima contribuisce alla realizzazione di tale obiettivo attraverso l’utilizzazione coordinata dei suoi vari fondi e strumenti finanziari.
L’art. 2 del Trattato istitutivo, nell’enunciare i compiti della Comunità, già prevedeva quello di promuovere lo sviluppo armonioso delle attività economiche e più strette relazioni fra gli Stati membri: tuttavia nessuno specifico strumento era previsto per la realizzazione di tale obiettivo, se non quelli già predisposti per altri fini.
Soltanto nei primi anni ’70 ci si rese conto che la persistenza di disparità di livello tra le varie regioni costituiva (e purtroppo ancora costituisce) un notevole ostacolo al processo di integrazione economica.
Affiorò, quindi, l’urgenza di un’azione comune per correggere i vari squilibri regionali e si evidenziò la necessità di un coordinamento organico tra le politiche regionali e settoriali della Comunità e le politiche nazionali di incentivazione allo sviluppo delle regioni.
La politica regionale si sostanziava soprattutto nella previsione di programmi di sviluppo contenenti analisi socioeconomiche, gli obiettivi di sviluppo, gli strumenti adottati e le risorse finanziarie disponibili.
Dal 1978 la Commissione ha posto in essere una serie di azioni volte a favorire lo sviluppo di zone rurali svantaggiate o di aree colpite da crisi di riconversione, mediante l’utilizzazione congiunta, coordinata e programmata dei fondi strutturali (v.), dei prestiti ed aiuti CECA e dei prestiti della BEI (v.).
I principali vantaggi delle tali azioni integrate consistono nell’uso coordinato e razionale dei vari strumenti finanziari, sia comunitari sia nazionali, e nella priorità di fatto loro assicurata nell’utilizzo degli strumenti comunitari.
L’idea di solidarietà tra gli Stati membri della Comunità è stata fatta propria dall’art. 23 dell’Atto unico europeo (v. AUE) che ha aggiunto al Trattato un nuovo Titolo relativo alla coesione economica e sociale.
Il Trattato di Maastricht, pur non apportando grossi mutamenti in questo settore, ha previsto alcune novità. Fra queste, l’esplicita menzione delle zone rurali fra quelle meno favorite, la previsione di una ridefinizione degli obiettivi e degli interventi dei fondi già operanti e la creazione di un nuovo strumento finanziario di intervento, il fondo di coesione (v.) a beneficio di Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda.
Nel giugno 1999 si è proceduto ad una ulteriore riforma dei fondi strutturali, con la riduzione dei settori di intervento dai precedenti sei agli attuali tre, per garantire maggiore efficienza degli strumenti di sostegno finanziario dell’Unione nell’ambito della politica di coesione economica e sociale, anche in vista delle future adesioni (v.) che includeranno nuove aree nell’ambito della politica regionale comunitaria.
Il Consiglio ha, infatti, individuato tre obiettivi prioritari (v. Obiettivi comunitari) su cui la Comunità è chiamata a concentrare il suo impegno:
— sostegno alle Regioni in ritardo di sviluppo, ossia di tutte le Regioni con un prodotto interno lordo inferiore al 75% della media comunitaria;
— sostegno alle Regioni in fase di riconversione socioeconomica, favorendo la riconversione economica e sociale delle zone che hanno difficoltà strutturali, valutate sulla base del tasso medio di disoccupazione, della densità di popolazione e delle situazioni ambientali di particolare degrado;
— sviluppo delle risorse umane, che ricomprende tutte le Regioni non rientranti nel primo obiettivo, e prevede interventi sui sistemi di istruzione, formazione e occupazione.
Al perseguimento di tali finalità contribuiscono quattro iniziative comunitarie (v.).
Politica di coesione economica e sociale
Base giuridica: artt.158-162 Trattato CE
Direzione generale responsabile: Direzione generale della politica regionale
Sito Internet:
www.europa.eu.int/comm/dgs/regional_policy/index_it.htm
Voci collegate: BEI, Comitato delle Regioni, DOCUP, FEOGA, FESR, Fondi strutturali, Fondo di coesione, FSE, Iniziative comunitarie, INTERREG, Obiettivi comunitari, PAC, PO, Politica della pesca, Politica sociale, Principi dei fondi strutturali, QCS, Regioni ultraperiferiche, SFOP