Parità di trattamento tra uomini e donne
Parità di trattamento tra uomini e donne artt. 2, 3 e 141 Trattato CE
Il principio dell’uguaglianza tra uomini e donne era già implicitamente previsto dal Trattato CE che, nel richiamare nel Preambolo la Carta sociale europea (v.) e la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (v.), faceva proprio il rispetto di tale diritto. È solo con il Trattato di Amsterdam, però, che tale principio diventa uno degli obiettivi principali della Comunità.
Il nuovo art. 2 del Trattato CE prevede, infatti, che l’azione della Comunità deve essere rivolta anche al perseguimento della parità tra uomini e donne; questa azione, richiamata dal successivo art. 3, deve essere un impegno costante di tutte le attività comunitarie. In tale campo al Consiglio è stata attribuita la competenza ad adottare, in base alla procedura di codecisione (v.) e previa consultazione del Comitato economico e sociale (v. CES), le misure necessarie che assicurino il principio della pari opportunità di trattamento tra uomini e donne (art. 141 Trattato CE).
Prima del Trattato di Amsterdam gli interventi delle istituzioni comunitarie erano limitati solo all’uguaglianza nel settore lavorativo:
— la direttiva del 9 febbraio 1976, n. 207 dava attuazione al principio della parità di trattamento tra uomini e donne sia per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alle promozioni professionali, sia per quanto riguarda le altre condizioni di lavoro, eliminando qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia;
— la direttiva del 19 dicembre 1978, n. 7 relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale (v.);
— la direttiva del Consiglio dell’11 dicembre 1986, n. 613 relativa all’applicazione dei principi enunciati dalle precedenti disposizioni normative alle donne che esercitano un’attività autonoma, comprese le attività nel settore agricolo, e relativa anche alla tutela della maternità.
Il quadro giuridico delineato da questi tre provvedimenti è stato recepito dalla Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 6 dicembre 1994, relativa all’equa partecipazione delle donne ad una strategia di crescita economica orientata verso l’aumento dell’occupazione nell’Unione europea. Il documento promuove il miglioramento dell’organizzazione dell’orario di lavoro e l’agevolazione all’inserimento e al reinserimento delle donne nel mercato del lavoro ed invita gli Stati membri e le parti sociali (v.) a concludere accordi in tale ambito e ad incoraggiare una maggiore partecipazione degli uomini alla vita familiare.
È stato, inoltre, istituito con la decisione 82/43/CEE, il Comitato consultivo per la parità di opportunità tra donne e uomini (v.), il cui compito è assistere la Commissione nell’elaborazione e attuazione delle azioni dell’Unione intese a promuovere la pari opportunità.
Il principio dell’uguaglianza tra uomini e donne era già implicitamente previsto dal Trattato CE che, nel richiamare nel Preambolo la Carta sociale europea (v.) e la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (v.), faceva proprio il rispetto di tale diritto. È solo con il Trattato di Amsterdam, però, che tale principio diventa uno degli obiettivi principali della Comunità.
Il nuovo art. 2 del Trattato CE prevede, infatti, che l’azione della Comunità deve essere rivolta anche al perseguimento della parità tra uomini e donne; questa azione, richiamata dal successivo art. 3, deve essere un impegno costante di tutte le attività comunitarie. In tale campo al Consiglio è stata attribuita la competenza ad adottare, in base alla procedura di codecisione (v.) e previa consultazione del Comitato economico e sociale (v. CES), le misure necessarie che assicurino il principio della pari opportunità di trattamento tra uomini e donne (art. 141 Trattato CE).
Prima del Trattato di Amsterdam gli interventi delle istituzioni comunitarie erano limitati solo all’uguaglianza nel settore lavorativo:
— la direttiva del 9 febbraio 1976, n. 207 dava attuazione al principio della parità di trattamento tra uomini e donne sia per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alle promozioni professionali, sia per quanto riguarda le altre condizioni di lavoro, eliminando qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia;
— la direttiva del 19 dicembre 1978, n. 7 relativa alla graduale attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale (v.);
— la direttiva del Consiglio dell’11 dicembre 1986, n. 613 relativa all’applicazione dei principi enunciati dalle precedenti disposizioni normative alle donne che esercitano un’attività autonoma, comprese le attività nel settore agricolo, e relativa anche alla tutela della maternità.
Il quadro giuridico delineato da questi tre provvedimenti è stato recepito dalla Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 6 dicembre 1994, relativa all’equa partecipazione delle donne ad una strategia di crescita economica orientata verso l’aumento dell’occupazione nell’Unione europea. Il documento promuove il miglioramento dell’organizzazione dell’orario di lavoro e l’agevolazione all’inserimento e al reinserimento delle donne nel mercato del lavoro ed invita gli Stati membri e le parti sociali (v.) a concludere accordi in tale ambito e ad incoraggiare una maggiore partecipazione degli uomini alla vita familiare.
È stato, inoltre, istituito con la decisione 82/43/CEE, il Comitato consultivo per la parità di opportunità tra donne e uomini (v.), il cui compito è assistere la Commissione nell’elaborazione e attuazione delle azioni dell’Unione intese a promuovere la pari opportunità.