Marchio comunitario
Marchio comunitario Regolamento CE 20 dicembre 1993, n. 40/94
Segno distintivo dei prodotti comunitari, istituito nell’ambito dell’azione volta al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori (v.).
Oggetto specifico del diritto è la garanzia per il titolare di un diritto esclusivo di servirsi del marchio per la prima immissione di un prodotto sul mercato, in modo tale da essere tutelato nei confronti di eventuali concorrenti che, con uso abusivo del marchio, sfruttassero la posizione dell’impresa e la reputazione del marchio stesso.
La Corte di Giustizia si è più volte pronunciata sulla funzione del marchio, individuandola nella “garanzia per il consumatore o l’utilizzatore finale, dell’identità di origine del prodotto contrassegnato, che gli consente di distinguere, senza possibilità di confusione, questo prodotto da quelli aventi diversa origine: al fine di potenziare la garanzia verso il consumatore, occorre che tutti i prodotti siano fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa cui possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità” (vedi sentenza CGCE, Hag II, del 17 ottobre 1990, in causa C-10/89).
I principi che delineano il marchio comunitario sono:
— il principio di unitarietà, in base al quale il marchio comunitario attribuisce al titolare un’esclusiva la cui efficacia è unica per l’intero territorio comunitario (v.);
— il principio di autonomia, con il quale si indica che il marchio comunitario viene disciplinato esclusivamente dal regolamento, mentre le norme nazionali in materia di marchi si applicano solo in quanto richiamate espressamente dallo stesso regolamento;
— il principio dell’esaurimento del diritto, in base al quale il titolare di un diritto di proprietà intellettuale non può opporsi all’importazione ed alla commercializzazione di prodotti che sono stati messi in commercio nello Stato di esportazione da lui stesso o da persona a lui legata da vincoli di dipendenza giuridica od economica. Questo significa che se non vi è il consenso del titolare originario, ovvero se il prodotto è messo in commercio da persona non legata a questi da alcuna dipendenza, ciascun titolare può opporsi all’importazione del prodotto di marchio uguale o confondibile.
La registrazione del marchio comunitario, che si effettua presso l’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (v. UAMI), conferisce al titolare un diritto di esclusiva sostanzialmente equivalente (ma con estensione a tutto il territorio della Comunità) a quello offerto dalla registrazione di un marchio italiano. La posizione del titolare, infatti, si esprime in termini negativi come diritto a vietare ai terzi determinati comportamenti.
La registrazione del marchio comunitario dura dieci anni, decorrenti dalla data di deposito della domanda, ed è rinnovabile per periodi di dieci anni.
La violazione del diritto di esclusiva legittima il titolare a proporre l’azione di contraffazione davanti ai Tribunali dei marchi comunitari (giudici nazionali di primo e secondo grado designati dagli Stati membri nei rispettivi territori) la cui competenza per territorio è individuata in base a diversi criteri (domicilio o stabile organizzazione del convenuto, domicilio o stabile organizzazione dell’attore etc.).
Oltre ai casi di nullità, che corrispondono agli impedimenti alla registrazione, il regolamento contempla le cause di decadenza del marchio comunitario.
Fra queste il “non uso effettivo della Comunità” del marchio per un periodo ininterrotto di cinque anni, la volgarizzazione del marchio per “l’attività o l’inattività del suo titolare” e la perdita di legittimazione del titolare del marchio.
Sia l’azione di nullità che quella di decadenza possono proporsi davanti all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno o, come domanda riconvenzionale in un’azione di contraffazione, davanti ai Tribunali dei marchi comunitari.
È stato inoltre istituito un Comitato per il marchio comunitario (v.) composto dai rappresentanti degli Stati membri e competente per le questioni relative alle tasse, alle norme di esecuzione ed alla procedura delle commissioni di ricorso.
Segno distintivo dei prodotti comunitari, istituito nell’ambito dell’azione volta al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori (v.).
Oggetto specifico del diritto è la garanzia per il titolare di un diritto esclusivo di servirsi del marchio per la prima immissione di un prodotto sul mercato, in modo tale da essere tutelato nei confronti di eventuali concorrenti che, con uso abusivo del marchio, sfruttassero la posizione dell’impresa e la reputazione del marchio stesso.
La Corte di Giustizia si è più volte pronunciata sulla funzione del marchio, individuandola nella “garanzia per il consumatore o l’utilizzatore finale, dell’identità di origine del prodotto contrassegnato, che gli consente di distinguere, senza possibilità di confusione, questo prodotto da quelli aventi diversa origine: al fine di potenziare la garanzia verso il consumatore, occorre che tutti i prodotti siano fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa cui possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità” (vedi sentenza CGCE, Hag II, del 17 ottobre 1990, in causa C-10/89).
I principi che delineano il marchio comunitario sono:
— il principio di unitarietà, in base al quale il marchio comunitario attribuisce al titolare un’esclusiva la cui efficacia è unica per l’intero territorio comunitario (v.);
— il principio di autonomia, con il quale si indica che il marchio comunitario viene disciplinato esclusivamente dal regolamento, mentre le norme nazionali in materia di marchi si applicano solo in quanto richiamate espressamente dallo stesso regolamento;
— il principio dell’esaurimento del diritto, in base al quale il titolare di un diritto di proprietà intellettuale non può opporsi all’importazione ed alla commercializzazione di prodotti che sono stati messi in commercio nello Stato di esportazione da lui stesso o da persona a lui legata da vincoli di dipendenza giuridica od economica. Questo significa che se non vi è il consenso del titolare originario, ovvero se il prodotto è messo in commercio da persona non legata a questi da alcuna dipendenza, ciascun titolare può opporsi all’importazione del prodotto di marchio uguale o confondibile.
La registrazione del marchio comunitario, che si effettua presso l’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (v. UAMI), conferisce al titolare un diritto di esclusiva sostanzialmente equivalente (ma con estensione a tutto il territorio della Comunità) a quello offerto dalla registrazione di un marchio italiano. La posizione del titolare, infatti, si esprime in termini negativi come diritto a vietare ai terzi determinati comportamenti.
La registrazione del marchio comunitario dura dieci anni, decorrenti dalla data di deposito della domanda, ed è rinnovabile per periodi di dieci anni.
La violazione del diritto di esclusiva legittima il titolare a proporre l’azione di contraffazione davanti ai Tribunali dei marchi comunitari (giudici nazionali di primo e secondo grado designati dagli Stati membri nei rispettivi territori) la cui competenza per territorio è individuata in base a diversi criteri (domicilio o stabile organizzazione del convenuto, domicilio o stabile organizzazione dell’attore etc.).
Oltre ai casi di nullità, che corrispondono agli impedimenti alla registrazione, il regolamento contempla le cause di decadenza del marchio comunitario.
Fra queste il “non uso effettivo della Comunità” del marchio per un periodo ininterrotto di cinque anni, la volgarizzazione del marchio per “l’attività o l’inattività del suo titolare” e la perdita di legittimazione del titolare del marchio.
Sia l’azione di nullità che quella di decadenza possono proporsi davanti all’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno o, come domanda riconvenzionale in un’azione di contraffazione, davanti ai Tribunali dei marchi comunitari.
È stato inoltre istituito un Comitato per il marchio comunitario (v.) composto dai rappresentanti degli Stati membri e competente per le questioni relative alle tasse, alle norme di esecuzione ed alla procedura delle commissioni di ricorso.