Lotta contro la corruzione
Lotta contro la corruzione art. 29 Trattato sull’Unione europea; Posizione comune 6 ottobre 1997, n. 661/97/GAI; Posizione comune 13 novembre 1997, n. 783/97/GAI
Il dilagare di scandali e inchieste legati all’esercizio di influenze illecite sul processo decisionale, sia nel settore pubblico che privato negli Stati membri, ha indotto la Comunità europea ad intervenire nel tentativo di reprimere o quanto meno di arginare tale fenomeno.
Il fondamento giuridico per avviare la lotta alla corruzione è stato offerto dal Trattato di Maastricht (v.) nell’ambito delle disposizioni relative alla CGAI (v.) contemplate dal Titolo VI del Trattato. L’art. K3 prevedeva, infatti, che il Consiglio potesse, nelle materie di interesse comune espressamente contemplate, procedere all’adozione di posizioni comuni (v.) ed azioni comuni (v.), come pure all’elaborazione di Convenzioni.
Su questa base il 27 maggio 1997 i ministri della Giustizia dei paesi membri hanno provveduto a sottoscrivere la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione (v.). L’accordo consente allo Stato membro di perseguire non solo i funzionari nazionali ma anche quelli comunitari e quelli di un altro Stato membro che si rendano responsabili di reati di tipo finanziario. Ogni Stato membro è inoltre tenuto a prendere le misure necessarie affinché tali crimini siano passibili di sanzioni penali effettive, le quali possono anche arrivare a prevedere pene privative della libertà e consentire l’estradizione. È inoltre contemplata la cooperazione fra i Paesi membri relativamente alle inchieste.
L’impegno teso a contrastare il fenomeno della corruzione è proseguito con l’adozione delle posizioni comuni del 6 ottobre e del 13 novembre 1997, relative ai negoziati in seno al >Consiglio d’Europa (v.) e all’OCSE (v.) dei funzionari corrotti delle organizzazioni internazionali.
Allo scopo di impedire una improduttiva sovrapposizione fra gli strumenti messi in atto dalle due organizzazioni internazionali e quelli elaborati dalla Comunità, gli Stati membri si sono impegnati a definire dei meccanismi miranti a combattere la corruzione di funzionari stranieri e funzionari delle organizzazioni internazionali, che risultino compatibili con le disposizioni adottate dai negoziati in sede di Consiglio d’Europa e di OCSE. Ciò coordinando quanto più possibile le scelte effettuate in materia di assistenza giudiziaria, estradizione, lotta contro la corruzione e tutela degli interessi finanziari della Comunità. È altresì prevista la messa a punto di efficaci strumenti di controllo atti ad assicurare una corretta applicazione delle Convenzioni dell’OCSE e del Consiglio d’Europa negli Stati membri.
Il 18 dicembre dello stesso anno i Paesi OCSE hanno firmato a Parigi la Convenzione sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali. L’accordo prevede l’obbligo di perseguire la corruzione del pubblico ufficiale straniero allo stesso modo di quella diretta ai funzionari nazionali, contemplando l’erogazione di pene severe sul modello di quelle stabilite per la corruzione dei propri pubblici ufficiali. Ciò ogni qualvolta si accerti da parte di un’impresa l’offerta o la promessa di un vantaggio indebito, sia esso pecuniario che di altra natura, compiuta nei confronti del funzionario straniero al fine dell’ottenimento di un vantaggio illecito nelle transazioni commerciali internazionali. Viene altresì affrontato il problema della responsabilità delle imprese corruttrici, questione di non facile soluzione in quanto in alcuni ordinamenti la responsabilità penale delle società non è ancora contemplata. Le disposizioni convenzionali hanno pertanto stabilito che gli Stati che non prevedono l’incriminazione delle società siano comunque tenuti a fissare sanzioni pecuniarie efficaci e proporzionate al reato di corruzione commesso.
La lotta alla corruzione in ambito comunitario dovrebbe ricevere un ulteriore impulso a seguito della risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 6 ottobre 1998. La risoluzione suggerisce tre diversi livelli di intervento su cui i Paesi membri dovranno concentrare lo sforzo comune in questo settore:
— l’elaborazione di una strategia univoca in tema di prevenzione, attraverso una maggiore trasparenza dei processi decisionali. In quest’ambito è previsto che, nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (v.), la Commissione possa ricorrere a strumenti diversi da quelli delle Convenzioni nell’esercizio del suo potere di iniziativa.
Dal canto loro gli Stati membri saranno tenuti ad impegnarsi nella semplificazione burocratica delle decisioni amministrative, in modo da assicurare la trasparenza della situazione patrimoniale di persone che, per la posizione ricoperta, sono a rischio di corruzione (ad es. ministri e deputati), nonché a ratificare le Convenzioni internazionali contro la corruzione;
— il ricorso a nuove sanzioni, non solo penali, ma anche amministrative, civili e disciplinari imposte sia per la corruzione attiva che per quella passiva, nel settore pubblico come in quello privato;
— la fissazione di principi generali atti a regolare i rapporti contrattuali con i paesi terzi (accordi di assistenza e contratti commerciali).
In questo contesto il Parlamento europeo ha preso in considerazione l’inserimento nei contratti di apposite clausole anticorruzione e la previsione di alcune sanzioni non penali, fra cui l’annullamento del contratto.
Il dilagare di scandali e inchieste legati all’esercizio di influenze illecite sul processo decisionale, sia nel settore pubblico che privato negli Stati membri, ha indotto la Comunità europea ad intervenire nel tentativo di reprimere o quanto meno di arginare tale fenomeno.
Il fondamento giuridico per avviare la lotta alla corruzione è stato offerto dal Trattato di Maastricht (v.) nell’ambito delle disposizioni relative alla CGAI (v.) contemplate dal Titolo VI del Trattato. L’art. K3 prevedeva, infatti, che il Consiglio potesse, nelle materie di interesse comune espressamente contemplate, procedere all’adozione di posizioni comuni (v.) ed azioni comuni (v.), come pure all’elaborazione di Convenzioni.
Su questa base il 27 maggio 1997 i ministri della Giustizia dei paesi membri hanno provveduto a sottoscrivere la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione (v.). L’accordo consente allo Stato membro di perseguire non solo i funzionari nazionali ma anche quelli comunitari e quelli di un altro Stato membro che si rendano responsabili di reati di tipo finanziario. Ogni Stato membro è inoltre tenuto a prendere le misure necessarie affinché tali crimini siano passibili di sanzioni penali effettive, le quali possono anche arrivare a prevedere pene privative della libertà e consentire l’estradizione. È inoltre contemplata la cooperazione fra i Paesi membri relativamente alle inchieste.
L’impegno teso a contrastare il fenomeno della corruzione è proseguito con l’adozione delle posizioni comuni del 6 ottobre e del 13 novembre 1997, relative ai negoziati in seno al >Consiglio d’Europa (v.) e all’OCSE (v.) dei funzionari corrotti delle organizzazioni internazionali.
Allo scopo di impedire una improduttiva sovrapposizione fra gli strumenti messi in atto dalle due organizzazioni internazionali e quelli elaborati dalla Comunità, gli Stati membri si sono impegnati a definire dei meccanismi miranti a combattere la corruzione di funzionari stranieri e funzionari delle organizzazioni internazionali, che risultino compatibili con le disposizioni adottate dai negoziati in sede di Consiglio d’Europa e di OCSE. Ciò coordinando quanto più possibile le scelte effettuate in materia di assistenza giudiziaria, estradizione, lotta contro la corruzione e tutela degli interessi finanziari della Comunità. È altresì prevista la messa a punto di efficaci strumenti di controllo atti ad assicurare una corretta applicazione delle Convenzioni dell’OCSE e del Consiglio d’Europa negli Stati membri.
Il 18 dicembre dello stesso anno i Paesi OCSE hanno firmato a Parigi la Convenzione sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali. L’accordo prevede l’obbligo di perseguire la corruzione del pubblico ufficiale straniero allo stesso modo di quella diretta ai funzionari nazionali, contemplando l’erogazione di pene severe sul modello di quelle stabilite per la corruzione dei propri pubblici ufficiali. Ciò ogni qualvolta si accerti da parte di un’impresa l’offerta o la promessa di un vantaggio indebito, sia esso pecuniario che di altra natura, compiuta nei confronti del funzionario straniero al fine dell’ottenimento di un vantaggio illecito nelle transazioni commerciali internazionali. Viene altresì affrontato il problema della responsabilità delle imprese corruttrici, questione di non facile soluzione in quanto in alcuni ordinamenti la responsabilità penale delle società non è ancora contemplata. Le disposizioni convenzionali hanno pertanto stabilito che gli Stati che non prevedono l’incriminazione delle società siano comunque tenuti a fissare sanzioni pecuniarie efficaci e proporzionate al reato di corruzione commesso.
La lotta alla corruzione in ambito comunitario dovrebbe ricevere un ulteriore impulso a seguito della risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 6 ottobre 1998. La risoluzione suggerisce tre diversi livelli di intervento su cui i Paesi membri dovranno concentrare lo sforzo comune in questo settore:
— l’elaborazione di una strategia univoca in tema di prevenzione, attraverso una maggiore trasparenza dei processi decisionali. In quest’ambito è previsto che, nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (v.), la Commissione possa ricorrere a strumenti diversi da quelli delle Convenzioni nell’esercizio del suo potere di iniziativa.
Dal canto loro gli Stati membri saranno tenuti ad impegnarsi nella semplificazione burocratica delle decisioni amministrative, in modo da assicurare la trasparenza della situazione patrimoniale di persone che, per la posizione ricoperta, sono a rischio di corruzione (ad es. ministri e deputati), nonché a ratificare le Convenzioni internazionali contro la corruzione;
— il ricorso a nuove sanzioni, non solo penali, ma anche amministrative, civili e disciplinari imposte sia per la corruzione attiva che per quella passiva, nel settore pubblico come in quello privato;
— la fissazione di principi generali atti a regolare i rapporti contrattuali con i paesi terzi (accordi di assistenza e contratti commerciali).
In questo contesto il Parlamento europeo ha preso in considerazione l’inserimento nei contratti di apposite clausole anticorruzione e la previsione di alcune sanzioni non penali, fra cui l’annullamento del contratto.