Legittimità democratica
Legittimità democratica
Principio teso a garantire la ripartizione equilibrata dei poteri affidati alle istituzioni europee e il coinvolgimento diretto dei cittadini europei e dei Parlamenti nazionali al processo decisionale comunitario.
Il problema di assicurare un’effettiva applicazione del principio della legittimità democratica cominciò a porsi ai tempi della Conferenza intergovernativa del 1985 che portò all’adozione dell’Atto Unico europeo (v. AUE), soprattutto in riferimento alla necessità di procedere al rafforzamento dei poteri del Parlamento.
Le modifiche apportate in questa direzione dall’Atto Unico si sostanziarono nell’introduzione della procedura di cooperazione (v.), la quale prevede una sorta di consultazione fra Commissione, Consiglio e Parlamento, nonché nell’istituzione della procedura del parere conforme (v.), che preclude al Consiglio di deliberare qualora non si adegui al parere del Parlamento. Si trattava di un primo tentativo di inserire il Parlamento nel procedimento legislativo, anche se la sua partecipazione rimaneva comunque circoscritta rispetto a quella delle altre istituzioni comunitarie.
Già dalle prime applicazioni dell’Atto Unico ci si rese conto che l’innovazione appariva piuttosto marginale, poiché non era sufficiente a colmare il deficit democratico (v.) presente nella Comunità. Gli ipotetici vantaggi che potevano derivare dalla introduzione delle procedure di cooperazione e del parere conforme furono difatti annullati dalla tendenza da parte del Consiglio a non tener conto dei pareri del Parlamento nell’approvazione finale del testo normativo.
A ciò si aggiunga la insufficiente partecipazione dei Parlamenti nazionali alle fasi di formazione ed applicazione delle procedure legislative comunitarie.
La prima significativa opportunità per il Parlamento di inserirsi a pieno titolo nel procedimento di formazione degli atti comunitari è stata riconosciuta dal Trattato di Maastricht (v.), soprattutto attraverso l’introduzione della procedura di codecisione (v.) che ha posto sullo stesso piano Consiglio, Commissione e Parlamento e l’attribuzione di una sorta di pre-potere di iniziativa al Parlamento (v. >Iniziativa dell’iniziativa). Il rafforzamento dei poteri del Parlamento è avvenuto inoltre in tema di nomina e controllo della Commissione, riconoscendo all’assemblea la facoltà di partecipare alla nomina del suo presidente e quella di nominare il mediatore europeo (v.), abilitato a ricevere le denunce riguardanti i casi di cattiva amministrazione da parte degli organi comunitari.
Tuttavia questi sviluppi non sono bastati ad assicurare una effettiva legittimità democratica all’interno della Comunità, poiché, nonostante gli sforzi compiuti, non si garantiva la simmetria fra i poteri legislativi del Consiglio e del Parlamento, né si realizzava il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale comunitario.
Al fine di procedere ad una ripartizione più democratica dei poteri il Trattato di Amsterdam (v.) ha provveduto a sancire la quasi totale generalizzazione del campo di applicazione della procedura di codecisione, precedentemente richiesta solo per un numero limitato di casi, accrescendo notevolmente il ruolo parlamentare nell’Unione.
Le disposizioni concernenti un’informazione più tempestiva fra governi nazionali e rispettivi Parlamenti in merito alle proposte legislative della Commissione, insieme a quelle volte ad intensificare gli scambi fra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali (v. COSAC), dovrebbero inoltre favorire una maggiore influenza dei Parlamenti degli Stati membri nella Comunità e contribuire così al processo di democratizzazione dell’Unione.
Principio teso a garantire la ripartizione equilibrata dei poteri affidati alle istituzioni europee e il coinvolgimento diretto dei cittadini europei e dei Parlamenti nazionali al processo decisionale comunitario.
Il problema di assicurare un’effettiva applicazione del principio della legittimità democratica cominciò a porsi ai tempi della Conferenza intergovernativa del 1985 che portò all’adozione dell’Atto Unico europeo (v. AUE), soprattutto in riferimento alla necessità di procedere al rafforzamento dei poteri del Parlamento.
Le modifiche apportate in questa direzione dall’Atto Unico si sostanziarono nell’introduzione della procedura di cooperazione (v.), la quale prevede una sorta di consultazione fra Commissione, Consiglio e Parlamento, nonché nell’istituzione della procedura del parere conforme (v.), che preclude al Consiglio di deliberare qualora non si adegui al parere del Parlamento. Si trattava di un primo tentativo di inserire il Parlamento nel procedimento legislativo, anche se la sua partecipazione rimaneva comunque circoscritta rispetto a quella delle altre istituzioni comunitarie.
Già dalle prime applicazioni dell’Atto Unico ci si rese conto che l’innovazione appariva piuttosto marginale, poiché non era sufficiente a colmare il deficit democratico (v.) presente nella Comunità. Gli ipotetici vantaggi che potevano derivare dalla introduzione delle procedure di cooperazione e del parere conforme furono difatti annullati dalla tendenza da parte del Consiglio a non tener conto dei pareri del Parlamento nell’approvazione finale del testo normativo.
A ciò si aggiunga la insufficiente partecipazione dei Parlamenti nazionali alle fasi di formazione ed applicazione delle procedure legislative comunitarie.
La prima significativa opportunità per il Parlamento di inserirsi a pieno titolo nel procedimento di formazione degli atti comunitari è stata riconosciuta dal Trattato di Maastricht (v.), soprattutto attraverso l’introduzione della procedura di codecisione (v.) che ha posto sullo stesso piano Consiglio, Commissione e Parlamento e l’attribuzione di una sorta di pre-potere di iniziativa al Parlamento (v. >Iniziativa dell’iniziativa). Il rafforzamento dei poteri del Parlamento è avvenuto inoltre in tema di nomina e controllo della Commissione, riconoscendo all’assemblea la facoltà di partecipare alla nomina del suo presidente e quella di nominare il mediatore europeo (v.), abilitato a ricevere le denunce riguardanti i casi di cattiva amministrazione da parte degli organi comunitari.
Tuttavia questi sviluppi non sono bastati ad assicurare una effettiva legittimità democratica all’interno della Comunità, poiché, nonostante gli sforzi compiuti, non si garantiva la simmetria fra i poteri legislativi del Consiglio e del Parlamento, né si realizzava il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale comunitario.
Al fine di procedere ad una ripartizione più democratica dei poteri il Trattato di Amsterdam (v.) ha provveduto a sancire la quasi totale generalizzazione del campo di applicazione della procedura di codecisione, precedentemente richiesta solo per un numero limitato di casi, accrescendo notevolmente il ruolo parlamentare nell’Unione.
Le disposizioni concernenti un’informazione più tempestiva fra governi nazionali e rispettivi Parlamenti in merito alle proposte legislative della Commissione, insieme a quelle volte ad intensificare gli scambi fra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali (v. COSAC), dovrebbero inoltre favorire una maggiore influenza dei Parlamenti degli Stati membri nella Comunità e contribuire così al processo di democratizzazione dell’Unione.