Italia
Italia
Il 7 maggio 1948 si aprì all’Aja il >Congresso d’Europa (v.) nel quale si riunirono, per la prima volta, i rappresentanti di diciassette nazioni, fra cui l’Italia.
Il Congresso non prese alcuna decisione particolare essendo il suo compito limitato ad esprimere esclusivamente raccomandazioni; tuttavia esso costituì l’inizio di nuovi rapporti fra gli Stati europei. Per l’Italia la partecipazione al Congresso rappresentò una scelta di campo decisiva, dopo le elezioni politiche dello stesso anno nel corso delle quali si erano duramente fronteggiate le posizioni filo-occidentali e quelle filo-sovietiche.
Un anno più tardi l’Italia, già membro fondatore della NATO (v.), fu protagonista della nascita del >Consiglio d’Europa (v.), il cui scopo era quello di conseguire una più stretta unione fra i suoi membri attraverso la discussione di temi di comune interesse, ad esclusione di quelle inerenti la difesa.
L’Italia aderì successivamente al progetto per l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (v. CECA), partecipando ai negoziati che precedettero la stipula del trattato e che, iniziati nel giugno 1950, proseguirono fino al marzo 1951 prima di arrivare alla firma del 18 aprile.
Nel 1955 fu convocata a Messina una Conferenza (v. Conferenza di Messina) alla quale parteciparono i ministri degli affari esteri dei sei paesi membri della CECA. I ministri decisero di creare un Comitato intergovernativo con il compito di valutare le possibilità di integrazione in riferimento a particolari settori dell’economia, come i trasporti e le fonti d’energia, e tutte le misure necessarie per la realizzazione del mercato comune (v.). Da quell’incontro sarebbe venuto l’impulso decisivo per la creazione della CEE (v.) e della CEEA (v.).
I negoziati che portarono l’Italia alla firma dei due trattati si svolsero in una stagione politica particolarmente confusa e caratterizzata da un atteggiamento italiano a dir poco ambiguo. La politica italiana dell’epoca, infatti, si muoveva su due strade parallele: da un lato sembrava rimanere aderente agli interessi dei partner europei, mentre dall’altro era impegnata ad intessere strette relazioni con gli Stati Uniti nella speranza di assicurarsi un ruolo nel mercato petrolifero mediterraneo.
Il perseguimento di questa politica (detta neoatlantismo) contribuì a generare un clima di diffidenza da parte degli altri paesi e, contemporaneamente, provocò una caduta di interesse, da parte italiana, nei confronti dei negoziati antecedenti alla firma dei Trattati istitutivi della CEE e dell’EURATOM. A tale firma, comunque, si arrivò il 25 marzo 1957 nella sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio ed i due trattati furono ratificati in tempo utile per entrare in vigore il 1° gennaio dell’anno successivo.
Durante i primi anni settanta, alle gravi difficoltà economiche che colpirono anche gli altri paesi, l’Italia aggiunse la particolare situazione di crisi politica generata dal terrorismo. In un tale clima economico, politico e sociale, l’Italia registrò una seria battuta d’arresto nel programma d’integrazione ed un conseguente ripiegamento verso i problemi interni.
Nonostante queste difficoltà l’Italia partecipò nel 1972 alla creazione del serpente monetario (v.), anche se un anno dopo una fortissima ondata speculativa, che interessò soprattutto il dollaro, mise in serio pericolo le monete più deboli ed in particolare la lira, che fu costretta ad abbandonare il meccanismo di cambio.
Soltanto nella seconda metà degli anni settanta cominciò a delinearsi qualche spiraglio di miglioramento nella situazione economica europea, tanto che nell’aprile del 1978 il Consiglio europeo riprese in considerazione il problema della cooperazione monetaria, adottando il sistema monetario europeo (v. SME).
Il dibattito aperto in Parlamento sull’adesione dell’Italia al nuovo sistema monetario, provocò addirittura una crisi di governo e le conseguenti elezioni anticipate. L’Italia, comunque, pur tra numerose obiezioni e perplessità, raggiunse l’obiettivo della partecipazione, ma con la concessione di una banda di oscillazione più ampia (fino al 6%) e l’impegno di adottare quella normale del 2,25% appena fosse stato possibile, cosa che accadrà però solo nel 1990.
Un atteggiamento estremamente critico fu tenuto nei confronti dell’Atto Unico Europeo (v. AUE) cui l’Italia aderì soltanto undici giorni dopo, esprimendo polemicamente la forte insoddisfazione soprattutto per il programma di riforma istituzionale, giudicato assolutamente insufficiente, in relazione ai poteri del Parlamento europeo. L’Italia, infatti, chiedeva un maggiore equilibrio tra i poteri del Parlamento e del Consiglio ed una loro più stretta cooperazione, ma rimase inascoltata.
Al contrario la ratifica del Trattato di Maastricht (v.) non sollevò un grosso dibattito in seno alle istituzioni politiche, sociali ed economiche, nonostante l’evidente ritardo con cui l’Italia si avvicinava all’unione economica e monetaria (v. UEM). Nel corso del 1992 il paese si trovò, infatti, nel mezzo di una grave crisi economica e politica; fu proprio in quell’anno che la lira fu costretta ad uscire dallo SME, in seguito a forti pressioni speculative, e fu sempre nel 1992 che si tennero nuove elezioni politiche che non chiarirono il quadro politico nazionale sconvolto dalle inchieste di tangentopoli.
Tuttavia il 1992 rappresenterà anche l’anno della svolta nella politica economica e monetaria, con l’avvio dell’opera di risanamento finanziario da parte del governo Amato, proseguita poi con i governi Ciampi, Dini e Prodi. Il deficit di bilancio, che si aggirava nel 1992 attorno al 10-11%, fu ridotto al 3,2% nel 1997 ed al 2,7% nel 1998, l’inflazione è scesa dall’8% all’1,8% e la lira è rientrata nel 1996 nello SME. Nonostante la persistenza di un elevato debito pubblico, l’Italia è cosi riuscita a rispettare i criteri di convergenza (v.) fissati per poter aderire sin dal 1999 alla prima fase dell’euro (v.).
L’Italia è sempre stata una delle nazioni più “euroconvinte” del continente europeo; basti pensare che nel 1989 si tenne una consultazione referendaria, abbinata alle elezioni del Parlamento europeo, con la quale si proponeva l’attribuzione a quest’organo di poteri costituenti e che ben l’88% dei votanti si espresse a favore di tale soluzione. Questo entusiasmo, tuttavia, contrasta con i notevoli ritardi accumulati dal nostro paese nell’adeguarsi alle disposizioni comunitarie, sia sotto il profilo economico che normativo. Anche per questi motivi, oltre che a causa della ormai endemica instabilità politica e alla conseguente incapacità di elaborare una strategia di lungo periodo, il peso dell’Italia nell’ambito delle istituzioni europee è certamente inferiore a quello che le spetterebbe in virtù del ruolo storico, politico ed economico che riveste.
• Abitanti: 57,7 milioni
• Superficie: 301.230 km2
• Capitale: Roma
• Forma di Governo: repubblica parlamentare
• Lingua ufficiale: italiano
• Moneta: lira
• Tasso di conversione con l’euro: 1936,27
• Membro delle Comunità: dalla fondazione (1951-1957)
• Membri eletti al Parlamento Europeo: 87
• Membri della Commissione: 2 (Romano Prodi, Mario Monti)
• Membri del Comitato economico e sociale: 24
• Membri del Comitato delle Regioni: 24
• Peso dei voti in Consiglio: 10
Vedi figura.
Il 7 maggio 1948 si aprì all’Aja il >Congresso d’Europa (v.) nel quale si riunirono, per la prima volta, i rappresentanti di diciassette nazioni, fra cui l’Italia.
Il Congresso non prese alcuna decisione particolare essendo il suo compito limitato ad esprimere esclusivamente raccomandazioni; tuttavia esso costituì l’inizio di nuovi rapporti fra gli Stati europei. Per l’Italia la partecipazione al Congresso rappresentò una scelta di campo decisiva, dopo le elezioni politiche dello stesso anno nel corso delle quali si erano duramente fronteggiate le posizioni filo-occidentali e quelle filo-sovietiche.
Un anno più tardi l’Italia, già membro fondatore della NATO (v.), fu protagonista della nascita del >Consiglio d’Europa (v.), il cui scopo era quello di conseguire una più stretta unione fra i suoi membri attraverso la discussione di temi di comune interesse, ad esclusione di quelle inerenti la difesa.
L’Italia aderì successivamente al progetto per l’istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (v. CECA), partecipando ai negoziati che precedettero la stipula del trattato e che, iniziati nel giugno 1950, proseguirono fino al marzo 1951 prima di arrivare alla firma del 18 aprile.
Nel 1955 fu convocata a Messina una Conferenza (v. Conferenza di Messina) alla quale parteciparono i ministri degli affari esteri dei sei paesi membri della CECA. I ministri decisero di creare un Comitato intergovernativo con il compito di valutare le possibilità di integrazione in riferimento a particolari settori dell’economia, come i trasporti e le fonti d’energia, e tutte le misure necessarie per la realizzazione del mercato comune (v.). Da quell’incontro sarebbe venuto l’impulso decisivo per la creazione della CEE (v.) e della CEEA (v.).
I negoziati che portarono l’Italia alla firma dei due trattati si svolsero in una stagione politica particolarmente confusa e caratterizzata da un atteggiamento italiano a dir poco ambiguo. La politica italiana dell’epoca, infatti, si muoveva su due strade parallele: da un lato sembrava rimanere aderente agli interessi dei partner europei, mentre dall’altro era impegnata ad intessere strette relazioni con gli Stati Uniti nella speranza di assicurarsi un ruolo nel mercato petrolifero mediterraneo.
Il perseguimento di questa politica (detta neoatlantismo) contribuì a generare un clima di diffidenza da parte degli altri paesi e, contemporaneamente, provocò una caduta di interesse, da parte italiana, nei confronti dei negoziati antecedenti alla firma dei Trattati istitutivi della CEE e dell’EURATOM. A tale firma, comunque, si arrivò il 25 marzo 1957 nella sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio ed i due trattati furono ratificati in tempo utile per entrare in vigore il 1° gennaio dell’anno successivo.
Durante i primi anni settanta, alle gravi difficoltà economiche che colpirono anche gli altri paesi, l’Italia aggiunse la particolare situazione di crisi politica generata dal terrorismo. In un tale clima economico, politico e sociale, l’Italia registrò una seria battuta d’arresto nel programma d’integrazione ed un conseguente ripiegamento verso i problemi interni.
Nonostante queste difficoltà l’Italia partecipò nel 1972 alla creazione del serpente monetario (v.), anche se un anno dopo una fortissima ondata speculativa, che interessò soprattutto il dollaro, mise in serio pericolo le monete più deboli ed in particolare la lira, che fu costretta ad abbandonare il meccanismo di cambio.
Soltanto nella seconda metà degli anni settanta cominciò a delinearsi qualche spiraglio di miglioramento nella situazione economica europea, tanto che nell’aprile del 1978 il Consiglio europeo riprese in considerazione il problema della cooperazione monetaria, adottando il sistema monetario europeo (v. SME).
Il dibattito aperto in Parlamento sull’adesione dell’Italia al nuovo sistema monetario, provocò addirittura una crisi di governo e le conseguenti elezioni anticipate. L’Italia, comunque, pur tra numerose obiezioni e perplessità, raggiunse l’obiettivo della partecipazione, ma con la concessione di una banda di oscillazione più ampia (fino al 6%) e l’impegno di adottare quella normale del 2,25% appena fosse stato possibile, cosa che accadrà però solo nel 1990.
Un atteggiamento estremamente critico fu tenuto nei confronti dell’Atto Unico Europeo (v. AUE) cui l’Italia aderì soltanto undici giorni dopo, esprimendo polemicamente la forte insoddisfazione soprattutto per il programma di riforma istituzionale, giudicato assolutamente insufficiente, in relazione ai poteri del Parlamento europeo. L’Italia, infatti, chiedeva un maggiore equilibrio tra i poteri del Parlamento e del Consiglio ed una loro più stretta cooperazione, ma rimase inascoltata.
Al contrario la ratifica del Trattato di Maastricht (v.) non sollevò un grosso dibattito in seno alle istituzioni politiche, sociali ed economiche, nonostante l’evidente ritardo con cui l’Italia si avvicinava all’unione economica e monetaria (v. UEM). Nel corso del 1992 il paese si trovò, infatti, nel mezzo di una grave crisi economica e politica; fu proprio in quell’anno che la lira fu costretta ad uscire dallo SME, in seguito a forti pressioni speculative, e fu sempre nel 1992 che si tennero nuove elezioni politiche che non chiarirono il quadro politico nazionale sconvolto dalle inchieste di tangentopoli.
Tuttavia il 1992 rappresenterà anche l’anno della svolta nella politica economica e monetaria, con l’avvio dell’opera di risanamento finanziario da parte del governo Amato, proseguita poi con i governi Ciampi, Dini e Prodi. Il deficit di bilancio, che si aggirava nel 1992 attorno al 10-11%, fu ridotto al 3,2% nel 1997 ed al 2,7% nel 1998, l’inflazione è scesa dall’8% all’1,8% e la lira è rientrata nel 1996 nello SME. Nonostante la persistenza di un elevato debito pubblico, l’Italia è cosi riuscita a rispettare i criteri di convergenza (v.) fissati per poter aderire sin dal 1999 alla prima fase dell’euro (v.).
L’Italia è sempre stata una delle nazioni più “euroconvinte” del continente europeo; basti pensare che nel 1989 si tenne una consultazione referendaria, abbinata alle elezioni del Parlamento europeo, con la quale si proponeva l’attribuzione a quest’organo di poteri costituenti e che ben l’88% dei votanti si espresse a favore di tale soluzione. Questo entusiasmo, tuttavia, contrasta con i notevoli ritardi accumulati dal nostro paese nell’adeguarsi alle disposizioni comunitarie, sia sotto il profilo economico che normativo. Anche per questi motivi, oltre che a causa della ormai endemica instabilità politica e alla conseguente incapacità di elaborare una strategia di lungo periodo, il peso dell’Italia nell’ambito delle istituzioni europee è certamente inferiore a quello che le spetterebbe in virtù del ruolo storico, politico ed economico che riveste.
• Abitanti: 57,7 milioni
• Superficie: 301.230 km2
• Capitale: Roma
• Forma di Governo: repubblica parlamentare
• Lingua ufficiale: italiano
• Moneta: lira
• Tasso di conversione con l’euro: 1936,27
• Membro delle Comunità: dalla fondazione (1951-1957)
• Membri eletti al Parlamento Europeo: 87
• Membri della Commissione: 2 (Romano Prodi, Mario Monti)
• Membri del Comitato economico e sociale: 24
• Membri del Comitato delle Regioni: 24
• Peso dei voti in Consiglio: 10
Vedi figura.