Intese
Intese artt. 81-82 Trattato CE; Regolamento CEE 6 febbraio 1962, n. 17/62
Si definisce intesa qualunque accordo (sia esso espresso o tacito) tra due o più imprese diretto alla fissazione dei prezzi e alla spartizione del mercato o comunque all’adozione di tutte quelle pratiche che hanno lo scopo di assumere una posizione dominante (v. Abuso di posizione dominante).
Tali accordi, a norma dell’art. 81 del Trattato CE, sono incompatibili con il mercato comune (v.) qualora possano pregiudicare, in atto o in potenza, il commercio tra gli Stati membri e abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della libera concorrenza all’interno del mercato comune.
Le restrizioni alla concorrenza vietate dall’art. 81 possono derivare sia da intese concluse da imprese che operino allo stesso livello del ciclo produttivo o di commercializzazione (cd. intese orizzontali o interbrand), sia da intese concluse tra imprese che operano a livelli differenti (cd. intese verticali o intrabrand). Un esempio del primo tipo è il caso di un accordo tra produttori di un medesimo tipo di prodotto o servizio per la ripartizione dei mercati, mentre un esempio di intesa verticale è costituita da un tipo di accordo di distribuzione (v.) esclusiva tra il produttore ed il distributore.
La stessa norma, con elencazione non tassativa, specifica che sono vietate le intese consistenti nel:
— fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione. In questo caso si deve procedere ad una duplice analisi: quella sull’oggetto mira a valutare in astratto la funzione di un’intesa nel contesto cui s’inserisce, mentre l’analisi sugli effetti mira a stabilire se un’intesa che non ha carattere anticompetitivo, sia comunque idonea a restringere, falsare od impedire in modo sensibile la concorrenza nel mercato comune. È ovvio che gli effetti prodotti sul mercato comune devono comunque essere rilevanti e non minimi (regola del cd. de minimis);
— limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
— ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
— applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
— subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per la loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
L’elusione di detti divieti viene sanzionata con la nullità assoluta e conseguente condanna al versamento di un’ammenda.
Esiste tuttavia la possibilità di concedere delle esenzioni, subordinate al previo accertamento, da parte della Commissione delle Comunità europee, di determinate condizioni, elencate all’art. 81, par. 3: queste eccezioni si giustificano con la considerazione che, in alcuni casi, le intese possono procurare specifici vantaggi al mercato.
È prevista una procedura in base alla quale le imprese possono chiedere alla Commissione di dichiarare che essa, sulla scorta degli elementi di cui è in possesso, non ha motivo di intervenire sulla base dell’art. 81: si tratta delle cd. attestazioni negative (v.), che possono essere individuali o per categoria, a condizione che l’accordo sia stato notificato alla Commissione.
Si definisce intesa qualunque accordo (sia esso espresso o tacito) tra due o più imprese diretto alla fissazione dei prezzi e alla spartizione del mercato o comunque all’adozione di tutte quelle pratiche che hanno lo scopo di assumere una posizione dominante (v. Abuso di posizione dominante).
Tali accordi, a norma dell’art. 81 del Trattato CE, sono incompatibili con il mercato comune (v.) qualora possano pregiudicare, in atto o in potenza, il commercio tra gli Stati membri e abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della libera concorrenza all’interno del mercato comune.
Le restrizioni alla concorrenza vietate dall’art. 81 possono derivare sia da intese concluse da imprese che operino allo stesso livello del ciclo produttivo o di commercializzazione (cd. intese orizzontali o interbrand), sia da intese concluse tra imprese che operano a livelli differenti (cd. intese verticali o intrabrand). Un esempio del primo tipo è il caso di un accordo tra produttori di un medesimo tipo di prodotto o servizio per la ripartizione dei mercati, mentre un esempio di intesa verticale è costituita da un tipo di accordo di distribuzione (v.) esclusiva tra il produttore ed il distributore.
La stessa norma, con elencazione non tassativa, specifica che sono vietate le intese consistenti nel:
— fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione. In questo caso si deve procedere ad una duplice analisi: quella sull’oggetto mira a valutare in astratto la funzione di un’intesa nel contesto cui s’inserisce, mentre l’analisi sugli effetti mira a stabilire se un’intesa che non ha carattere anticompetitivo, sia comunque idonea a restringere, falsare od impedire in modo sensibile la concorrenza nel mercato comune. È ovvio che gli effetti prodotti sul mercato comune devono comunque essere rilevanti e non minimi (regola del cd. de minimis);
— limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;
— ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
— applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
— subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per la loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.
L’elusione di detti divieti viene sanzionata con la nullità assoluta e conseguente condanna al versamento di un’ammenda.
Esiste tuttavia la possibilità di concedere delle esenzioni, subordinate al previo accertamento, da parte della Commissione delle Comunità europee, di determinate condizioni, elencate all’art. 81, par. 3: queste eccezioni si giustificano con la considerazione che, in alcuni casi, le intese possono procurare specifici vantaggi al mercato.
È prevista una procedura in base alla quale le imprese possono chiedere alla Commissione di dichiarare che essa, sulla scorta degli elementi di cui è in possesso, non ha motivo di intervenire sulla base dell’art. 81: si tratta delle cd. attestazioni negative (v.), che possono essere individuali o per categoria, a condizione che l’accordo sia stato notificato alla Commissione.