Dichiarazione comune e accordo interistituzionale
Dichiarazione comune e accordo interistituzionale
Si tratta di atti atipici (v.) adottati congiuntamente dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo.
Nonostante la diversa qualificazione che talvolta viene attribuita a questi atti è possibile distinguere tra:
— accordi interistituzionali, che in genere stabiliscono regole di comportamento e procedure di cooperazione al fine di evitare l’insorgere di conflitti di attribuzione in determinati settori; è ad esempio il caso degli accordi adottati nel 1988, nel 1993 e nel 1999 relativamente alla disciplina del bilancio comunitario (v.);
— dichiarazioni comuni, che in genere rappresentano delle solenni affermazioni di principio da parte delle istituzioni comunitarie, spesso volte a colmare lacune dei trattati istitutivi delle Comunità europee; è questo il caso della dichiarazione del 5 aprile 1977 sul rispetto dei diritti umani (v.) in ambito comunitario o la dichiarazione dell’11 giugno 1986 sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (v.).
Il fondamento giuridico di tali atti viene generalmente ricondotto all’articolo 10 del trattato istitutivo della Comunità europea, laddove si impone un generico obbligo di cooperazione per il raggiungimento dei fini stabiliti dal trattato; pur facendo tale articolo esplicito riferimento agli Stati membri, la Corte di Giustizia ha ritenuto (Grecia c. Consiglio, causa 204/86) che un obbligo di lealtà e cooperazione reciproca deve essere riconducibile anche alle istituzioni comunitarie. D’altra parte non mancano disposizioni che più esplicitamente impongono tale dovere di collaborazione, come l’articolo 193 con il quale si demanda alle tre istituzioni il compito di stabilire le procedure per l’esercizio del diritto d’inchiesta.
Pur rappresentando atti di natura eminentemente politica, alle dichiarazioni comuni e agli accordi interistituzionali possono comunque attribuirsi alcuni effetti giuridici, derivanti proprio dal fatto che il fondamento di tali atti viene ricondotto alle disposizioni dei trattati istitutivi. In particolare:
— non possono mai alterare la ripartizione di competenze esplicitamente stabilita dal trattato;
— sono comunque soggetti a tutte le procedure di controllo previste dai trattati, incluso il giudizio di legittimità della Corte di Giustizia delle Comunità;
— obblighi chiari e incondizionati previsti da dichiarazioni comuni o da accordi interistituzionali non possono essere disattesi da successive disposizioni comunitarie; se ciò si verificasse potrebbero essere annullati.
Si tratta di atti atipici (v.) adottati congiuntamente dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo.
Nonostante la diversa qualificazione che talvolta viene attribuita a questi atti è possibile distinguere tra:
— accordi interistituzionali, che in genere stabiliscono regole di comportamento e procedure di cooperazione al fine di evitare l’insorgere di conflitti di attribuzione in determinati settori; è ad esempio il caso degli accordi adottati nel 1988, nel 1993 e nel 1999 relativamente alla disciplina del bilancio comunitario (v.);
— dichiarazioni comuni, che in genere rappresentano delle solenni affermazioni di principio da parte delle istituzioni comunitarie, spesso volte a colmare lacune dei trattati istitutivi delle Comunità europee; è questo il caso della dichiarazione del 5 aprile 1977 sul rispetto dei diritti umani (v.) in ambito comunitario o la dichiarazione dell’11 giugno 1986 sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (v.).
Il fondamento giuridico di tali atti viene generalmente ricondotto all’articolo 10 del trattato istitutivo della Comunità europea, laddove si impone un generico obbligo di cooperazione per il raggiungimento dei fini stabiliti dal trattato; pur facendo tale articolo esplicito riferimento agli Stati membri, la Corte di Giustizia ha ritenuto (Grecia c. Consiglio, causa 204/86) che un obbligo di lealtà e cooperazione reciproca deve essere riconducibile anche alle istituzioni comunitarie. D’altra parte non mancano disposizioni che più esplicitamente impongono tale dovere di collaborazione, come l’articolo 193 con il quale si demanda alle tre istituzioni il compito di stabilire le procedure per l’esercizio del diritto d’inchiesta.
Pur rappresentando atti di natura eminentemente politica, alle dichiarazioni comuni e agli accordi interistituzionali possono comunque attribuirsi alcuni effetti giuridici, derivanti proprio dal fatto che il fondamento di tali atti viene ricondotto alle disposizioni dei trattati istitutivi. In particolare:
— non possono mai alterare la ripartizione di competenze esplicitamente stabilita dal trattato;
— sono comunque soggetti a tutte le procedure di controllo previste dai trattati, incluso il giudizio di legittimità della Corte di Giustizia delle Comunità;
— obblighi chiari e incondizionati previsti da dichiarazioni comuni o da accordi interistituzionali non possono essere disattesi da successive disposizioni comunitarie; se ciò si verificasse potrebbero essere annullati.