Dialogo sociale
Dialogo sociale artt. 138-139 Trattato CE
Espressione con la quale si suole definire gli incontri fra i rappresentati dell’imprenditoria e i lavoratori (v. Parti sociali) a livello europeo.
Sebbene il termine sia stato introdotto per la prima volta dall’Atto Unico Europeo (v. AUE), all’art. 139, e interiormente definito dall’art. 3 del Protocollo sulla politica sociale (v.), il primo tentativo di far incontrare le parti sociali a livello europeo risale agli anni ’70 con la creazione del Comitato permanente per i problemi dell’occupazione. Questo tentativo, però, fallì per la poca disponibilità al compromesso sia dei raggruppamenti d’interessi sia dei rappresentanti comunitari.
Tuttavia, è con gli incontri di Val Duchesse (iniziati nel 1985) che viene avviata una efficace politica per sviluppare il dialogo sociale.
A Val Duchesse si incontrarono i rappresentanti delle confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro (v. UNICE), del Centro europeo dell’impresa pubblica (v. CEEP) e della Confederazione europea dei sindacati (v. CES).
Si trattò essenzialmente di uno scambio di opinioni tra le parti sociali promosso dall’autorità comunitaria per la ricerca di posizioni convergenti su argomenti di interesse comune.
Le risoluzioni finali di tali incontri si configurarono in pareri comuni (v.), terminologia voluta dalle stesse parti proprio per indicare che la convergenza delle volontà si è realizzata su una opinione e non su una vera e propria regola.
Tuttavia queste esperienze di dialogo sociale vennero considerate estremamente deludenti, dal momento che le intese raggiunte dalle parti non riuscirono a rappresentare un adeguato punto di riferimento per gli attori nazionali.
Nel frattempo intervenne l’Atto Unico Europeo che enfatizzò le potenzialità del metodo del dialogo sociale, introducendo l’art. 139 nel Trattato CE. Con tale articolo la Commissione assunse il compito di promuovere il dialogo fra le parti sociali a livello europeo e, previo il consenso delle parti stesse, venneintrodotta la possibilità che tale dialogo conducesse a vere e proprie relazioni basate su accordi collettivi.
Una maggiore valorizzazione del ruolo delle parti sociali si è realizzata con il Protocollo sulla politica sociale di Maastricht, che istituzionalizzava il dialogo fra le parti sociali a livello comunitario.
Il Trattato di Amsterdam (v.) ha modificato espressamente il Trattato CE in materia di politica sociale (v.) inglobandovi di fatto i contenuti del protocollo di Maastricht.
Il dialogo sociale a livello europeo comprende le discussioni fra le parti sociali europee, le loro azioni congiunte e i loro eventuali negoziati, nonché le discussioni fra le parti sociali e le istituzioni comunitarie.
Si svolge sia a livello interprofessionale che settoriale e prende in considerazione questioni concernenti l’occupazione nell’Unione, i problemi dell’istruzione e della formazione, l’organizzazione del mercato del lavoro e l’orientamento delle politiche comuni, consentendo di raggiungere pareri comuni indirizzati alle istituzioni comunitarie.
Nel settore interprofessionale la Commissione promuove una consultazione sistematica delle parti sociali su tutte le tematiche maggiormente rilevanti di politica economica e sociale. I comitati consultivi interprofessionali, pertanto, sono stati creati con il preciso compito di consigliare la Commissione sulla scelta ed attuazione di politiche specifiche.
A livello settoriale, invece, quali strutture di dialogo, sono nati dieci comitati paritetici (CP) e dieci gruppi di lavoro informali (GTI). Tali strutture hanno fornito, fino ad ora, un centinaio di pareri sulle proposte della Comunità aventi particolari riflessi sociali nelle rispettive competenze.
Sempre in campo settoriale, la Commissione ha inteso incentivare il dialogo sociale estendendolo progressivamente a nuovi settori di attività. Così, in base alla decisione del 20 maggio 1998, la Commissione ha istituito i comitati di dialogo settoriale “nei settori in cui le parti sociali presentino richiesta congiunta di partecipare ad un dialogo a livello europeo”. Le due parti sociali dei settori interessati devono: essere collegate a specifici settori o categorie e disporre di una organizzazione a livello europeo; essere composte da organizzazioni che formino parte integrante delle strutture delle parti sociali degli Stati membri; essere abilitate a negoziare accordi ed essere rappresentative in più Stati membri. Tali comitati dovranno sostituire i comitati paritetici.
Espressione con la quale si suole definire gli incontri fra i rappresentati dell’imprenditoria e i lavoratori (v. Parti sociali) a livello europeo.
Sebbene il termine sia stato introdotto per la prima volta dall’Atto Unico Europeo (v. AUE), all’art. 139, e interiormente definito dall’art. 3 del Protocollo sulla politica sociale (v.), il primo tentativo di far incontrare le parti sociali a livello europeo risale agli anni ’70 con la creazione del Comitato permanente per i problemi dell’occupazione. Questo tentativo, però, fallì per la poca disponibilità al compromesso sia dei raggruppamenti d’interessi sia dei rappresentanti comunitari.
Tuttavia, è con gli incontri di Val Duchesse (iniziati nel 1985) che viene avviata una efficace politica per sviluppare il dialogo sociale.
A Val Duchesse si incontrarono i rappresentanti delle confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro (v. UNICE), del Centro europeo dell’impresa pubblica (v. CEEP) e della Confederazione europea dei sindacati (v. CES).
Si trattò essenzialmente di uno scambio di opinioni tra le parti sociali promosso dall’autorità comunitaria per la ricerca di posizioni convergenti su argomenti di interesse comune.
Le risoluzioni finali di tali incontri si configurarono in pareri comuni (v.), terminologia voluta dalle stesse parti proprio per indicare che la convergenza delle volontà si è realizzata su una opinione e non su una vera e propria regola.
Tuttavia queste esperienze di dialogo sociale vennero considerate estremamente deludenti, dal momento che le intese raggiunte dalle parti non riuscirono a rappresentare un adeguato punto di riferimento per gli attori nazionali.
Nel frattempo intervenne l’Atto Unico Europeo che enfatizzò le potenzialità del metodo del dialogo sociale, introducendo l’art. 139 nel Trattato CE. Con tale articolo la Commissione assunse il compito di promuovere il dialogo fra le parti sociali a livello europeo e, previo il consenso delle parti stesse, venneintrodotta la possibilità che tale dialogo conducesse a vere e proprie relazioni basate su accordi collettivi.
Una maggiore valorizzazione del ruolo delle parti sociali si è realizzata con il Protocollo sulla politica sociale di Maastricht, che istituzionalizzava il dialogo fra le parti sociali a livello comunitario.
Il Trattato di Amsterdam (v.) ha modificato espressamente il Trattato CE in materia di politica sociale (v.) inglobandovi di fatto i contenuti del protocollo di Maastricht.
Il dialogo sociale a livello europeo comprende le discussioni fra le parti sociali europee, le loro azioni congiunte e i loro eventuali negoziati, nonché le discussioni fra le parti sociali e le istituzioni comunitarie.
Si svolge sia a livello interprofessionale che settoriale e prende in considerazione questioni concernenti l’occupazione nell’Unione, i problemi dell’istruzione e della formazione, l’organizzazione del mercato del lavoro e l’orientamento delle politiche comuni, consentendo di raggiungere pareri comuni indirizzati alle istituzioni comunitarie.
Nel settore interprofessionale la Commissione promuove una consultazione sistematica delle parti sociali su tutte le tematiche maggiormente rilevanti di politica economica e sociale. I comitati consultivi interprofessionali, pertanto, sono stati creati con il preciso compito di consigliare la Commissione sulla scelta ed attuazione di politiche specifiche.
A livello settoriale, invece, quali strutture di dialogo, sono nati dieci comitati paritetici (CP) e dieci gruppi di lavoro informali (GTI). Tali strutture hanno fornito, fino ad ora, un centinaio di pareri sulle proposte della Comunità aventi particolari riflessi sociali nelle rispettive competenze.
Sempre in campo settoriale, la Commissione ha inteso incentivare il dialogo sociale estendendolo progressivamente a nuovi settori di attività. Così, in base alla decisione del 20 maggio 1998, la Commissione ha istituito i comitati di dialogo settoriale “nei settori in cui le parti sociali presentino richiesta congiunta di partecipare ad un dialogo a livello europeo”. Le due parti sociali dei settori interessati devono: essere collegate a specifici settori o categorie e disporre di una organizzazione a livello europeo; essere composte da organizzazioni che formino parte integrante delle strutture delle parti sociali degli Stati membri; essere abilitate a negoziare accordi ed essere rappresentative in più Stati membri. Tali comitati dovranno sostituire i comitati paritetici.