Costa c. Enel
Costa c. Enel Sentenza 15 luglio 1964, causa C 6/64
Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee che ha affermato, per la prima volta, il principio del primato del diritto comunitario (v.) sul diritto nazionale in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità tra le norme dei due diversi ordinamenti.
La causa fu sollevata dall’avvocato Costa che, ritenendosi leso dalla nazionalizzazione dei mezzi di produzione e di distribuzione dell’energia elettrica in Italia, si rifiutò di pagare un’esigua bolletta alla nuova impresa (ENEL) sostenendo che la legge di nazionalizzazione era contraria ad alcune disposizioni del Trattato di Roma. Il giudice conciliatore dinanzi al quale fu portata la causa, ritenne di doversi rivolgere alla Corte di Giustizia. Nel frattempo la Corte costituzionale italiana intervenendo in merito alla legge istitutiva dell’ENEL (sent. n. 14, 24 febbraio 1964), affermava che, poiché i trattati comunitari erano stati ratificati con una legge ordinaria, questi trattati non sfuggivano ai comuni principi sulla successione tra leggi e, quindi, potevano essere abrogati o modificati da norme interne successive. A questa sentenza si appellava il governo italiano contro la ricevibilità del rinvio pregiudiziale (v.) alla Corte di Giustizia operato dal giudice conciliatore il quale avrebbe dovuto, secondo il nostro ordinamento, applicare la legge italiana anche se contraria a norme di un Trattato internazionale.
La posizione della Corte di Giustizia fu nettamente diversa. Quest’ultima infatti affermò che:
— con l’istituzione della Comunità gli Stati membri hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi;
— tale limitazione di sovranità ha come corollario l’impossibilità per gli Stati di far prevalere contro tale ordinamento un provvedimento unilaterale ulteriore; se ciò accadesse sarebbe scosso lo stesso fondamento giuridico della Comunità.
Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee che ha affermato, per la prima volta, il principio del primato del diritto comunitario (v.) sul diritto nazionale in caso di conflitto, di contraddizione o di incompatibilità tra le norme dei due diversi ordinamenti.
La causa fu sollevata dall’avvocato Costa che, ritenendosi leso dalla nazionalizzazione dei mezzi di produzione e di distribuzione dell’energia elettrica in Italia, si rifiutò di pagare un’esigua bolletta alla nuova impresa (ENEL) sostenendo che la legge di nazionalizzazione era contraria ad alcune disposizioni del Trattato di Roma. Il giudice conciliatore dinanzi al quale fu portata la causa, ritenne di doversi rivolgere alla Corte di Giustizia. Nel frattempo la Corte costituzionale italiana intervenendo in merito alla legge istitutiva dell’ENEL (sent. n. 14, 24 febbraio 1964), affermava che, poiché i trattati comunitari erano stati ratificati con una legge ordinaria, questi trattati non sfuggivano ai comuni principi sulla successione tra leggi e, quindi, potevano essere abrogati o modificati da norme interne successive. A questa sentenza si appellava il governo italiano contro la ricevibilità del rinvio pregiudiziale (v.) alla Corte di Giustizia operato dal giudice conciliatore il quale avrebbe dovuto, secondo il nostro ordinamento, applicare la legge italiana anche se contraria a norme di un Trattato internazionale.
La posizione della Corte di Giustizia fu nettamente diversa. Quest’ultima infatti affermò che:
— con l’istituzione della Comunità gli Stati membri hanno limitato, sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi;
— tale limitazione di sovranità ha come corollario l’impossibilità per gli Stati di far prevalere contro tale ordinamento un provvedimento unilaterale ulteriore; se ciò accadesse sarebbe scosso lo stesso fondamento giuridico della Comunità.