Confederalisti
Confederalisti
Si tratta di una delle correnti di pensiero che si sono confrontate nel corso degli anni nel dibattito relativo all’assetto da dare al processo di integrazione europea, in particolare per quanto riguarda i rapporti che dovevano instaurarsi tra gli organismi comuni e quelli dei singoli Stati membri; la visione confederalista viene generalmente contrapposta a quella dei funzionalisti (v.) e dei federalisti (v.).
Nell’ottica dei confederalisti la cooperazione in ambito europeo doveva ricalcare sostanzialmente un modello di cooperazione intergovernativa (v.), che lasciasse intatte tutte le prerogative sovrane dei singoli Stati aderenti. Questi ultimi, infatti, pur potendo attribuire, anche in via esclusiva, determinate competenze ad un organismo confederale e rinunciare di fatto alla propria sovranità in determinate materie, restano comunque i soli legittimati ad esprimere la volontà comune e a determinare, di comune accordo, l’indirizzo da imprimere al processo di cooperazione.
Alla concezione confederalista sono sottesi due importanti corollari:
— in primo luogo la collaborazione tra gli Stati deve instaurarsi e può proseguire soltanto se tra i membri vi è una volontà comune, rendendo di fatto indispensabile l’unanimità (v.) dei consensi;
— in secondo luogo gli organismi comuni che vengono istituiti dagli Stati membri devono avere come unico compito quello di gestire le politiche comuni, esulando dalle loro prerogative la possibilità di svolgere attività indipendenti senza l’avallo dei paesi aderenti.
La tesi di una costruzione europea di tipo confederale fu propugnata soprattutto da Winston Churchill e da Charles De Gaulle. I britannici non hanno mai nascosto il loro timore di una eccessiva autonomia delle istituzioni comunitarie rispetto alla politica perseguita dagli Stati membri; per questo motivo si rifiutarono di aderire inizialmente alle Comunità e anche dopo hanno sempre tenuto un atteggiamento estremamente critico. Per il Presidente francese, sempre fedele all’idea di un’Europa delle patrie (v.), la preminenza della volontà degli Stati membri rispetto a quella degli organismi comunitari è stata una costante di tutto il periodo in cui rimase in carica e fu alla base della cd. crisi della sedia vuota (v.)
Si tratta di una delle correnti di pensiero che si sono confrontate nel corso degli anni nel dibattito relativo all’assetto da dare al processo di integrazione europea, in particolare per quanto riguarda i rapporti che dovevano instaurarsi tra gli organismi comuni e quelli dei singoli Stati membri; la visione confederalista viene generalmente contrapposta a quella dei funzionalisti (v.) e dei federalisti (v.).
Nell’ottica dei confederalisti la cooperazione in ambito europeo doveva ricalcare sostanzialmente un modello di cooperazione intergovernativa (v.), che lasciasse intatte tutte le prerogative sovrane dei singoli Stati aderenti. Questi ultimi, infatti, pur potendo attribuire, anche in via esclusiva, determinate competenze ad un organismo confederale e rinunciare di fatto alla propria sovranità in determinate materie, restano comunque i soli legittimati ad esprimere la volontà comune e a determinare, di comune accordo, l’indirizzo da imprimere al processo di cooperazione.
Alla concezione confederalista sono sottesi due importanti corollari:
— in primo luogo la collaborazione tra gli Stati deve instaurarsi e può proseguire soltanto se tra i membri vi è una volontà comune, rendendo di fatto indispensabile l’unanimità (v.) dei consensi;
— in secondo luogo gli organismi comuni che vengono istituiti dagli Stati membri devono avere come unico compito quello di gestire le politiche comuni, esulando dalle loro prerogative la possibilità di svolgere attività indipendenti senza l’avallo dei paesi aderenti.
La tesi di una costruzione europea di tipo confederale fu propugnata soprattutto da Winston Churchill e da Charles De Gaulle. I britannici non hanno mai nascosto il loro timore di una eccessiva autonomia delle istituzioni comunitarie rispetto alla politica perseguita dagli Stati membri; per questo motivo si rifiutarono di aderire inizialmente alle Comunità e anche dopo hanno sempre tenuto un atteggiamento estremamente critico. Per il Presidente francese, sempre fedele all’idea di un’Europa delle patrie (v.), la preminenza della volontà degli Stati membri rispetto a quella degli organismi comunitari è stata una costante di tutto il periodo in cui rimase in carica e fu alla base della cd. crisi della sedia vuota (v.)