Compromesso di Ioannina
Compromesso di Ioannina
Raggiunto nel 1994, e modificato dalla decisione del Consiglio del 1° gennaio 1995 a seguito della mancata adesione della Norvegia, il compromesso di Ioannina stabilì il criterio di votazione in seno al >Consiglio dell’Unione europea (v.).
La questione verteva sulla cd. minoranza di blocco (v.), vale a dire il numero di voti necessari per poter impedire l’adozione di un atto da parte del Consiglio: nell’Europa dei dodici erano necessari 23 voti (76 voti complessivi - 54 voti per la maggioranza qualificata + 1) per bloccare qualunque atto per il quale era necessario la maggioranza qualificata (in pratica quasi tutti). Tale minoranza di blocco consentiva a due soli Stati grandi (con 10 voti a testa) insieme ad un altro Stato piccolo (Lussemburgo escluso) di impedire l’adozione dell’atto.
Con l’allargamento ad altri paesi era necessario procedere anche ad una modifica della minoranza di blocco che passava da 23 a 26 voti (in realtà all’epoca veniva considerata anche la Norvegia: qui riportiamo le cifre che riguardano l’Europa a 15 per semplificare il discorso): diventava così necessario mettere insieme due Stati grandi più altri due più piccoli (o in alternativa la Spagna).
Il nuovo criterio di votazione venne duramente contestato dalla Spagna, dal Regno Unito e dall’Italia, che temevano una perdita di potere in seno al Consiglio. Dopo lunghe è laboriose trattative si giunse al compromesso di Ioannina durante il quale fu deciso che “se i voti che si oppongono all’adozione dell’atto sono tra 23 e 25 il Consiglio farà tutto il possibile per raggiungere, entro un tempo ragionevole e senza pregiudicare i limiti di tempo obbligatori stabiliti dal trattato e dal diritto derivato, … una soluzione soddisfacente che possa essere adottata con almeno 65 voti”.
In pratica veniva riconfermata la maggioranza qualificata prevista dal Trattato anche se di fatto (attraverso un accordo del tutto informale) era elevata a 65 voti.
Raggiunto nel 1994, e modificato dalla decisione del Consiglio del 1° gennaio 1995 a seguito della mancata adesione della Norvegia, il compromesso di Ioannina stabilì il criterio di votazione in seno al >Consiglio dell’Unione europea (v.).
La questione verteva sulla cd. minoranza di blocco (v.), vale a dire il numero di voti necessari per poter impedire l’adozione di un atto da parte del Consiglio: nell’Europa dei dodici erano necessari 23 voti (76 voti complessivi - 54 voti per la maggioranza qualificata + 1) per bloccare qualunque atto per il quale era necessario la maggioranza qualificata (in pratica quasi tutti). Tale minoranza di blocco consentiva a due soli Stati grandi (con 10 voti a testa) insieme ad un altro Stato piccolo (Lussemburgo escluso) di impedire l’adozione dell’atto.
Con l’allargamento ad altri paesi era necessario procedere anche ad una modifica della minoranza di blocco che passava da 23 a 26 voti (in realtà all’epoca veniva considerata anche la Norvegia: qui riportiamo le cifre che riguardano l’Europa a 15 per semplificare il discorso): diventava così necessario mettere insieme due Stati grandi più altri due più piccoli (o in alternativa la Spagna).
Il nuovo criterio di votazione venne duramente contestato dalla Spagna, dal Regno Unito e dall’Italia, che temevano una perdita di potere in seno al Consiglio. Dopo lunghe è laboriose trattative si giunse al compromesso di Ioannina durante il quale fu deciso che “se i voti che si oppongono all’adozione dell’atto sono tra 23 e 25 il Consiglio farà tutto il possibile per raggiungere, entro un tempo ragionevole e senza pregiudicare i limiti di tempo obbligatori stabiliti dal trattato e dal diritto derivato, … una soluzione soddisfacente che possa essere adottata con almeno 65 voti”.
In pratica veniva riconfermata la maggioranza qualificata prevista dal Trattato anche se di fatto (attraverso un accordo del tutto informale) era elevata a 65 voti.