Azione di responsabilità extracontrattuale
Azione di responsabilità extracontrattuale artt. 235 e 288 Trattato CE
L’articolo 235 del Trattato CE dispone che la Corte di Giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni causati dalle istituzioni o dagli agenti della Comunità nell’esercizio delle loro funzioni.
L’azione in esame rientra nella funzione di controllo che la Corte svolge sulla legittimità di atti comunitari, nell’ipotesi che un atto, presumibilmente illegittimo, possa arrecare pregiudizio. Il Trattato CECA, a tal proposito opera una distinzione tra la responsabilità causata da un “errore di servizio” della Comunità e quella relativa ad un atto già annullato dalla Corte, rispetto al quale è risarcibile solo il pregiudizio diretto e specifico. Il Trattato CE, invece, non opera questa distinzione, limitandosi solo ad imporre l’obbligo di risarcimento per i danni causati dalle istituzioni o dagli agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Le condizioni per chiedere il risarcimento dei danni sono:
— l’illiceità del comportamento dell’istituzione;
— un danno effettivo;
— un nesso di causalità tra il danno ed il comportamento dell’istituzione.
Il danno deve essere individualizzato, il che non si verifica quando l’atto investe delle categorie molto ampie di operatori economici e le conseguenze risultano essere molto attenuate per i singoli. Il danno, inoltre deve essere certo ed attuale, rientrando nel novero di risarcibilità i danni materiali e morali, il danno emergente ed il lucro cessante. Si deve infine tenere conto della svalutazione monetaria successiva all’evento dannoso, nonché degli interessi moratori, che decorrono dalla sentenza di accertamento di responsabilità della Corte, calcolati con un tasso di interesse oscillante tra il 6 e l’8%.
Un aspetto di particolare rilievo riguarda il rapporto tra l’azione in esame ed il ricorso per annullamento (v.) di cui all’articolo 230 del Trattato. In una importante pronuncia, la Corte dichiarò inammissibile una domanda di risarcimento fondata sull’illegittimità di un atto di cui non era stato chiesto l’annullamento (Sentenza 15 luglio 1963, Plaumann in causa 25/62). Anche se in seguito la Corte ha rivisto le sue posizioni, considerando l’azione di risarcimento dei danni come un rimedio autonomo rispetto agli altri mezzi, sia per la funzione che per le condizioni di esercizio, essa ha sempre ribadito che è necessario evitare che l’azione di responsabilità venga utilizzata per conseguire lo stesso risultato che poteva essere raggiunto con una diversa azione.
L’articolo 235 del Trattato CE dispone che la Corte di Giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni causati dalle istituzioni o dagli agenti della Comunità nell’esercizio delle loro funzioni.
L’azione in esame rientra nella funzione di controllo che la Corte svolge sulla legittimità di atti comunitari, nell’ipotesi che un atto, presumibilmente illegittimo, possa arrecare pregiudizio. Il Trattato CECA, a tal proposito opera una distinzione tra la responsabilità causata da un “errore di servizio” della Comunità e quella relativa ad un atto già annullato dalla Corte, rispetto al quale è risarcibile solo il pregiudizio diretto e specifico. Il Trattato CE, invece, non opera questa distinzione, limitandosi solo ad imporre l’obbligo di risarcimento per i danni causati dalle istituzioni o dagli agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Le condizioni per chiedere il risarcimento dei danni sono:
— l’illiceità del comportamento dell’istituzione;
— un danno effettivo;
— un nesso di causalità tra il danno ed il comportamento dell’istituzione.
Il danno deve essere individualizzato, il che non si verifica quando l’atto investe delle categorie molto ampie di operatori economici e le conseguenze risultano essere molto attenuate per i singoli. Il danno, inoltre deve essere certo ed attuale, rientrando nel novero di risarcibilità i danni materiali e morali, il danno emergente ed il lucro cessante. Si deve infine tenere conto della svalutazione monetaria successiva all’evento dannoso, nonché degli interessi moratori, che decorrono dalla sentenza di accertamento di responsabilità della Corte, calcolati con un tasso di interesse oscillante tra il 6 e l’8%.
Un aspetto di particolare rilievo riguarda il rapporto tra l’azione in esame ed il ricorso per annullamento (v.) di cui all’articolo 230 del Trattato. In una importante pronuncia, la Corte dichiarò inammissibile una domanda di risarcimento fondata sull’illegittimità di un atto di cui non era stato chiesto l’annullamento (Sentenza 15 luglio 1963, Plaumann in causa 25/62). Anche se in seguito la Corte ha rivisto le sue posizioni, considerando l’azione di risarcimento dei danni come un rimedio autonomo rispetto agli altri mezzi, sia per la funzione che per le condizioni di esercizio, essa ha sempre ribadito che è necessario evitare che l’azione di responsabilità venga utilizzata per conseguire lo stesso risultato che poteva essere raggiunto con una diversa azione.