Asilo politico
Asilo politico artt. 61 e ss. Trattato CE
È il diritto concesso ad uno straniero di trovare rifugio nel territorio o presso una rappresentanza diplomatica di uno Stato terzo, qualora sia perseguitato o subisca discriminazioni per motivi politici, religiosi o razziali: finalità dell’istituto è quello di proteggere lo straniero e assicurargli un giudizio giusto ed equo, che non è garantito in patria.
Si può distinguere tra:
— asilo diplomatico, quando il rifugio è concesso presso una sede diplomatica dello Stato all’estero;
— asilo territoriale, quando è concesso asilo sul territorio di uno Stato.
In ambito comunitario non esistevano norme sulla politica dell’asilo che rientrava, così, nelle “questioni di interesse comune” agli Stati membri, oggetto di cooperazione intergovernativa (v.).
In questo settore il Consiglio poteva adottare, su iniziativa di qualsiasi Stato membro, azioni comuni (v.) e procedure di cooperazione per realizzare gli obiettivi dell’Unione. Su questa base giuridica il Consiglio ha adottato:
— la risoluzione sulle garanzie minime per le procedure di asilo, del 20 giugno 1995, che detta disposizioni per il rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, per assicurare il principio di “non respingimento”, le garanzie relative all’esame della domanda di asilo, delle procedure di ricorso, di revisione etc.;
— la risoluzione sulla ripartizione degli oneri tra gli Stati membri del 25 settembre 1995, riguardante l’accoglienza e il soggiorno in via temporanea degli sfollati in caso di conflitto armato, di guerra civile o anche quando queste persone hanno già lasciato il loro Stato d’origine per raggiungere uno Stato membro;
— la risoluzione sulle norme relative al trattamento dei cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni non accompagnati, con particolare riferimento alle condizioni di accoglienza, soggiorno e reimpatrio, del 26 giugno 1997.
Il Trattato di Amsterdam ha poi raccolto la necessità di una disciplina comune e vincolante in materia di asilo introducendo il Titolo IV nel Trattato CE recante “visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone” comunitarizzando (v. Comunitarizzazione), così, la materia in esame.
Questa necessità nasce dall’esigenza di tutelare il territorio comunitario (v.) provvedendo al controllo dei cittadini appartenenti a Stati terzi che richiedono asilo.
Inoltre il protocollo sull’asilo per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea (allegato al Trattato di Amsterdam), disciplina le modalità di ammissione da parte di uno Stato membro della domanda d’asilo presentata da un cittadino di un altro Stato membro.
Con questo Protocollo viene, nei fatti, preclusa ai cittadini comunitari la possibilità di richiedere asilo in un altro Stato membro se non in ipotesi eccezionali, vale a dire quando si ha:
— l’adozione, da parte dello Stato membro di cui il richiedente è cittadino, di misure che derogano nel suo territorio agli obblighi previsti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
— la violazione grave e persistente, da parte dello Stato membro di cui il richiedente è cittadino, dei diritti fondamentali dell’uomo (v. Diritti umani);
— la decisione unilaterale di uno Stato membro.
In ambito comunitario, ma al di fuori delle disposizioni del Trattato, il problema dello status dei rifugiati e della responsabilità dello Stato per l’esame della domanda d’asilo era già stato affrontato con la Convenzione di Schengen (v.) del 14 giugno 1985 agli artt. 28-38. Le disposizioni ivi contenute sono state poi superate dalle analoghe disposizioni contenute nella >Convenzione di Dublino sull’asilo (v.) del 15 giugno 1990, stabilendo, nell’ambito della Comunità europea, le procedure per l’individuazione dello Stato membro responsabile del controllo delle frontiere e competente ad esaminare la domanda di asilo, accettandola o rifiutandola.
È il diritto concesso ad uno straniero di trovare rifugio nel territorio o presso una rappresentanza diplomatica di uno Stato terzo, qualora sia perseguitato o subisca discriminazioni per motivi politici, religiosi o razziali: finalità dell’istituto è quello di proteggere lo straniero e assicurargli un giudizio giusto ed equo, che non è garantito in patria.
Si può distinguere tra:
— asilo diplomatico, quando il rifugio è concesso presso una sede diplomatica dello Stato all’estero;
— asilo territoriale, quando è concesso asilo sul territorio di uno Stato.
In ambito comunitario non esistevano norme sulla politica dell’asilo che rientrava, così, nelle “questioni di interesse comune” agli Stati membri, oggetto di cooperazione intergovernativa (v.).
In questo settore il Consiglio poteva adottare, su iniziativa di qualsiasi Stato membro, azioni comuni (v.) e procedure di cooperazione per realizzare gli obiettivi dell’Unione. Su questa base giuridica il Consiglio ha adottato:
— la risoluzione sulle garanzie minime per le procedure di asilo, del 20 giugno 1995, che detta disposizioni per il rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, per assicurare il principio di “non respingimento”, le garanzie relative all’esame della domanda di asilo, delle procedure di ricorso, di revisione etc.;
— la risoluzione sulla ripartizione degli oneri tra gli Stati membri del 25 settembre 1995, riguardante l’accoglienza e il soggiorno in via temporanea degli sfollati in caso di conflitto armato, di guerra civile o anche quando queste persone hanno già lasciato il loro Stato d’origine per raggiungere uno Stato membro;
— la risoluzione sulle norme relative al trattamento dei cittadini di paesi terzi di età inferiore ai 18 anni non accompagnati, con particolare riferimento alle condizioni di accoglienza, soggiorno e reimpatrio, del 26 giugno 1997.
Il Trattato di Amsterdam ha poi raccolto la necessità di una disciplina comune e vincolante in materia di asilo introducendo il Titolo IV nel Trattato CE recante “visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone” comunitarizzando (v. Comunitarizzazione), così, la materia in esame.
Questa necessità nasce dall’esigenza di tutelare il territorio comunitario (v.) provvedendo al controllo dei cittadini appartenenti a Stati terzi che richiedono asilo.
Inoltre il protocollo sull’asilo per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea (allegato al Trattato di Amsterdam), disciplina le modalità di ammissione da parte di uno Stato membro della domanda d’asilo presentata da un cittadino di un altro Stato membro.
Con questo Protocollo viene, nei fatti, preclusa ai cittadini comunitari la possibilità di richiedere asilo in un altro Stato membro se non in ipotesi eccezionali, vale a dire quando si ha:
— l’adozione, da parte dello Stato membro di cui il richiedente è cittadino, di misure che derogano nel suo territorio agli obblighi previsti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
— la violazione grave e persistente, da parte dello Stato membro di cui il richiedente è cittadino, dei diritti fondamentali dell’uomo (v. Diritti umani);
— la decisione unilaterale di uno Stato membro.
In ambito comunitario, ma al di fuori delle disposizioni del Trattato, il problema dello status dei rifugiati e della responsabilità dello Stato per l’esame della domanda d’asilo era già stato affrontato con la Convenzione di Schengen (v.) del 14 giugno 1985 agli artt. 28-38. Le disposizioni ivi contenute sono state poi superate dalle analoghe disposizioni contenute nella >Convenzione di Dublino sull’asilo (v.) del 15 giugno 1990, stabilendo, nell’ambito della Comunità europea, le procedure per l’individuazione dello Stato membro responsabile del controllo delle frontiere e competente ad esaminare la domanda di asilo, accettandola o rifiutandola.