Aiuti di Stato alle imprese

Aiuti di Stato alle imprese artt. 87-89 Trattato CE

Accanto alle regole applicabili alle imprese (private o pubbliche) e che mirano ad impedire che le stesse tengano comportamenti anticoncorrenziali (v. Politica della concorrenza), il trattato CE prevede anche delle norme in materia di concorrenza dirette più specificatamente agli Stati membri: si tratta degli artt. da 87 a 89, con i quali viene posto il principio della illegittimità degli aiuti pubblici alle imprese. In realtà la decisione di uno Stato di concedere ad un’impresa un aiuto ha effetti anticoncorrenziali, poichè pone l’impresa beneficiaria in una posizione di vantaggio rispetto ai concorrenti (DANIELE).
In particolare le disposizioni in materia di aiuti degli Stati alle imprese da un lato rispecchiano l’esigenza che la concorrenza non venga falsata da interventi statali, e dall’altro vengono incontro a talune esigenze strutturali della politica economica interna.
L’art. 87, di conseguenza, al paragrafo 1 dispone che in linea di principio gli aiuti degli Stati sono incompatibili col mercato comune (v.).
Ai paragrafi 2 e 3 prevede però che possano essere erogate dagli Stati, previo accordo della Commissione, determinate categorie di aiuti. Esse sono:
— gli aiuti sicuramente compatibili, come quelli destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali e quelli, a carattere sociale, concessi a singoli consumatori.
— gli aiuti che possono essere considerati compatibili, come quelli destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni meno sviluppate, o a promuovere lo sviluppo di un importante progetto di interesse europeo.
Il controllo sugli aiuti degli Stati alle imprese spetta alla Commissione.
Per i regimi di aiuti esistenti, è istituito un controllo successivo e permanente, mentre per i progetti è previsto un controllo preventivo.
In entrambi i casi, se lo Stato interessato non ottempera all’obbligo di stand still (v.), la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato, può adire direttamente la Corte di Giustizia, in deroga agli artt. 226 e 227 CE.
L’attività svolta dalla Commissione in questo settore è stata molto intensa, e si è basata su alcuni principi che la stessa ha elaborato secondo i quali gli aiuti degli Stati devono:
a) essere inquadrati in una prospettiva comunitaria;
b) rispondere a determinati criteri economici: cioè, devono rendere le imprese capaci di affrontare il mercato sulla base dei propri mezzi;
c) essere proporzionati alla gravità dei problemi da risolvere;
d) essere temporanei e cessare una volta raggiunto l’obiettivo.
In particolare, nell’applicazione pratica di tali principi, la Commissione ha individuato e disciplinato tre principali tipi di aiuti degli Stati alle imprese, e precisamente:
— gli aiuti regionali, ossia quelli che gli Stati concedono sulla base di particolari problemi relativi ad una determinata area geografica, caratterizzati dalla mancanza di specificità settoriale (il che significa che ne possono usufruire tutte le imprese che operano in quell’area, prescindendo dalle eventuali difficoltà del settore in cui operano);
— gli aiuti settoriali, ovvero quelli che gli Stati concedono in considerazione delle difficoltà di un determinato settore economico;
— gli aiuti generali, cioè quelli che sono privi di una loro specificità regionale o settoriale e che rispondono invece a necessità più generiche d’incentivazione, ovvero sono concessi a imprese in crisi.
Quest’ultima categoria di aiuti è, ovviamente, quella più “sfuggente”; infatti la Commissione li considera, in linea di principio, incompatibili col mercato comune. La Commissione ha tuttavia ammesso che si possa presentare la necessità per gli Stati di erogare aiuti di tal genere; essi possono di conseguenza essere autorizzati, ma a condizione che gli Stati ne rendano più agevole il controllo, il che può avvenire, in generale, inserendo gli aiuti generali in programmi regionali o settoriali.