Adattamento al diritto comunitario
Adattamento al diritto comunitario artt. 10 e 11 Cost.; L. 9 marzo 1989, n. 86
È il procedimento attraverso il quale il diritto comunitario (v.) entra a far parte dell’ordinamento giuridico italiano, divenendo obbligatorio alla stregua delle norme giuridiche nazionali.
La Costituzione del 1948 nulla prevede in materia, essendo stata emanata anteriormente all’istituzione delle Comunità europee (1951 e 1957), né in seguito sono state introdotte modifiche per colmare questa lacuna.
Nel nostro paese i trattati istitutivi delle Comunità europee sono stati recepiti mediante ordine di esecuzione adottato con legge ordinaria; tuttavia poiché i trattati istitutivi contengono disposizioni che potrebbero derogare a norme costituzionali (per cui la legge di ratifica potrebbe in teoria essere dichiarata costituzionalmente illegittima) secondo la dottrina e la giurisprudenza il fondamento dell’ordine di esecuzione dei trattati comunitari deve essere ricercato proprio in una norma costituzionale, in particolare l’articolo 11 che consente limitazioni di sovranità per assicurare la pace e la giustizia tra le Nazioni. Si ha come conseguenza che eventuali deroghe alle norme costituzionali poste dai trattati comunitari sarebbero autorizzate dall’articolo 11 della Costituzione, anche se ai trattati stessi è stata data esecuzione con legge ordinaria.
Per quanto riguarda l’adattamento al diritto comunitario derivato (v.) occorre distinguere tra:
— regolamenti comunitari (v.). Dal momento che questi atti sono direttamente applicabili in ciascuno Stato membro non è necessaria l’emanazione di alcun provvedimento nazionale: in altre parole l’adattamento è automatico;
— direttive (v.). Sono atti non direttamente applicabili nell’ordinamento di ciascuno Stato membro per cui, per produrre i loro effetti, è necessario riformulare il loro contenuto in atti nazionali. In Italia l’adattamento alle direttive può essere effettuato mediante l’emanazione di leggi, decreti legislativi, decreti legge o decreti ministeriali, secondo le indicazioni contenute nella legge comunitaria (v.) annualmente approvata dal Parlamento.
È il procedimento attraverso il quale il diritto comunitario (v.) entra a far parte dell’ordinamento giuridico italiano, divenendo obbligatorio alla stregua delle norme giuridiche nazionali.
La Costituzione del 1948 nulla prevede in materia, essendo stata emanata anteriormente all’istituzione delle Comunità europee (1951 e 1957), né in seguito sono state introdotte modifiche per colmare questa lacuna.
Nel nostro paese i trattati istitutivi delle Comunità europee sono stati recepiti mediante ordine di esecuzione adottato con legge ordinaria; tuttavia poiché i trattati istitutivi contengono disposizioni che potrebbero derogare a norme costituzionali (per cui la legge di ratifica potrebbe in teoria essere dichiarata costituzionalmente illegittima) secondo la dottrina e la giurisprudenza il fondamento dell’ordine di esecuzione dei trattati comunitari deve essere ricercato proprio in una norma costituzionale, in particolare l’articolo 11 che consente limitazioni di sovranità per assicurare la pace e la giustizia tra le Nazioni. Si ha come conseguenza che eventuali deroghe alle norme costituzionali poste dai trattati comunitari sarebbero autorizzate dall’articolo 11 della Costituzione, anche se ai trattati stessi è stata data esecuzione con legge ordinaria.
Per quanto riguarda l’adattamento al diritto comunitario derivato (v.) occorre distinguere tra:
— regolamenti comunitari (v.). Dal momento che questi atti sono direttamente applicabili in ciascuno Stato membro non è necessaria l’emanazione di alcun provvedimento nazionale: in altre parole l’adattamento è automatico;
— direttive (v.). Sono atti non direttamente applicabili nell’ordinamento di ciascuno Stato membro per cui, per produrre i loro effetti, è necessario riformulare il loro contenuto in atti nazionali. In Italia l’adattamento alle direttive può essere effettuato mediante l’emanazione di leggi, decreti legislativi, decreti legge o decreti ministeriali, secondo le indicazioni contenute nella legge comunitaria (v.) annualmente approvata dal Parlamento.