Utilitarismo

Utilitarismo

Termine che designa quel complesso di teorie etiche e politiche che assumono la massima utilità (o il massimo benessere, o la somma felicità) a criterio di valutazione della giustezza delle azioni. In quanto applicato sia alle azioni individuali, sia a quelle collettive, tale criterio di giustezza diviene un vero e proprio criterio di giustizia.
Tutte le teorie utilitariste sono dottrine teologiche, poiché giudicano un’azione giusta in base alle conseguenze che l’azione stessa produce.
Una importante distinzione va fatta tra (—) dell’atto e (—) della regola.
Il primo considera giusta una condotta se essa produce come conseguenza la massimizzazione dell’utilità.
Il secondo considera giusta una condotta se questa, a prescindere dalle conseguenze, è compiuta in applicazione di una regola e la regola a sua volta è giusta se è l’unica (tra le tante possibili) a produrre come conseguenza la massima utilità.
Sebbene l’identificazione del giusto con l’utile risalga ad Epicuro, il primo ad adoperare il termine (—) fu J. Bentham. Egli elaborò una teoria etica di impronta empiristica, in aperta polemica con il giusnaturalismo, che considerava la giustizia un concetto a priori conoscibile dalla ragione. Secondo il filosofo inglese, la condotta umana è governata esclusivamente dal piacere e dalla paura della pena; conseguentemente, le azioni devono essere classificate in base all’utilità che producono. Concetti come giusto, ingiusto, diritto e dovere vanno valutati non alla luce di un criterio morale di cui noi abbiamo mera intuizione, bensì sulla base della felicità che ne consegue per il maggior numero possibile di consociati.
La configurazione della formula utilità = massima felicità divisa per il maggior numero possibile di persone condusse a supporre la coincidenza (ammessa da tutto il liberalismo moderno) tra utilità pubblica e privata.
La maggiore critica rivolta all’ (—) è quella di considerare l’individuo non come entità dotata di un valore intrinseco ma come mero luogo in cui dimorano il piacere e il dolore. La costante ricerca della massima felicità (che si disinteressa della infelicità di qualcuno) rende l’uomo un semplice strumento, con la conseguenza che terrificanti violazioni di diritti individuali potrebbero essere giustificate ogniqualvolta lo esigesse l’utilità.
Sebbene proprio alle teorie utilitaristiche si debba lo sviluppo in senso garantista dei moderni sistemi penali (attraverso l’abolizione della pena di morte e l’introduzione di pene più umane), i critici tuttavia sottolineano che non vi è dubbio che sempre in base a tali teorie qualsiasi comportamento, anche aberrante ma assunto nel nome di una felicità generale, potrebbe essere considerato giusto e vincolante.