Tocqueville, Alexis de
Tocqueville, Alexis de (1805 - 1859)
Politico e storico francese. Dopo la laurea, intraprese la carriera in magistratura (1827). Tra il 1831 e il 1832 compì un viaggio negli Stati Uniti, per effettuare uno studio sul sistema penitenziario americano. Tale esperienza sarà alla base della sua opera principale, La democrazia in America (uscita in due volumi: nel 1835 e nel 1840). Deputato dal 1839, membro dell’Assemblea costituente nel 1848, divenne ministro degli Esteri l’anno successivo. Dopo il colpo di Stato di Luigi Napoleone (1851), fu internato per un breve periodo, quindi si ritirò a vita privata, dedicandosi alla stesura de L’antico regime e la rivoluzione (1856).
La democrazia in America, probabilmente l’opera politica più importante del XIX secolo, ebbe un fortissimo impatto sulla società francese (ed europea) dell’epoca. Ancora oggi sorprendono le capacità analitiche dimostrate da (—) nei confronti della civiltà americana e del suo sistema politico, l’acutezza dei giudizi, le doti profetiche.
Il punto di partenza di (—) è la convinzione che l’America rappresenti un modello per tutte le società avanzate, e che sia dunque possibile prevenire i pericoli della democrazia, facendo tesoro dello sviluppo del sistema politico americano. Il rischio principale risiede nell’anarchia che potrebbe derivare da una democrazia senza libertà. (—) studia l’America liberale durante la presidenza Jackson (1829-1837), individuando nella democrazia americana la perfetta conciliazione di libertà ed eguaglianza. (—) ritiene la democrazia un fenomeno ineluttabile, anche sullo scenario europeo: in tal senso l’America poteva costituire un esempio.
(—) denuncia, però, i pericoli delle società democratiche, nelle quali l’egualitarismo delle condizioni può scivolare verso il conformismo sociale e nell’egoismo individualistico. (—) sottolinea il pericolo che può derivare alle democrazie dalla tirannia della maggioranza. A tal fine egli individua alcuni possibili «antidoti»: la libertà della stampa, l’indipendenza della magistratura, il decentramento amministrativo.
(—) è stato, in effetti, il primo studioso a porre in risalto l’importanza della stampa e l’influenza rilevante che essa esercita sulla formazione dell’opinione pubblica.
Ne L’antico regime e la rivoluzione, che lasciò incompiuto, (—) interpretò la rivoluzione francese come il risultato di cambiamenti graduali nella struttura del governo. Egli pone una sostanziale continuità tra l’ancien régime e la rivoluzione francese, in virtù della politica centralizzatrice operata dalla monarchia assoluta, esasperata poi dalla rivoluzione. Per (—) la causa della rivoluzione era da ricercarsi nella stessa monarchia assoluta che, avendo indebolito i corpi intermedi, la nobiltà, i parlamenti, aveva posto le condizioni stesse per una profonda rivolta sociale.
Osservatore acuto della realtà politica del suo tempo, (—) è stato, probabilmente, il primo politologo contemporaneo. Basterebbe la pagina de La democrazia in America, nella quale profetizza la divisione del mondo tra Russia e Stati Uniti, per riservargli un posto d’onore nella storia del pensiero politico.
Politico e storico francese. Dopo la laurea, intraprese la carriera in magistratura (1827). Tra il 1831 e il 1832 compì un viaggio negli Stati Uniti, per effettuare uno studio sul sistema penitenziario americano. Tale esperienza sarà alla base della sua opera principale, La democrazia in America (uscita in due volumi: nel 1835 e nel 1840). Deputato dal 1839, membro dell’Assemblea costituente nel 1848, divenne ministro degli Esteri l’anno successivo. Dopo il colpo di Stato di Luigi Napoleone (1851), fu internato per un breve periodo, quindi si ritirò a vita privata, dedicandosi alla stesura de L’antico regime e la rivoluzione (1856).
La democrazia in America, probabilmente l’opera politica più importante del XIX secolo, ebbe un fortissimo impatto sulla società francese (ed europea) dell’epoca. Ancora oggi sorprendono le capacità analitiche dimostrate da (—) nei confronti della civiltà americana e del suo sistema politico, l’acutezza dei giudizi, le doti profetiche.
Il punto di partenza di (—) è la convinzione che l’America rappresenti un modello per tutte le società avanzate, e che sia dunque possibile prevenire i pericoli della democrazia, facendo tesoro dello sviluppo del sistema politico americano. Il rischio principale risiede nell’anarchia che potrebbe derivare da una democrazia senza libertà. (—) studia l’America liberale durante la presidenza Jackson (1829-1837), individuando nella democrazia americana la perfetta conciliazione di libertà ed eguaglianza. (—) ritiene la democrazia un fenomeno ineluttabile, anche sullo scenario europeo: in tal senso l’America poteva costituire un esempio.
(—) denuncia, però, i pericoli delle società democratiche, nelle quali l’egualitarismo delle condizioni può scivolare verso il conformismo sociale e nell’egoismo individualistico. (—) sottolinea il pericolo che può derivare alle democrazie dalla tirannia della maggioranza. A tal fine egli individua alcuni possibili «antidoti»: la libertà della stampa, l’indipendenza della magistratura, il decentramento amministrativo.
(—) è stato, in effetti, il primo studioso a porre in risalto l’importanza della stampa e l’influenza rilevante che essa esercita sulla formazione dell’opinione pubblica.
Ne L’antico regime e la rivoluzione, che lasciò incompiuto, (—) interpretò la rivoluzione francese come il risultato di cambiamenti graduali nella struttura del governo. Egli pone una sostanziale continuità tra l’ancien régime e la rivoluzione francese, in virtù della politica centralizzatrice operata dalla monarchia assoluta, esasperata poi dalla rivoluzione. Per (—) la causa della rivoluzione era da ricercarsi nella stessa monarchia assoluta che, avendo indebolito i corpi intermedi, la nobiltà, i parlamenti, aveva posto le condizioni stesse per una profonda rivolta sociale.
Osservatore acuto della realtà politica del suo tempo, (—) è stato, probabilmente, il primo politologo contemporaneo. Basterebbe la pagina de La democrazia in America, nella quale profetizza la divisione del mondo tra Russia e Stati Uniti, per riservargli un posto d’onore nella storia del pensiero politico.