Sistema sociale
Sistema sociale
Complesso delle relazioni che si stabiliscono tra gli individui e i gruppi [vedi Gruppo sociale] che compongono la società.
Lo studio della società come sistema ebbe inizio ad opera dei filosofi razionalisti del Seicento. T. Hobbes, ad esempio, concepì la società come un tutto governato da leggi meccanicistiche in cui l’equilibrio tra le varie componenti (individui e gruppi) è assicurato dalla loro continua attrazione e repulsione.
A. Comte (1798-1857), al fine di evidenziare la struttura unitaria della società, la concepì come un «organismo sociale» che, al pari di un organismo animale, è regolato da leggi naturali non modificabili dalla volontà del singolo individuo.
Anche K. Marx considerò la società come una totalità, nella quale le singole componenti (forze produttive, rapporti di produzione, rapporti giuridici, struttura di classe ecc.) sono tra loro strettamente dipendenti.
Per T. Parsons (1902-1979) la società è un sistema di ruoli intrinsecamente in equilibrio. I fattori di mutamento sono sempre e soltanto esterni (ad es. innovazioni tecnologiche e scientifiche, variazioni demografiche, nuovi ideali religiosi, politici ecc.) e le modifiche che direttamente apportano a singole componenti della società si ripercuotono inevitabilmente in tutto il sistema.
Opposta alla teoria di Parsons è la concezione della società come sistema che sopravvive non perché è attenta a preservare il proprio equilibrio ma in quanto è capace di reagire alle spinte esterne e di prevedere adeguati strumenti di regolamentazione.
Infine, P.A. Sorokin (1889-1968) individuò nelle norme giuridiche, che configurano e istituzionalizzano i rapporti tra i consociati, lo strumento attraverso cui la società si consolida in sistema.
Complesso delle relazioni che si stabiliscono tra gli individui e i gruppi [vedi Gruppo sociale] che compongono la società.
Lo studio della società come sistema ebbe inizio ad opera dei filosofi razionalisti del Seicento. T. Hobbes, ad esempio, concepì la società come un tutto governato da leggi meccanicistiche in cui l’equilibrio tra le varie componenti (individui e gruppi) è assicurato dalla loro continua attrazione e repulsione.
A. Comte (1798-1857), al fine di evidenziare la struttura unitaria della società, la concepì come un «organismo sociale» che, al pari di un organismo animale, è regolato da leggi naturali non modificabili dalla volontà del singolo individuo.
Anche K. Marx considerò la società come una totalità, nella quale le singole componenti (forze produttive, rapporti di produzione, rapporti giuridici, struttura di classe ecc.) sono tra loro strettamente dipendenti.
Per T. Parsons (1902-1979) la società è un sistema di ruoli intrinsecamente in equilibrio. I fattori di mutamento sono sempre e soltanto esterni (ad es. innovazioni tecnologiche e scientifiche, variazioni demografiche, nuovi ideali religiosi, politici ecc.) e le modifiche che direttamente apportano a singole componenti della società si ripercuotono inevitabilmente in tutto il sistema.
Opposta alla teoria di Parsons è la concezione della società come sistema che sopravvive non perché è attenta a preservare il proprio equilibrio ma in quanto è capace di reagire alle spinte esterne e di prevedere adeguati strumenti di regolamentazione.
Infine, P.A. Sorokin (1889-1968) individuò nelle norme giuridiche, che configurano e istituzionalizzano i rapporti tra i consociati, lo strumento attraverso cui la società si consolida in sistema.