Ross, Alf
Ross, Alf (1899-1979)
Filosofo del diritto e giurista danese. Esponente del realismo giuridico.
Si formò alla scuola viennese di H. Kelsen. L’influenza di quest’ultimo sul pensiero di (—) si evidenzia nell’opera più famosa del filosofo danese, Diritto e giustizia (1953) in cui egli operò una eccellente sintesi tra normativismo e realismo giuridico, nell’ambito di una scienza giuridica rigorosamente neo-empiristica. Quest’ultima, per (—), si compone esclusivamente di previsioni concretamente verificabili, riguardanti il comportamento futuro dei giudici nei tribunali. A differenza della politica del diritto, la scienza giuridica non esprime, secondo (—) prescrizioni tendenti a condizionare il comportamento delle corti.
Notevole fu il contributo dato da (—) anche alla logica giuridica. In La definizione nel linguaggio giuridico (1958) egli affermò che i concetti giuridici sistematici (come ad es. «proprietà», «negozio giuridico») sono privi di valore significante, essendo meri strumenti di espressione delle relazioni esistenti tra più norme giuridiche.
In Imperativi e logica (1941) sostenne la possibilità di sottoporre la logica ad un’interpretazione psicologica e in Direttive e norme (1968) considerò con favore l’applicabilità della logica agli enunciati normativi in genere e giuridici in particolare.
Filosofo del diritto e giurista danese. Esponente del realismo giuridico.
Si formò alla scuola viennese di H. Kelsen. L’influenza di quest’ultimo sul pensiero di (—) si evidenzia nell’opera più famosa del filosofo danese, Diritto e giustizia (1953) in cui egli operò una eccellente sintesi tra normativismo e realismo giuridico, nell’ambito di una scienza giuridica rigorosamente neo-empiristica. Quest’ultima, per (—), si compone esclusivamente di previsioni concretamente verificabili, riguardanti il comportamento futuro dei giudici nei tribunali. A differenza della politica del diritto, la scienza giuridica non esprime, secondo (—) prescrizioni tendenti a condizionare il comportamento delle corti.
Notevole fu il contributo dato da (—) anche alla logica giuridica. In La definizione nel linguaggio giuridico (1958) egli affermò che i concetti giuridici sistematici (come ad es. «proprietà», «negozio giuridico») sono privi di valore significante, essendo meri strumenti di espressione delle relazioni esistenti tra più norme giuridiche.
In Imperativi e logica (1941) sostenne la possibilità di sottoporre la logica ad un’interpretazione psicologica e in Direttive e norme (1968) considerò con favore l’applicabilità della logica agli enunciati normativi in genere e giuridici in particolare.