Responsabilità
Responsabilità (lat. respondeo, rispondere)
Concetto nodale nel campo dell’etica e del diritto.
È la posizione che un soggetto assume coscientemente nei confronti degli atti che ha compiuto, ossia la capacità di rispondere delle conseguenze che la legge morale o la legge giuridica fanno derivare dalla condotta che gli viene imputata. La (—) non va confusa con l’imputabilità, ossia con l’attribuzione di un determinato atto ad un determinato soggetto.
In origine il concetto di (—) veniva strettamente collegato a quello di libero arbitrio: solo un soggetto ritenuto capace di discernere il bene dal male e determinatosi volontariamente e liberamente all’azione veniva considerato responsabile. In seguito, a fondamento della (—) sono state rinvenute altre giustificazioni. Secondo alcuni, è responsabile solo una condotta volontaria, ossia compiuta da un soggetto che voleva realmente compierla. Secondo altri, tutti i soggetti (ad esclusione degli infermi di mente) sono responsabili perché intimidabili, ossia capaci di avvertire la minaccia della pena. Secondo altri ancora, poiché tutte le azioni individuali si riflettono in società e si rivelano a seconda dei casi utili o dannose per essa, la (—) si configura come una forma di difesa sociale, ossia di tutela della società dagli effetti che inevitabilmente ogni singola azione produce al suo interno.
Ad ogni modo, qualunque sia la base che si rinviene a fondamento della (—), la dottrina è concorde nel ritenere che essa presuppone che da certi atti vengano fatte derivare (per l’autore o per altri) delle conseguenze che non sono naturali degli atti medesimi ma sono artificialmente previste e disciplinate dagli altri componenti della comunità a cui l’agente appartiene.
Concetto nodale nel campo dell’etica e del diritto.
È la posizione che un soggetto assume coscientemente nei confronti degli atti che ha compiuto, ossia la capacità di rispondere delle conseguenze che la legge morale o la legge giuridica fanno derivare dalla condotta che gli viene imputata. La (—) non va confusa con l’imputabilità, ossia con l’attribuzione di un determinato atto ad un determinato soggetto.
In origine il concetto di (—) veniva strettamente collegato a quello di libero arbitrio: solo un soggetto ritenuto capace di discernere il bene dal male e determinatosi volontariamente e liberamente all’azione veniva considerato responsabile. In seguito, a fondamento della (—) sono state rinvenute altre giustificazioni. Secondo alcuni, è responsabile solo una condotta volontaria, ossia compiuta da un soggetto che voleva realmente compierla. Secondo altri, tutti i soggetti (ad esclusione degli infermi di mente) sono responsabili perché intimidabili, ossia capaci di avvertire la minaccia della pena. Secondo altri ancora, poiché tutte le azioni individuali si riflettono in società e si rivelano a seconda dei casi utili o dannose per essa, la (—) si configura come una forma di difesa sociale, ossia di tutela della società dagli effetti che inevitabilmente ogni singola azione produce al suo interno.
Ad ogni modo, qualunque sia la base che si rinviene a fondamento della (—), la dottrina è concorde nel ritenere che essa presuppone che da certi atti vengano fatte derivare (per l’autore o per altri) delle conseguenze che non sono naturali degli atti medesimi ma sono artificialmente previste e disciplinate dagli altri componenti della comunità a cui l’agente appartiene.