Realismo giuridico
Realismo giuridico
Sinonimo di giusrealismo. È il complesso di concezioni del diritto, anche molto diverse tra loro, accomunate dal fatto di attribuire rilevanza particolare all’effettiva operatività del diritto nella società e alla sua concreta applicazione da parte dei giudici nei tribunali. In questo senso, tali correnti di pensiero si contrappongono al formalismo giuridico e al legalismo tipici del giuspositivismo, nonché all’obiettivismo etico del giusnaturalismo.
Rientrano sotto la generica denominazione di (—):
— la giurisprudenza degli interessi;
— la giurisprudenza sociologica;
— la teoria del diritto libero (ted. Freirecht) [vedi Giusliberismo];
— la teoria del rapporto giuridico;
— la teoria istituzionale del diritto [vedi Istituzionalismo];
— il realismo giuridico in senso stretto (americano e scandinavo).
Rispetto al giuspositivismo, alcune correnti «realiste» (ad es. la giurisprudenza sociologica) attuano una diversa valutazione etico-politica del diritto, attribuendo maggiore rilevanza ai fatti, ai concreti rapporti sociali e, quindi, alle norme effettive, per cui propongono una lista di fonti del diritto più ampia, comprensiva anche delle consuetudini sociali, degli interessi diffusi ecc. (che la concezione tradizionale e soprattutto quella giuspositivista tendono a non considerare come giuridiche).
Altri tipi di (—) accolgono una concezione predittiva della giurisprudenza, la quale dovrebbe disinteressarsi del diritto meramente scritto e considerare solo quello effettivamente vivo e operante nei tribunali.
La maggior parte dei giusrealisti ritiene che le leggi e tutte le norme giuridiche generali e astratte abbiano scarsa rilevanza sui comportamenti giudiziari, i quali sarebbero invece più direttamente influenzati dalle tendenze giurisprudenziali. Non mancano, tuttavia, coloro che considerano innegabile l’influenza delle norme sul diritto vero e proprio (quest’ultimo costituito soprattutto dalle decisioni dei giudici).
Tutte le correnti giusrealiste, ad ogni modo, esprimono una concezione di estremo scetticismo nei confronti dell’interpretazione giuridica; esse infatti lamentano l’ineliminabile indeterminatezza e vaghezza delle norme generali nei confronti dei casi concreti e rimarcano la natura creativa (più o meno totale) dell’attività applicativa di tali norme ai casi concreti.
Di estremo scetticismo interpretativo è particolarmente intriso il realismo giuridico americano, che annovera tra i principali esponenti Jerome Frank (1899-1957), Karl L. Llwellyn (1893-1962), Oliver W. Holmes (1841-1935), Benjamin N. Cardozo (1870-1938), Roscoe Pound (1870-1964).
Tali giuristi ritengono che il diritto non sia composto da norme generali e astratte ma dal complesso delle decisioni concrete dei giudici. Le norme giuridiche, se non ricevono effettiva applicazione nei tribunali, restano vuote formule.
Il realismo giuridico scandinavo annovera tra i suoi maggiori esponenti Axel Hägerström (1868-1939), Vilhelm Lundstedt (1882-1955), Karl Olivecrona (1897-1980), Alf Ross.
Il fondamento di tale corrente realista è prevalentemente filosofico e metodologico, in quanto si pone come obiettivo quello di emendare il discorso dei giuristi da qualsiasi implicazione ideologica e metafisica. In particolare, gli esponenti del (—) scandinavo rivolgono accuse ai giuspositivisti, i quali, limitandosi a descrivere le norme per come devono essere applicate e non per come lo sono di fatto, finiscono inevitabilmente col confondere tra descrizione dei fatti e valutazione degli stessi, compiendo inevitabilmente un’opera ideologica.
Obiettivo principale di tali autori è quello di restituire al discorso giuridico il carattere di discorso scientifico, eliminando qualsiasi riferimento a concetti privi di valenza empirica e dotati di mera funzione sistematica o persuasiva. La vera scienza del diritto deve essere sociologica e previsionale, ossia deve descrivere esclusivamente quegli aspetti del diritto che hanno una esistenza effettiva, in quanto realmente in grado di influenzare i comportamenti umani.
Sinonimo di giusrealismo. È il complesso di concezioni del diritto, anche molto diverse tra loro, accomunate dal fatto di attribuire rilevanza particolare all’effettiva operatività del diritto nella società e alla sua concreta applicazione da parte dei giudici nei tribunali. In questo senso, tali correnti di pensiero si contrappongono al formalismo giuridico e al legalismo tipici del giuspositivismo, nonché all’obiettivismo etico del giusnaturalismo.
Rientrano sotto la generica denominazione di (—):
— la giurisprudenza degli interessi;
— la giurisprudenza sociologica;
— la teoria del diritto libero (ted. Freirecht) [vedi Giusliberismo];
— la teoria del rapporto giuridico;
— la teoria istituzionale del diritto [vedi Istituzionalismo];
— il realismo giuridico in senso stretto (americano e scandinavo).
Rispetto al giuspositivismo, alcune correnti «realiste» (ad es. la giurisprudenza sociologica) attuano una diversa valutazione etico-politica del diritto, attribuendo maggiore rilevanza ai fatti, ai concreti rapporti sociali e, quindi, alle norme effettive, per cui propongono una lista di fonti del diritto più ampia, comprensiva anche delle consuetudini sociali, degli interessi diffusi ecc. (che la concezione tradizionale e soprattutto quella giuspositivista tendono a non considerare come giuridiche).
Altri tipi di (—) accolgono una concezione predittiva della giurisprudenza, la quale dovrebbe disinteressarsi del diritto meramente scritto e considerare solo quello effettivamente vivo e operante nei tribunali.
La maggior parte dei giusrealisti ritiene che le leggi e tutte le norme giuridiche generali e astratte abbiano scarsa rilevanza sui comportamenti giudiziari, i quali sarebbero invece più direttamente influenzati dalle tendenze giurisprudenziali. Non mancano, tuttavia, coloro che considerano innegabile l’influenza delle norme sul diritto vero e proprio (quest’ultimo costituito soprattutto dalle decisioni dei giudici).
Tutte le correnti giusrealiste, ad ogni modo, esprimono una concezione di estremo scetticismo nei confronti dell’interpretazione giuridica; esse infatti lamentano l’ineliminabile indeterminatezza e vaghezza delle norme generali nei confronti dei casi concreti e rimarcano la natura creativa (più o meno totale) dell’attività applicativa di tali norme ai casi concreti.
Di estremo scetticismo interpretativo è particolarmente intriso il realismo giuridico americano, che annovera tra i principali esponenti Jerome Frank (1899-1957), Karl L. Llwellyn (1893-1962), Oliver W. Holmes (1841-1935), Benjamin N. Cardozo (1870-1938), Roscoe Pound (1870-1964).
Tali giuristi ritengono che il diritto non sia composto da norme generali e astratte ma dal complesso delle decisioni concrete dei giudici. Le norme giuridiche, se non ricevono effettiva applicazione nei tribunali, restano vuote formule.
Il realismo giuridico scandinavo annovera tra i suoi maggiori esponenti Axel Hägerström (1868-1939), Vilhelm Lundstedt (1882-1955), Karl Olivecrona (1897-1980), Alf Ross.
Il fondamento di tale corrente realista è prevalentemente filosofico e metodologico, in quanto si pone come obiettivo quello di emendare il discorso dei giuristi da qualsiasi implicazione ideologica e metafisica. In particolare, gli esponenti del (—) scandinavo rivolgono accuse ai giuspositivisti, i quali, limitandosi a descrivere le norme per come devono essere applicate e non per come lo sono di fatto, finiscono inevitabilmente col confondere tra descrizione dei fatti e valutazione degli stessi, compiendo inevitabilmente un’opera ideologica.
Obiettivo principale di tali autori è quello di restituire al discorso giuridico il carattere di discorso scientifico, eliminando qualsiasi riferimento a concetti privi di valenza empirica e dotati di mera funzione sistematica o persuasiva. La vera scienza del diritto deve essere sociologica e previsionale, ossia deve descrivere esclusivamente quegli aspetti del diritto che hanno una esistenza effettiva, in quanto realmente in grado di influenzare i comportamenti umani.