Pufendorf, Samuel von
Pufendorf, Samuel von (1632 - 1694)
Giurista, filosofo e storico tedesco. Attraverso il suo pensiero le teorie del giusnaturalismo, risalenti a Grozio e Hobbes, ebbero ampia diffusione in tutta Europa.
Nell’opera De iure natura et gentium (1672) egli elaborò la propria concezione del diritto naturale internazionale.
Secondo (—) il diritto naturale (imposto da Dio) proviene da uno stato di natura dominato da una certa razionalità e caratterizzato da forme associative fondate sull’uguaglianza. Il diritto civile (imposto da un sovrano) sorge invece da una contrattualità umana e non può mai essere in contrasto con il diritto naturale, poiché il diritto civile (o positivo) non è nient’altro che il diritto naturale fatto valere dalla forza coercitiva dello Stato.
Sia che si tratti di legge naturale, sia che si tratti di legge civile, essa è un decreto con cui il superiore impone al sottoposto di agire secondo i propri precetti: per conoscere le leggi è quindi sufficiente conoscere il proprio legislatore. È la ragione umana che perviene a dimostrare la legittimità delle leggi naturali (in quanto manifestazione della volontà divina) nonché la razionalità delle norme positive (in quanto perfettamente corrispondenti a quelle naturali).
Si tratta di una riduzione del diritto ad unità concettuale, ossia a un sistema di comandi coattivi e di regole autonome, del tutto distinte da quelle di cui si occupa la teologia morale.
La legalità viene ad essere del tutto distinta dalla moralità: la sfera giuridica, infatti, viene contrassegnata da norme coattive mentre quella etica risulta sanzionata solo ed esclusivamente dalla libera coscienza.
Il diritto positivo comunque non deve mai essere in contrasto con il diritto naturale e soltanto lo Stato può (per gravi motivi di sicurezza o di sopravvivenza), sospendere o modificare le norme senza che questo contravvenga alla sua natura e alla sua funzione.
In una prospettiva di questo genere si delineava la necessità di affermare una più netta e chiara distinzione tra gli ambiti che devono essere sottoposti a una regolamentazione giuridica e quelli che possono invece essere sottratti.
La dottrina di (—) si apre alla visione di uno Stato assolutistico illuminato: il monarca riceve dal contratto sociale (pactum subjectionis) il potere di tutelare con i propri precetti i diritti naturali dell’uomo e la sua volontà, espressa nelle leggi che egli emana, è senz’altro buona e utile allo scopo perché è razionale.
Giurista, filosofo e storico tedesco. Attraverso il suo pensiero le teorie del giusnaturalismo, risalenti a Grozio e Hobbes, ebbero ampia diffusione in tutta Europa.
Nell’opera De iure natura et gentium (1672) egli elaborò la propria concezione del diritto naturale internazionale.
Secondo (—) il diritto naturale (imposto da Dio) proviene da uno stato di natura dominato da una certa razionalità e caratterizzato da forme associative fondate sull’uguaglianza. Il diritto civile (imposto da un sovrano) sorge invece da una contrattualità umana e non può mai essere in contrasto con il diritto naturale, poiché il diritto civile (o positivo) non è nient’altro che il diritto naturale fatto valere dalla forza coercitiva dello Stato.
Sia che si tratti di legge naturale, sia che si tratti di legge civile, essa è un decreto con cui il superiore impone al sottoposto di agire secondo i propri precetti: per conoscere le leggi è quindi sufficiente conoscere il proprio legislatore. È la ragione umana che perviene a dimostrare la legittimità delle leggi naturali (in quanto manifestazione della volontà divina) nonché la razionalità delle norme positive (in quanto perfettamente corrispondenti a quelle naturali).
Si tratta di una riduzione del diritto ad unità concettuale, ossia a un sistema di comandi coattivi e di regole autonome, del tutto distinte da quelle di cui si occupa la teologia morale.
La legalità viene ad essere del tutto distinta dalla moralità: la sfera giuridica, infatti, viene contrassegnata da norme coattive mentre quella etica risulta sanzionata solo ed esclusivamente dalla libera coscienza.
Il diritto positivo comunque non deve mai essere in contrasto con il diritto naturale e soltanto lo Stato può (per gravi motivi di sicurezza o di sopravvivenza), sospendere o modificare le norme senza che questo contravvenga alla sua natura e alla sua funzione.
In una prospettiva di questo genere si delineava la necessità di affermare una più netta e chiara distinzione tra gli ambiti che devono essere sottoposti a una regolamentazione giuridica e quelli che possono invece essere sottratti.
La dottrina di (—) si apre alla visione di uno Stato assolutistico illuminato: il monarca riceve dal contratto sociale (pactum subjectionis) il potere di tutelare con i propri precetti i diritti naturali dell’uomo e la sua volontà, espressa nelle leggi che egli emana, è senz’altro buona e utile allo scopo perché è razionale.