Persona
Persona (lat. persona, da per sonum, maschera, che agevola il suono)
Concetto cardine della filosofia politica e morale e del diritto, dotato di storia secolare.
In origine, presso i latini il termine indicava la «maschera» e, quindi, il «personaggio teatrale».
Nel tardo stoicismo romano indicò l’uomo in quanto destinatario di un ruolo nell’universo. Per i giuristi romani la (—) era il titolare di diritti, contrapposto allo schiavo e alle cose.
Nel cristianesimo indicò invece l’uomo come immagine di Dio e come entità dotata di libero arbitrio.
Nella filosofia moderna, il termine indicò la coscienza morale dell’individuo (Cartesio, Locke), l’autocoscienza (Leibniz, Wolff) o il soggetto portatore di diritti (giusnaturalisti).
Per Kant l’individuo umano è (—) in quanto portatore della legge morale e capace di autonomia. Hegel attribuì invece al termine (—) un significato meramente giuridico, come designazione del titolare di diritti nell’ambiente del diritto privato.
Nel Novecento il filosofo tedesco Max Scheler (1874-1928) ha definito (—) il soggetto capace di agire ed interagire col mondo, ma è con lo spiritualismo di René Le Senne (1883-1954), col personalismo di Emmanuel Mounier (1905-1950) e con l’esistenzialismo di Gabriel Marcel (1889-1973) che il concetto assunse un’importanza centrale nella riflessione filosofica. Alla (—) umana fu riconosciuto un fondamento metafisico e la capacità di partecipare del carattere di libertà e autonomia del divino.
Nel campo del diritto l’analisi del concetto di (—) coinvolge inevitabilmente questioni di natura filosofica.
Diversamente dalle teorie morali oggi diffuse (che considerano persone solo gli esseri umani attuali o potenziali — come i feti —), la teoria del diritto considera persona anche entità non umana, come ad esempio gruppi di beni economici. All’interno del concetto di (—), dunque, il diritto distingue tra (—) fisica e (—) giuridica.
La (—) fisica viene tradizionalmente identificata con l’uomo, ma ciò non significa che il concetto morale di uomo-persona (col suo bagaglio di diritti innati) debba trovare automaticamente riconoscimento nel diritto. Come è stato infatti osservato dai giuspositivisti [vedi Giuspositivismo], non vi è un legame tra il concetto etico di uomo-persona e il concetto giuridico di uomo-persona. In campo giuridico si adopera il concetto di (—) fisica in senso normativo, ossia non per indicare il semplice fatto dell’esistenza di un uomo ma per designare l’uomo solo in quanto sottoposto dal diritto ad un determinato trattamento, ossia solo se i suoi atti (o i fatti che lo riguardano) siano considerati rilevanti dal diritto stesso.
Intorno alla (—) giuridica sono state formulate diverse teorie, tutte accomunate dalla considerazione che il diritto disciplina solo comportamenti umani e può indirizzarsi solo agli individui umani.
Secondo alcuni, il legislatore tratta certi gruppi di individui umani e certi patrimoni fingendo che siano individui umani (teorie finzioniste).
Secondo altri, il concetto di (—) giuridica è un artificio utilizzato dal diritto per semplificare la regolamentazione di taluni rapporti tra gli individui umani, che restano pur sempre i destinatari effettivi delle norme giuridiche (teorie individualiste).
Secondo altri ancora, le persone giuridiche non sono affatto finzioni o artifici ma entità dotate di precisa realtà empirica (teorie realiste).
Secondo una teoria più recente, infine, il concetto di (—) giuridica esprime anch’esso, come il concetto di (—) fisica, un trattamento normativo di comportamenti umani.
Non è necessario, in base a tale teoria, parlare di artificio, di funzione o di entità diversa dagli individui umani, si tratta, invece, di un diverso meccanismo di imputazione di atti o fatti ad individui. Nella (—) giuridica è pur sempre il diritto, sebbene si tratti del diritto interno o parziale della (—) giuridica, a stabilire quali comportamenti degli individui (che rappresentano la persona stessa) devono essere considerati rilevanti e quindi imputati ad essa.
Concetto cardine della filosofia politica e morale e del diritto, dotato di storia secolare.
In origine, presso i latini il termine indicava la «maschera» e, quindi, il «personaggio teatrale».
Nel tardo stoicismo romano indicò l’uomo in quanto destinatario di un ruolo nell’universo. Per i giuristi romani la (—) era il titolare di diritti, contrapposto allo schiavo e alle cose.
Nel cristianesimo indicò invece l’uomo come immagine di Dio e come entità dotata di libero arbitrio.
Nella filosofia moderna, il termine indicò la coscienza morale dell’individuo (Cartesio, Locke), l’autocoscienza (Leibniz, Wolff) o il soggetto portatore di diritti (giusnaturalisti).
Per Kant l’individuo umano è (—) in quanto portatore della legge morale e capace di autonomia. Hegel attribuì invece al termine (—) un significato meramente giuridico, come designazione del titolare di diritti nell’ambiente del diritto privato.
Nel Novecento il filosofo tedesco Max Scheler (1874-1928) ha definito (—) il soggetto capace di agire ed interagire col mondo, ma è con lo spiritualismo di René Le Senne (1883-1954), col personalismo di Emmanuel Mounier (1905-1950) e con l’esistenzialismo di Gabriel Marcel (1889-1973) che il concetto assunse un’importanza centrale nella riflessione filosofica. Alla (—) umana fu riconosciuto un fondamento metafisico e la capacità di partecipare del carattere di libertà e autonomia del divino.
Nel campo del diritto l’analisi del concetto di (—) coinvolge inevitabilmente questioni di natura filosofica.
Diversamente dalle teorie morali oggi diffuse (che considerano persone solo gli esseri umani attuali o potenziali — come i feti —), la teoria del diritto considera persona anche entità non umana, come ad esempio gruppi di beni economici. All’interno del concetto di (—), dunque, il diritto distingue tra (—) fisica e (—) giuridica.
La (—) fisica viene tradizionalmente identificata con l’uomo, ma ciò non significa che il concetto morale di uomo-persona (col suo bagaglio di diritti innati) debba trovare automaticamente riconoscimento nel diritto. Come è stato infatti osservato dai giuspositivisti [vedi Giuspositivismo], non vi è un legame tra il concetto etico di uomo-persona e il concetto giuridico di uomo-persona. In campo giuridico si adopera il concetto di (—) fisica in senso normativo, ossia non per indicare il semplice fatto dell’esistenza di un uomo ma per designare l’uomo solo in quanto sottoposto dal diritto ad un determinato trattamento, ossia solo se i suoi atti (o i fatti che lo riguardano) siano considerati rilevanti dal diritto stesso.
Intorno alla (—) giuridica sono state formulate diverse teorie, tutte accomunate dalla considerazione che il diritto disciplina solo comportamenti umani e può indirizzarsi solo agli individui umani.
Secondo alcuni, il legislatore tratta certi gruppi di individui umani e certi patrimoni fingendo che siano individui umani (teorie finzioniste).
Secondo altri, il concetto di (—) giuridica è un artificio utilizzato dal diritto per semplificare la regolamentazione di taluni rapporti tra gli individui umani, che restano pur sempre i destinatari effettivi delle norme giuridiche (teorie individualiste).
Secondo altri ancora, le persone giuridiche non sono affatto finzioni o artifici ma entità dotate di precisa realtà empirica (teorie realiste).
Secondo una teoria più recente, infine, il concetto di (—) giuridica esprime anch’esso, come il concetto di (—) fisica, un trattamento normativo di comportamenti umani.
Non è necessario, in base a tale teoria, parlare di artificio, di funzione o di entità diversa dagli individui umani, si tratta, invece, di un diverso meccanismo di imputazione di atti o fatti ad individui. Nella (—) giuridica è pur sempre il diritto, sebbene si tratti del diritto interno o parziale della (—) giuridica, a stabilire quali comportamenti degli individui (che rappresentano la persona stessa) devono essere considerati rilevanti e quindi imputati ad essa.