Norma giuridica
Norma giuridica
Dal punto di vista linguistico, ciascuna norma è un enunciato che prescrive un modello di condotta il quale, se accettato, funge da guida dei comportamenti.
Una norma è giuridica se è inserita all’interno di un ordinamento giuridico in base ai criteri di appartenenza stabiliti dall’ordinamento stesso.
In una norma, non solo giuridica ma in quanto enunciato prescrittivo è possibile distinguere tra una componente descrittiva (cd. frastico) e una componente deontica (cd. neustico). Il frastico è la descrizione astratta del comportamento umano: ad esempio, il frastico della prescrizione «Pietro deve chiudere la finestra» è la descrizione dell’azione «chiudere la finestra». Il neustico è la parte della prescrizione («deve») che indica che l’azione in questione non è intesa come un’azione sussistente ma come un modello di comportamento da seguire.
Affinché una norma possa adempiere alla sua funzione di guida dei comportamenti, è necessario che prescriva comportamenti possibili da eseguire. L’eseguibilità può dipendere sia da fattori linguistici che da fattori extralinguistici.
Una norma è ineseguibile per motivi linguistici quando presenta vizi logici (ad es. prescrive due azioni tra loro incompatibili) o vizi semantici (ad es. l’azione prescritta ha un significato vago).
È ineseguibile per motivi extralinguistici quando prescritti comportamenti impossibili (ad es. prescrive di valore).
Convenzionalmente nel frastico di una norma si distinguono tre elementi: il destinatario, l’insieme delle circostanze in cui la condotta deve essere tenuta ed il comportamento oggetto della prescrizione. Non rientra tra tali elementi l’autore delle prescrizioni: le norme, infatti, hanno generalmente un carattere impersonale. Anche nel diritto le norme, pur quando promanano da individui determinati (es. i giudici) esplicano la loro funzione direttiva non in base ad un rapporto personale tra l’autore e il destinatario, bensì in virtù del potere di emanare norme di cui l’autore è investito dall’ordinamento.
La concezione che il diritto sia composto di norme prende il nome di normativismo ed è generalmente accolta nella nostra cultura giuridica. Infatti, le critiche che spesso sono oggi rivolte al normativismo riguardano non la sua generale visione del diritto come insieme di norme ma alcune sue versioni più ristrette, come ad esempio quella imperativistica [vedi Imperativismo] che considera le norme giuridiche sempre dei comandi esprimenti la volontà di qualcuno.
Il superamento di tutte le concezioni ristrette della norma giuridica si è reso possibile attraverso l’elaborazione di una teoria dell’ordinamento giuridico. Tale teoria, a differenza delle teorie della singola norma giuridica, ha permesso di risolvere numerosi finora rimasti insoluti, quale ad esempio quella dei caratteri differenziali del diritto rispetto ad altri fenomeni normativi (morale e costume).
In virtù della teoria dell’ordinamento giuridico è stata rigettata l’idea che le norme giuridiche siano tutte provviste di caratteristiche particolari, necessarie e sufficienti a contraddistinguere il diritto.
Oggi si ritiene, invece, che l’ordinamento giuridico è sì dotato di peculiarità (quali l’effettività e la coattività) ma ciò non vuol dire che ogni singola norma ad esso appartenente possegga tali caratteristiche.
Tradizionalmente vengono attribuiti alla (—) i caratteri della generalità e astrattezza. Generale è la norma che si rivolge ad una pluralità di destinatari; astratta è la norma che disciplina una pluralità d’azioni. Si è trascurato, tuttavia di considerare che nel diritto vi sono anche disposizioni singolari (ossia si rivolgono ad un singolo individuo) o concrete (che disciplinano una singola azione).
Al fine di superare tali distinzioni tradizionali, che appaiono poco adatte a descrivere i diritti contemporanei, è preferibile ricorrere al concetto di classe aperta e classe chiusa.
Una norma si dirà allora generale quando il destinatario è descritto come una classe aperta variabile nel tempo (ad es. «tutti i professori universitari») e astratta quando contempla una classe aperta di azioni (ad es. la guida di motoveicoli sulla spiaggia). Una norma si dirà invece singolare quando il destinatario viene descritto ed identificato in un singolo individuo ed uno solo (ad es. il sovrano che regnò in Francia con l’appellativo di «Re Sole», chiaramente identificativo di Luigi XIV) e concreta quando prescrive una classe chiusa di azioni (ad es. suonare le campane alla nascita del figlio dell’attuale sovrano).
In teoria del diritto le norme giuridiche sono variamente classificate. In base al neustico si distingue tra norme obbliganti (che istituiscono obblighi) e norme permissive. Queste ultime, secondo alcuni, devono poter essere sempre riducibili a norme obbliganti, in quanto la loro funzione è quella di abrogare o derogare una norma obbligante precedente o di impedire la futura emanazione di norme obbliganti.
In base al livello linguistico in cui si collocano si distingue tra norme di prima istanza (che disciplinano direttamente le condotte umane) e metanorme (che regolano le norme di prima istanza). Particolari metanorme sono le norme di competenza (che confluiscono poteri, sia a soggetti privati, sia a soggetti pubblici).
Dal punto di vista linguistico, ciascuna norma è un enunciato che prescrive un modello di condotta il quale, se accettato, funge da guida dei comportamenti.
Una norma è giuridica se è inserita all’interno di un ordinamento giuridico in base ai criteri di appartenenza stabiliti dall’ordinamento stesso.
In una norma, non solo giuridica ma in quanto enunciato prescrittivo è possibile distinguere tra una componente descrittiva (cd. frastico) e una componente deontica (cd. neustico). Il frastico è la descrizione astratta del comportamento umano: ad esempio, il frastico della prescrizione «Pietro deve chiudere la finestra» è la descrizione dell’azione «chiudere la finestra». Il neustico è la parte della prescrizione («deve») che indica che l’azione in questione non è intesa come un’azione sussistente ma come un modello di comportamento da seguire.
Affinché una norma possa adempiere alla sua funzione di guida dei comportamenti, è necessario che prescriva comportamenti possibili da eseguire. L’eseguibilità può dipendere sia da fattori linguistici che da fattori extralinguistici.
Una norma è ineseguibile per motivi linguistici quando presenta vizi logici (ad es. prescrive due azioni tra loro incompatibili) o vizi semantici (ad es. l’azione prescritta ha un significato vago).
È ineseguibile per motivi extralinguistici quando prescritti comportamenti impossibili (ad es. prescrive di valore).
Convenzionalmente nel frastico di una norma si distinguono tre elementi: il destinatario, l’insieme delle circostanze in cui la condotta deve essere tenuta ed il comportamento oggetto della prescrizione. Non rientra tra tali elementi l’autore delle prescrizioni: le norme, infatti, hanno generalmente un carattere impersonale. Anche nel diritto le norme, pur quando promanano da individui determinati (es. i giudici) esplicano la loro funzione direttiva non in base ad un rapporto personale tra l’autore e il destinatario, bensì in virtù del potere di emanare norme di cui l’autore è investito dall’ordinamento.
La concezione che il diritto sia composto di norme prende il nome di normativismo ed è generalmente accolta nella nostra cultura giuridica. Infatti, le critiche che spesso sono oggi rivolte al normativismo riguardano non la sua generale visione del diritto come insieme di norme ma alcune sue versioni più ristrette, come ad esempio quella imperativistica [vedi Imperativismo] che considera le norme giuridiche sempre dei comandi esprimenti la volontà di qualcuno.
Il superamento di tutte le concezioni ristrette della norma giuridica si è reso possibile attraverso l’elaborazione di una teoria dell’ordinamento giuridico. Tale teoria, a differenza delle teorie della singola norma giuridica, ha permesso di risolvere numerosi finora rimasti insoluti, quale ad esempio quella dei caratteri differenziali del diritto rispetto ad altri fenomeni normativi (morale e costume).
In virtù della teoria dell’ordinamento giuridico è stata rigettata l’idea che le norme giuridiche siano tutte provviste di caratteristiche particolari, necessarie e sufficienti a contraddistinguere il diritto.
Oggi si ritiene, invece, che l’ordinamento giuridico è sì dotato di peculiarità (quali l’effettività e la coattività) ma ciò non vuol dire che ogni singola norma ad esso appartenente possegga tali caratteristiche.
Tradizionalmente vengono attribuiti alla (—) i caratteri della generalità e astrattezza. Generale è la norma che si rivolge ad una pluralità di destinatari; astratta è la norma che disciplina una pluralità d’azioni. Si è trascurato, tuttavia di considerare che nel diritto vi sono anche disposizioni singolari (ossia si rivolgono ad un singolo individuo) o concrete (che disciplinano una singola azione).
Al fine di superare tali distinzioni tradizionali, che appaiono poco adatte a descrivere i diritti contemporanei, è preferibile ricorrere al concetto di classe aperta e classe chiusa.
Una norma si dirà allora generale quando il destinatario è descritto come una classe aperta variabile nel tempo (ad es. «tutti i professori universitari») e astratta quando contempla una classe aperta di azioni (ad es. la guida di motoveicoli sulla spiaggia). Una norma si dirà invece singolare quando il destinatario viene descritto ed identificato in un singolo individuo ed uno solo (ad es. il sovrano che regnò in Francia con l’appellativo di «Re Sole», chiaramente identificativo di Luigi XIV) e concreta quando prescrive una classe chiusa di azioni (ad es. suonare le campane alla nascita del figlio dell’attuale sovrano).
In teoria del diritto le norme giuridiche sono variamente classificate. In base al neustico si distingue tra norme obbliganti (che istituiscono obblighi) e norme permissive. Queste ultime, secondo alcuni, devono poter essere sempre riducibili a norme obbliganti, in quanto la loro funzione è quella di abrogare o derogare una norma obbligante precedente o di impedire la futura emanazione di norme obbliganti.
In base al livello linguistico in cui si collocano si distingue tra norme di prima istanza (che disciplinano direttamente le condotte umane) e metanorme (che regolano le norme di prima istanza). Particolari metanorme sono le norme di competenza (che confluiscono poteri, sia a soggetti privati, sia a soggetti pubblici).