Marxismo
Marxismo
Complesso delle dottrine che si sono richiamate al pensiero di Karl Marx.
L’eredità di Marx ai pensatori e ai movimenti che alla sua opera si ispirarono risiede essenzialmente nel materialismo storico, oltre che nell’elaborazione del socialismo scientifico [vedi Socialismo]. La filosofia di Marx deve la sua diffusione all’attività dell’amico Friedrich Engels, coautore del Manifesto del partito comunista (1848) e autore della prefazione al terzo volume de Il Capitale (1894), la quale costituisce il punto d’avvio del dibattito sul (—).
Esso fu dominato, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dall’opposizione tra coloro che ritenevano inevitabile il crollo del capitalismo, come Karl Kautsky (1854-1938) e chi invece si proponeva di migliorare le condizioni della classe operaia all’interno della democrazia borghese. Tra questi ultimi si situava, ad esempio, Eduard Bernstein (1850-1932), il quale contestava alcune previsioni di Marx, quale quella della «proletarizzazione crescente».
Tuttavia l’impronta più importante sulla tradizione marxista è dovuta senz’altro a Lenin, il quale centrò la sua analisi sul ruolo del partito comunista quale avanguardia del proletariato. Il successo della rivoluzione sovietica (1917) finirà con l’imporre questa visione, segnando al tempo stesso l’egemonia del partito comunista sovietico su quelli degli altri paesi. Il pensiero leninista rappresenterà per molto tempo la visione ufficiale del (—), fino a poter parlare in effetti di marxismo-leninismo.
Tuttavia sono non pochi i pensatori che si sono allontanati in maniera più o meno marcata da questo filone principale.
Tra questi si può ricordare la pensatrice polacca Rosa Luxemburg (1870-1919), che sottolineò lo spontaneismo delle masse nella costruzione del socialismo e criticò la concezione leninista del partito. Dal canto suo il filosofo ungherese György Lukács (1885-1971), pose in risalto il concetto di alienazione, rilesse le radici hegeliane del (—), criticò l’organizzazione burocratica dei partiti comunisti.
Un contributo fondamentale appare quello fornito da Antonio Gramsci, il quale ritenne che il proletariato, per potersi costituire come classe dirigente e assumere una funzione di guida, avrebbe dovuto realizzare una «lotta per l’egemonia». Attraverso il partito, esso doveva elaborare una nuova figura di intellettuale, che avrebbe avuto di mira la realizzazione dell’etica, dei valori democratici e di eguaglianza.
Allo stesso modo vanno segnalati i contributi della Scuola di Francoforte, vale a dire del gruppo di studiosi che, a partire dal 1923, si raccolsero intorno all’Istituto per la ricerca sociale (Institut für Sozialforschung) della città tedesca. Tra questi vi erano Theodor Wiesengrund Adorno (1903-1969), Max Horkheimer (1895-1973), Herbert Marcuse (1898-1979). La Scuola, pur nelle diversità degli autori e dei pensatori, si propose un aggiornamento del (—) all’interno della società di massa.
Alla fine del XX secolo il (—) è apparso fortemente in crisi, stretto da un lato dal crollo dei paesi del «socialismo reale» (a partire dal 1989), dall’altro, dall’emergere di nuove tendenze e movimenti, difficilmente inquadrabili nella consueta lettura marxista della lotta di classe.
Complesso delle dottrine che si sono richiamate al pensiero di Karl Marx.
L’eredità di Marx ai pensatori e ai movimenti che alla sua opera si ispirarono risiede essenzialmente nel materialismo storico, oltre che nell’elaborazione del socialismo scientifico [vedi Socialismo]. La filosofia di Marx deve la sua diffusione all’attività dell’amico Friedrich Engels, coautore del Manifesto del partito comunista (1848) e autore della prefazione al terzo volume de Il Capitale (1894), la quale costituisce il punto d’avvio del dibattito sul (—).
Esso fu dominato, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, dall’opposizione tra coloro che ritenevano inevitabile il crollo del capitalismo, come Karl Kautsky (1854-1938) e chi invece si proponeva di migliorare le condizioni della classe operaia all’interno della democrazia borghese. Tra questi ultimi si situava, ad esempio, Eduard Bernstein (1850-1932), il quale contestava alcune previsioni di Marx, quale quella della «proletarizzazione crescente».
Tuttavia l’impronta più importante sulla tradizione marxista è dovuta senz’altro a Lenin, il quale centrò la sua analisi sul ruolo del partito comunista quale avanguardia del proletariato. Il successo della rivoluzione sovietica (1917) finirà con l’imporre questa visione, segnando al tempo stesso l’egemonia del partito comunista sovietico su quelli degli altri paesi. Il pensiero leninista rappresenterà per molto tempo la visione ufficiale del (—), fino a poter parlare in effetti di marxismo-leninismo.
Tuttavia sono non pochi i pensatori che si sono allontanati in maniera più o meno marcata da questo filone principale.
Tra questi si può ricordare la pensatrice polacca Rosa Luxemburg (1870-1919), che sottolineò lo spontaneismo delle masse nella costruzione del socialismo e criticò la concezione leninista del partito. Dal canto suo il filosofo ungherese György Lukács (1885-1971), pose in risalto il concetto di alienazione, rilesse le radici hegeliane del (—), criticò l’organizzazione burocratica dei partiti comunisti.
Un contributo fondamentale appare quello fornito da Antonio Gramsci, il quale ritenne che il proletariato, per potersi costituire come classe dirigente e assumere una funzione di guida, avrebbe dovuto realizzare una «lotta per l’egemonia». Attraverso il partito, esso doveva elaborare una nuova figura di intellettuale, che avrebbe avuto di mira la realizzazione dell’etica, dei valori democratici e di eguaglianza.
Allo stesso modo vanno segnalati i contributi della Scuola di Francoforte, vale a dire del gruppo di studiosi che, a partire dal 1923, si raccolsero intorno all’Istituto per la ricerca sociale (Institut für Sozialforschung) della città tedesca. Tra questi vi erano Theodor Wiesengrund Adorno (1903-1969), Max Horkheimer (1895-1973), Herbert Marcuse (1898-1979). La Scuola, pur nelle diversità degli autori e dei pensatori, si propose un aggiornamento del (—) all’interno della società di massa.
Alla fine del XX secolo il (—) è apparso fortemente in crisi, stretto da un lato dal crollo dei paesi del «socialismo reale» (a partire dal 1989), dall’altro, dall’emergere di nuove tendenze e movimenti, difficilmente inquadrabili nella consueta lettura marxista della lotta di classe.