Marx, Karl

Marx, Karl (1818 - 1883)

Filosofo ed economista tedesco. Dopo essere stato giornalista alla «Gazzetta renana» (1842-1843), nel 1844 si stabilì a Parigi, dove entrò in contatto con le prime organizzazioni comuniste ed iniziò gli studi di economia.
Nei Manoscritti economico-filosofici (scritti nel 1844, ma pubblicati solo nel 1928-1932), (—) indicò nel lavoro alienato la principale contraddizione della società borghese. Dalla dialettica hegeliana [vedi Hegel], (—) trasse la persuasione della necessità di superare l’alienazione nel comunismo.
Nel 1844 conobbe Friedrich Engels, con il quale condividerà una lunga amicizia, oltre che una militanza ideologica comune. Da tale incontro nacquero La sacra famiglia (1845) e L’ideologia tedesca (1845-1846). Nella prima opera viene indicata nell’abolizione della proprietà privata la sola possibilità di superare la frattura tra uomo e natura, che il sistema economico-sociale ha prodotto, poiché esso ha sottratto all’uomo la sua attività, per trasformarla in capitale, al fine di dominarlo. Nella seconda opera (—) ed Engels rispondono ad autori quali Feuerbach, Stirner e Bruno Bauer oltre ai giovani hegeliani, ai quali viene rimproverata la concezione di una natura umana intesa in senso metastorico e l’illusione idealistica, che fa loro vedere la vita materiale come dipendente dalla coscienza (e non il contrario, come ritengono i due autori). (—) ed Engels elaborarono pertanto una concezione materialistica della storia [vedi Materialismo storico].
Negli stessi anni (—) aderì alla Lega dei comunisti, per la quale scrisse, ancora in collaborazione con Engels, il Manifesto del partito comunista (pubblicato a Londra nel febbraio del 1848), nel quale viene sottolineata la funzione di «avanguardia della classe operaia» del partito comunista, il cui programma prevede l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, l’instaurazione della proprietà collettiva e il capovolgimento rivoluzionario di tutti i rapporti sociali ed economici.
Dal 1849 (—) visse a Londra. Da qui si impegnò in un’intensa attività politica ed intellettuale, guidando la Prima Internazionale tra il 1864 e il 1872 e scrivendo Il Capitale. L’opera fu pubblicata in tre volumi, il primo nel 1867, gli altri due postumi nel 1885 e nel 1895. Nel suo massimo lavoro (—) dimostra le contraddizioni del sistema capitalistico e spiega il significato dell’evoluzione economica.
Per (—) l’operaio produce merce il cui valore gli viene compensato solo in parte dal capitalista; la differenza da quest’ultimo tesaurizzata costituisce il cd. plusvalore, quantità di moneta che il capitalista destina alla creazione di nuovo plusvalore.
Nel corso del processo di accumulazione la struttura del capitale si trasforma: la retribuzione del capitale costante (impianti e macchine) aumenta in maniera maggiore di quella del capitale variabile (salari). Il rapporto sempre più sfavorevole produce una diminuzione dei salari e il formarsi di una «armata di riserva industriale», disposta a vendere il lavoro delle proprie braccia al costo di sopravvivenza. La pauperizzazione del proletariato come classe e la concentrazione crescente del capitale in mano di pochi porteranno inevitabilmente alla rivoluzione: nel corso di una crisi più violenta (crisi finale), il proletariato, abbattuto l’ordinamento capitalistico, si impadronirà dello Stato, allo scopo di fondare un ordine sociale più giusto, razionale ed umano.
Le teorie di (—) hanno ottenuto, dal loro esordio, adesioni e critiche dagli stessi sostenitori. In particolare il leninismo ha analizzato il capitalismo giunto all’estrema fase dell’imperialismo. Dal lato opposto, il revisionismo ha cercato di adattare il pensiero di (—) alle mutate condizioni economiche e sociali, in considerazione del progressivo abbandono, da parte dello Stato, dell’iniziale neutralità nel conflitto capitale-lavoro e dello schieramento dell’ordinamento a tutela delle classi più deboli (Welfare State).