Giusnaturalismo

Giusnaturalismo

Dottrina filosofico-giuridica configurata nei secoli XVII e XVIII ad opera di pensatori quali Grozio, Hobbes, Locke, Pufendorf. Tardi sviluppi del (—) possono essere considerati il pensiero di Rousseau e Fichte.
Tale dottrina giudica la validità dell’ordinamento giuridico vigente in base alla sua conformità alle norme del diritto naturale, le quali sono di per sé razionali e preesistenti alle norme giuridiche poste dallo Stato. In tale ottica il (—) si colloca in perfetta antitesi con il giuspositivismo.
L’importanza storica del (—) consiste nell’aver fornito una connotazione laica all’idea di Stato e un fondamento non divino bensì umano ai poteri dei governanti.
Il (—) formula l’ipotesi dell’esistenza di un originario stato di natura, anteriore ad ogni società positivamente organizzata [vedi Società], in cui l’uomo gode di diritti naturali, il cui fondamento è dedotto non da un preteso ordine naturale o da Dio, ma dalla ragione umana (recta ratio ciceroniana): è naturale solo ciò che la ragione qualifica in termini di giustizia. Il diritto naturale si oggettiva in diritti soggettivi innati, imprescrittibili e inalienabili (vita, libertà, proprietà), di cui ciascun individuo è titolare.
Il passaggio alla società civile e, quindi, alla positività del diritto, è avvenuto grazie alla stipulazione di un patto originario, che per necessità (Hobbes) o per calcolo o per libera scelta (Rousseau), tutti gli uomini si sarebbero impegnati a contrarre. Tale contratto ha dato origine alla società e allo Stato, la cui esistenza ha creato una situazione di maggiore sicurezza, garantita da norme finalizzate, in primo luogo, proprio alla salvaguardia dei diritti naturali dell’uomo. Con ciò il (—) sostiene l’origine umana dello Stato e stabilisce i limiti del potere statuale, oltre i quali esiste solo arbitrio.
In età contemporanea il (—) sta ad indicare quella corrente di pensiero incline ad attribuire priorità assoluta ai valori [vedi Valore] professati dall’ordinamento giuridico, quali libertà e uguaglianza e ad interpretare alla luce di questi le norme e giuridiche, spesso astratte, poco aderenti alla realtà sociale e incapaci di soddisfare concrete esigenze di giustizia.