Empirismo
Empirismo (gr. empeiria, esperienza)
Indirizzo filosofico per il quale l’esperienza è l’origine e il solo criterio di validità di ogni conoscenza. L’(—), dunque, sostiene che non esistono conoscenze innate (cioè, non derivanti dai sensi) e che la ragione umana non può stabilire verità assolute, ma ogni verità deve essere controllata dall’esperienza.
Il termine (—) fu spesso usato dal filosofo Sesto Empirico (III secolo d. C.), il quale definì empirici i medici che non facevano affermazioni azzardate intorno ai «fatti oscuri», ma seguivano le indicazioni della natura.
L’(—) non si oppone alla ragione ma riconosce i limiti delle possibilità umane di conoscere la verità. L’uomo deve adoperare la propria ragione ma non pretendere di possedere verità assolute, che non tollerano critiche: ogni teoria deve essere messa alla prova dall’esperienza (e quindi confermata, modificata o confutata). È questo il tratto fondamentale dell’(—) moderno (o classico), di cui l’inglese J. Locke è l’iniziatore. Nel Saggio sull’intelletto umano (1690) egli confuta la convinzione che esistano idee innate e assolutamente certe, senza bisogno di essere esaminate. Tale convinzione causa l’intolleranza e il fanatismo.
L’(—) ha ispirato, proprio a partire da Locke, le posizioni del liberalismo politico e del liberismo economico.
Indirizzo filosofico per il quale l’esperienza è l’origine e il solo criterio di validità di ogni conoscenza. L’(—), dunque, sostiene che non esistono conoscenze innate (cioè, non derivanti dai sensi) e che la ragione umana non può stabilire verità assolute, ma ogni verità deve essere controllata dall’esperienza.
Il termine (—) fu spesso usato dal filosofo Sesto Empirico (III secolo d. C.), il quale definì empirici i medici che non facevano affermazioni azzardate intorno ai «fatti oscuri», ma seguivano le indicazioni della natura.
L’(—) non si oppone alla ragione ma riconosce i limiti delle possibilità umane di conoscere la verità. L’uomo deve adoperare la propria ragione ma non pretendere di possedere verità assolute, che non tollerano critiche: ogni teoria deve essere messa alla prova dall’esperienza (e quindi confermata, modificata o confutata). È questo il tratto fondamentale dell’(—) moderno (o classico), di cui l’inglese J. Locke è l’iniziatore. Nel Saggio sull’intelletto umano (1690) egli confuta la convinzione che esistano idee innate e assolutamente certe, senza bisogno di essere esaminate. Tale convinzione causa l’intolleranza e il fanatismo.
L’(—) ha ispirato, proprio a partire da Locke, le posizioni del liberalismo politico e del liberismo economico.