Diritto soggettivo
Diritto soggettivo
Concetto dalle profonde implicazioni filosofiche. Uno dei principali problemi filosofici che anche il teorico del diritto deve affrontare è quello di stabilire se i diritti soggettivi preesistano al diritto positivo, il quale dovrebbe solo limitarsi a riconoscere e a tutelarli, o se siano creati totalmente dal diritto stesso. Quella secolare tradizione filosofica che fa capo al giusnaturalismo di tutti i tempi (antico, medievale e moderno) individua nei diritti naturali quei diritti originari, assoluti e inalienabili che tutti gli uomini posseggono per il semplice fatto di esistere. La titolarità di tali diritti, per il guisnaturalista, trasforma gli esseri umani in persona [vedi Persona] in senso morale. Solo se ed in quanto riconosca e tuteli questi diritti naturali, il diritto positivo può essere considerato valido e vincolante.
Sul piano etico, tale concezione guisnaturalistica trova espressione nella tesi nota come cognitivismo etico, secondo cui dalla descrizione di una realtà di fatto (ad es. la natura) possono farsi derivare (tramite l’intuizione o l’autoevidenza o gli ordinari strumenti forniti dall’esperienza) dei precetti morali che la legge positiva deve necessariamente recepire (al fine di essere considerata valida).
Al contrario alla concezione guisnaturalistica si oppongono sia la tesi metaetica nota come non cognitivismo etico, sia il giuspositivismo.
Per i non-cognitivisti i diritti naturali non sono una realtà oggettivamente esistente ed i valori morali [vedi Valore] sono tali solo per chi li sceglie.
Per i giuspositivisti il diritto va tenuto distinto dalla morale e la descrizione della realtà giuridica deve prescindere dall’effettiva obbedienza al diritto. Conseguentemente, un diritto positivo deve essere considerato tale anche se non riconosce e non tutela i diritti naturali.
Per quanto riguarda più in particolare i diritti soggettivi giuridici va ricordata la concezione di Kelsen, secondo cui affermare che il diritto positivo possa considerarsi valido solo qualora riconosca i diritti naturali equivale a fare mera ideologia e non scienza del diritto. Per il filosofo austriaco è il diritto positivo che crea i diritti soggettivi e non, al contrario, i diritti soggettivi naturali che conferiscono ad un diritto positivo il carattere di vero diritto. Conseguentemente, i diritti soggettivi giuridici sono solo quelli considerati tali da diritto oggettivo.
Attualmente, si ritiene in prevalenza che il concetto di (—) non sia un concetto generale e unitario, in grado di individuare precise situazioni giuridiche. A tale concezione hanno senz’altro contribuito gli studi analitici condotti dal giurista americano W.H. Hohfeld (1879-1918) e da altri dopo di lui, i quali hanno evidenziato i molteplici usi in dottrina dell’espressione diritto soggettivo (per indicare pretese, permessi, competenze, immunità ecc.).
Concetto dalle profonde implicazioni filosofiche. Uno dei principali problemi filosofici che anche il teorico del diritto deve affrontare è quello di stabilire se i diritti soggettivi preesistano al diritto positivo, il quale dovrebbe solo limitarsi a riconoscere e a tutelarli, o se siano creati totalmente dal diritto stesso. Quella secolare tradizione filosofica che fa capo al giusnaturalismo di tutti i tempi (antico, medievale e moderno) individua nei diritti naturali quei diritti originari, assoluti e inalienabili che tutti gli uomini posseggono per il semplice fatto di esistere. La titolarità di tali diritti, per il guisnaturalista, trasforma gli esseri umani in persona [vedi Persona] in senso morale. Solo se ed in quanto riconosca e tuteli questi diritti naturali, il diritto positivo può essere considerato valido e vincolante.
Sul piano etico, tale concezione guisnaturalistica trova espressione nella tesi nota come cognitivismo etico, secondo cui dalla descrizione di una realtà di fatto (ad es. la natura) possono farsi derivare (tramite l’intuizione o l’autoevidenza o gli ordinari strumenti forniti dall’esperienza) dei precetti morali che la legge positiva deve necessariamente recepire (al fine di essere considerata valida).
Al contrario alla concezione guisnaturalistica si oppongono sia la tesi metaetica nota come non cognitivismo etico, sia il giuspositivismo.
Per i non-cognitivisti i diritti naturali non sono una realtà oggettivamente esistente ed i valori morali [vedi Valore] sono tali solo per chi li sceglie.
Per i giuspositivisti il diritto va tenuto distinto dalla morale e la descrizione della realtà giuridica deve prescindere dall’effettiva obbedienza al diritto. Conseguentemente, un diritto positivo deve essere considerato tale anche se non riconosce e non tutela i diritti naturali.
Per quanto riguarda più in particolare i diritti soggettivi giuridici va ricordata la concezione di Kelsen, secondo cui affermare che il diritto positivo possa considerarsi valido solo qualora riconosca i diritti naturali equivale a fare mera ideologia e non scienza del diritto. Per il filosofo austriaco è il diritto positivo che crea i diritti soggettivi e non, al contrario, i diritti soggettivi naturali che conferiscono ad un diritto positivo il carattere di vero diritto. Conseguentemente, i diritti soggettivi giuridici sono solo quelli considerati tali da diritto oggettivo.
Attualmente, si ritiene in prevalenza che il concetto di (—) non sia un concetto generale e unitario, in grado di individuare precise situazioni giuridiche. A tale concezione hanno senz’altro contribuito gli studi analitici condotti dal giurista americano W.H. Hohfeld (1879-1918) e da altri dopo di lui, i quali hanno evidenziato i molteplici usi in dottrina dell’espressione diritto soggettivo (per indicare pretese, permessi, competenze, immunità ecc.).