Anomia
Anomia
Termine che letteralmente significa «assenza di regole». Esso designa una situazione di disorganizzazione della società, dovuta ad assenza o contraddizione delle norme che disciplinano i comportamenti sociali. In La divisione del lavoro sociale (1893) Émile Durkheim (1858-1917) individuò l’origine dell’(—) nel repentino passaggio da una società a solidarietà meccanica (caratterizzata da una scarsa divisione del lavoro) ad una società a solidarietà organica (fondata su un’articolazione dei ruoli sociali e sulla previsione di un sistema normativo idoneo a trasformare in «collettivi» i desideri dei singoli e, quindi, a risolvere i conflitti tra i gruppi). La società moderna, caratterizzata da un’accentuata divisione del lavoro, conduce secondo Durkheim ad una produzione di nuovi ruoli e nuove funzioni che è più rapida del processo di formazione di nuove norme e di nuovi valori [vedi Valore]. Il disintegrarsi dei valori e delle regole previgenti e la contestuale assenza di parametri nuovi creano lo stato anomico della società, che finisce anche col riflettersi nella personalità dell’individuo, attraverso diverse forme di disadattamento.
Morris Cohen (1880-1947) nel Controllo sociale e comportamento deviante sottolineò un lato positivo dell’(—), la quale, evidenziando l’inefficacia delle norme vigenti, impedisce gravi fenomeni di devianza collettiva.
Talcott Parsons (1902-1979) ne Il sistema sociale (1951) affermò che nei periodi di crisi del sistema istituzionalizzato l’(—) si accompagna ad una positiva aspettativa di rinnovamento da parte di coloro che si oppongono proprio a quel sistema.
Robert King Merton (1910) in Teoria e struttura sociale (1947) descrisse l’(—) come una frattura verificatasi all’interno di una società in cui si sono generalizzati e radicati gli obiettivi caratteristici della classe dominante. Questa frattura viene subita da coloro che, pur accettando tali obiettivi, sono esclusi dalla possibilità di conseguirli. Ad essa si avranno diverse reazioni: quella dei conformisti (che accettano i fini ed i mezzi nuovi), dei ritualisti (che accettano solo i mezzi); dei rinunciatari (che rifiutano, semplicemente, gli uni e gli altri), dei ribelli (che rifiutano fini e mezzi in nome di un diverso modello sociale).
Termine che letteralmente significa «assenza di regole». Esso designa una situazione di disorganizzazione della società, dovuta ad assenza o contraddizione delle norme che disciplinano i comportamenti sociali. In La divisione del lavoro sociale (1893) Émile Durkheim (1858-1917) individuò l’origine dell’(—) nel repentino passaggio da una società a solidarietà meccanica (caratterizzata da una scarsa divisione del lavoro) ad una società a solidarietà organica (fondata su un’articolazione dei ruoli sociali e sulla previsione di un sistema normativo idoneo a trasformare in «collettivi» i desideri dei singoli e, quindi, a risolvere i conflitti tra i gruppi). La società moderna, caratterizzata da un’accentuata divisione del lavoro, conduce secondo Durkheim ad una produzione di nuovi ruoli e nuove funzioni che è più rapida del processo di formazione di nuove norme e di nuovi valori [vedi Valore]. Il disintegrarsi dei valori e delle regole previgenti e la contestuale assenza di parametri nuovi creano lo stato anomico della società, che finisce anche col riflettersi nella personalità dell’individuo, attraverso diverse forme di disadattamento.
Morris Cohen (1880-1947) nel Controllo sociale e comportamento deviante sottolineò un lato positivo dell’(—), la quale, evidenziando l’inefficacia delle norme vigenti, impedisce gravi fenomeni di devianza collettiva.
Talcott Parsons (1902-1979) ne Il sistema sociale (1951) affermò che nei periodi di crisi del sistema istituzionalizzato l’(—) si accompagna ad una positiva aspettativa di rinnovamento da parte di coloro che si oppongono proprio a quel sistema.
Robert King Merton (1910) in Teoria e struttura sociale (1947) descrisse l’(—) come una frattura verificatasi all’interno di una società in cui si sono generalizzati e radicati gli obiettivi caratteristici della classe dominante. Questa frattura viene subita da coloro che, pur accettando tali obiettivi, sono esclusi dalla possibilità di conseguirli. Ad essa si avranno diverse reazioni: quella dei conformisti (che accettano i fini ed i mezzi nuovi), dei ritualisti (che accettano solo i mezzi); dei rinunciatari (che rifiutano, semplicemente, gli uni e gli altri), dei ribelli (che rifiutano fini e mezzi in nome di un diverso modello sociale).