Mobbing
Mobbing (d. lav.)
Termine derivato dal verbo to mob , che in etologia designa il comportamento aggressivo di alcune specie animali all'interno del proprio gruppo.
Applicato all'analisi dei rapporti umani, il termine () è ormai comunemente usato per descrivere tutti quei fenomeni di persecuzione di un soggetto nell'ambiente di lavoro. In particolare, è considerato () l'insieme di quegli atti e comportamenti posti in essere da datore di lavoro, capi, intermedi e colleghi, che si traducono in atteggiamenti persecutori, attuati in forma evidente, con specifica determinazione e carattere di continuit à, idonei ad arrecare danni rilevanti alla condizione psico-fisica del lavoratore o anche solo ad allontanarlo dalla collettivit à in seno alla quale presta la propria opera. Si è anche distinto tra:
() orizzontale, quando le aggressioni o vessazioni provengono da lavoratori di pari grado della vittima;
() verticale (anche detto bossing ), quando viene attuato dal datore di lavoro, sia esso privato o pubblico.
Le forme pi ù frequenti di () sono costituite dalla dequalificazione professionale del lavoratore, destinato a mansioni inferiori per mortificarlo, da comportamenti fastidiosi od offensivi ripetuti, ovvero da atti di generale svilimento della persona, nonch é di isolamento sociale e professionale. Dottrina e giurisprudenza, in funzione ricostruttiva della fattispecie, hanno individuato una serie di elementi di cui deve verificarsi la sussistenza affinch é si possa parlare di (), e in specie:
continuit à dei comportamenti persecutori, reiterati nel tempo e finalizzati al medesimo scopo di nuocere al lavoratore mobizzato. Si tratta di comportamenti o atti che, per loro natura, possono essere anche perfettamente leciti, ma che acquisiscono una dimensione illecita per l'essere preordinati alla persecuzione di un lavoratore dal punto di vista psichico, sociale e professionale. Le pratiche di () sono anche definite terrorismo psicologico , spesso espressione di una volont à collettiva che attua i comportamenti mobizzanti in modo subdolo;
esistenza di effetti sulla vittima del () descritti come idoneit à, anche solo potenziale, delle pratiche di () ad incidere negativamente sulla integrit à psico-fisica dell'individuo, provocandogli danni quali depressione e disturbi post-traumatici da stress, che possono avere sia carattere transitorio che permanente ed indurre, ad esempio, alle dimissioni il lavoratore. La qualificazione giurisprudenziale di tali effetti è quella del danno esistenziale, determinato dalla lesione in s é di un diritto, quale la salute, costituzionalmente protetto (cd. danno evento), indipendentemente dal prodursi di effetti e ricadute di natura patrimoniale (cd. danno conseguenza) (Cass. 7713/2000).
Il () non ha ricevuto, finora, una specifica disciplina, anche a causa dei problemi di qualificazione della fattispecie che restano, comunque, dibattuti sul piano dottrinale e giurisprudenziale.
Una definizione normativa del fenomeno era contenuta nella L. 16/2002 della Regione Lazio. La Corte Cost. ne ha dichiarato per ò l'incostituzionalit à per contrasto con l'art. 117 Cost. poich é la legge regionale era intervenuta in una materia di competenza statale.
Da ultimo, invece, la Corte Cost. (sent. 238 e 239 del 23-6-2006) ha fatto salve le leggi delle Regioni Umbria e Friuli che, prescindendo da qualsiasi intento definitorio di competenza statale, hanno piuttosto disciplinato il fenomeno dal punto di vista della prevenzione e della tutela del lavoratore restando nell'ambito delle competenze regionali della tutela della salute e della sicurezza del lavoro. In particolare, la normativa regionale ha predisposto misure di tipo economico a sostegno delle famiglie del lavoratore vittima di mobbing e al fine di prevenirlo ha previsto l'obbligatoriet à delle ispezioni nei luoghi di lavoro privati e pubblici. Il legislatore regionale è, quindi, intervenuto a tutela della salute psico-fisica del lavoratore riaprendo la strada ad una possibile tutela economica per il lavoratore mobbizzato.
Tale tentativo era stato gi à posto in essere dalla circ. INAIL 71/2000 che aveva individuato talune caratteristiche strutturali, in presenza delle quali gli effetti dell'atteggiamento persecutorio potevano essere coperti da tutela assicurativa. Tale provvedimento è stato per ò annullato con sentenza del Tar Lazio11-7-2005, n. 5454, vanificando ogni tentativo di indennizzare conseguenze dirette del mobbing che si traducessero in vere e proprie malattie professionali.