Imputabilità
Imputabilit à (d. pen.)
Secondo l'art. 85 c.p., è imputabile chi ha la capacit à di intendere e di volere nel momento della commissione del fatto costituente reato.
La capacit à di intendere è la capacit à di rendersi conto del valore sociale dell'atto che si compie.
La capacit à di volere è l'attitudine delle persone a determinarsi in modo autonomo, pi ù precisamente la facolt à di volere quello che si giudica doversi fare.
Il contenuto sostanziale dell'() va ravvisato nella maturit à psichica e nella sanit à mentale, e consiste in un modo d'essere dell'individuo, uno status della persona, che deve sussistere nel momento in cui il soggetto ha commesso il reato.
L'() pu ò essere esclusa o diminuita da alcune cause espressamente disciplinate dagli artt. 88 ss. c.p.
Tali cause possono consistere in condizioni di natura fisiologica (es. minore et à), condizioni patologiche (es. infermit à di mente; sordomutismo) o condizioni di natura tossica (es. abuso di alcolici o di sostanze stupefacenti).
L'() va distinta dalla coscienza e volont à dell'azione, richiesta dall'art. 42 c.p.: quest'ultima attiene alla condotta criminosa in concreto mentre l'() attiene al soggetto in astratto. Ne consegue che un individuo pu ò essere imputabile e nello stesso tempo compiere il fatto senza coscienza e volont à (es.: nel caso di forza maggiore).
Secondo la dottrina prevalente, il fondamento dell'() deve ravvisarsi nella concezione comune della responsabilit à umana, secondo la quale un uomo pu ò essere chiamato a rispondere dei propri atti di fronte alla legge solo quando sia in grado di rendersi conto del valore sociale degli stessi e di autodeterminarsi liberamente.
Secondo parte della dottrina, il difetto di () non esclude la possibilit à, dell'autore del fatto, di commettere un reato, ma rende solo inapplicabile la pena. Per la dottrina dominante, invece, l'() è presupposto della colpevolezza, sicch é in sua assenza il fatto commesso non costituisce reato.