Falsa testimonianza

Falsa testimonianza (d. pen.)
Risponde di tale delitto chi, deponendo come testimone davanti all'autorità giudiziaria, afferma il falso, nega il vero (falsa testimonianza in senso stretto), ovvero tace in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato (testimonianza renitente o reticente) (art. 372 c.p.).
Scopo dell'incriminazione è l'interesse dell'amministrazione della giustizia alla veridicità e alla completezza del mezzo di prova della testimonianza.
Presupposto del reato è che il soggetto rivesta la qualità di teste e deponga davanti all'autorità giudiziaria italiana.
La condotta può consistere:
— nell'affermare il falso, cioè nel dire qualcosa difforme dal vero, come ad esempio supporre esistente un fatto inesistente, alterare la verità e la percezione che di esso si sia avuta etc.;
— nel negare il vero, cioè nel negare la verità di un fatto realmente avvenuto o percepito;
— nel tacere in tutto o in parte ciò che si sa intorno ai fatti su cui si è interrogati (cd. reticenza, cioè serbare il silenzio su qualcosa che si sa e su cui viene chiesta la testimonianza).
Perché sia configurabile il reato è necessario che il fatto oggetto della deposizione sia suscettibile di portare un contributo, sia pure astratto, alla decisione giudiziaria.
Il delitto si consuma appena il teste ha concluso la sua deposizione.
Il dolo consiste nella coscienza e volontà di affermare ciò che si sa essere falso, di negare il vero o di tacere in tutto o in parte ciò che si sa.
Sono irrilevanti i fini avuti di mira dall'agente.
Il delitto è aggravato se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni, ovvero superiore a cinque anni, ovvero all'ergastolo.
Pena: Reclusione da 2 a 6 anni.