Recinzioni

La recinzione di beni comuni non può configurarsi come innovazione, in quanto non comporta alterazione dell’entità sostanziale del bene o mutamento della sua destinazione originaria. Dunque per le relative deliberazioni assembleari sono sufficienti le maggioranze ordinarie, e non quella prevista dall’art. 1136, 5° co., c.c. per le innovazioni (TERZAGO).
Di tale avviso è anche la giurisprudenza, secondo la quale la recinzione della zona verde di un viale comune per evitarne un indiscriminato calpestio, deliberata dall’assemblea dei condòmini non è inquadrabile come innovazione diretta al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento della cosa comune e tanto meno può essere assimilata a un’innovazione idonea ad arrecare pregiudizio alla cosa stessa, bensì configura un semplice mutamento della sistemazione od utilizzazione del bene, rientrante negli atti di ordinaria amministrazione, per i quali è sufficiente la maggioranza prevista dall’art. 1136, 2° co., c.c. (Cass. 21-9-1977, n. 4035).
Nell’approntare recinzioni vanno, tuttavia, rispettati i comuni criteri di sicurezza. Così, ad esempio, le catenelle collocate su paletti a pochi centimetri dal suolo costituiscono un tipico caso di insidia e richiedono una adeguata illuminazione ed una opportuna segnaletica (Trib. Milano 4-4-1991).
quanto alla recinzione di parti di proprietà esclusiva, questa deve ritenersi legittima, a meno che non sia vietata dall’atto d’acquisto o dal regolamento di condominio di natura contrattuale, o da essa possa derivare un pregiudizio per gli altri condòmini nel godimento delle parti comuni dell’edificio o un danno a queste ultime. Così, ad esempio, la giurisprudenza ha considerato legittimo il comportamento del condòmino che, avendo acquistato in proprietà esclusiva lo spazio destinato al parcheggio di un autoveicolo, ancorché sito nel locale adibito ad autorimessa comune del condominio, lo abbia recintato con una struttura a box (Cass. 25-5-1991, n. 5933).