Multiproprietà

Nozione - La multiproprietà consiste nell’attribuzione, ad una pluralità di soggetti, del diritto di utilizzo esclusivo e periodico di un medesimo immobile, secondo un avvicendamento temporale prefissato al momento dell’acquisto, in modo che ciascun titolare abbia la disponibilità esclusiva del bene a turno e per un periodo di tempo limitato, il che spiega come da parte di qualcuno si sia parlato di «proprietà periodica» o di «proprietà turnaria».
L’essenza dell’istituto è normalmente costituita da un unico edificio con più unità immobiliari, ciascuna delle quali viene assegnata in godimento ad una persona o ad un nucleo familiare, ma è chiaro che la c.d. proprietà periodica può riguardare anche case unifamiliari, come spesso accade nei luoghi di villeggiatura.
Il fenomeno si concreta nel trasferimento, da parte del costruttore (o solo del venditore), di un singolo appartamento a diversi soggetti, i quali si considerano tutti proprietari ed acquistano il diritto ad usare dell’appartamento e delle parti comuni dell’edificio, ciascuno per un ben preciso e determinato periodo dell’anno, trascorso il quale, tale diritto «affievolisce», per riconsolidarsi poi nel medesimo periodo di ogni anno successivo (TERZAGO).
La multiproprietà nasce intorno alla metà degli anni ’60 in Svizzera e in Francia (nella legislazione francese l’istituto è oggi espressamente regolamentato, e lo stesso è avvenuto in Grecia), mentre nell’esperienza italiana si afferma soltanto a partire dagli anni ’70, sviluppandosi, poi, tra la metà degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Suo presupposto è il diffondersi fra ceti sempre più larghi della tendenza alla vacanza e all’aggregazione per una più diffusa utilizzazione della comodità della vita (SANTORO-PASSARELLI), tanto è vero che il fenomeno si è sviluppato soprattutto nelle zone turistiche.
Sul piano economico l’introduzione dell’istituto risponde a fini meramente speculativi. Per il venditore il vantaggio si fonda su noti principi economici quali la massimazione del profitto attraverso il ricorso a prezzi multipli e la vendita a più soggetti di singole porzioni di uno stesso bene suscettibile di divisione; in tal modo il ricavato è superiore a quello che si sarebbe ottenuto vendendo l’intero immobile ad un solo acquirente (LEZZA-SAVAROLO, TERZAGO). Inoltre il venditore può trarre un ulteriore guadagno dalla gestione dei servizi offerti ai multiproprietari, essendo gli immobili generalmente localizzati in residence dotati di piscine, campi da tennis, ristoranti ed altri servizi dei quali egli si riserva la proprietà al momento della vendita (GAZZONI). Per gli acquirenti, invece, il vantaggio si concretizza nel disporre «di un posto per le vacanze, sempre uguale e sicuro, senza sopportare gli alti costi di una seconda casa» (SPINELLI).
Inquadramento dogmatico dell’istituto
- Diversi e contrastanti sono gli sforzi profusi dalla dottrina per inquadrare sul piano teorico la multiproprietà, e tuttora non si è pervenuti ad una soluzione univoca.
I tentativi dottrinali incontrano due ordini di ostacoli, rimovibili verosimilmente soltanto da un intervento legislativo che definisca la natura giuridica dell’istituto: da un lato, infatti, la variegatezza dei modelli adottati nella prassi commerciale impedisce di ricondurre il fenomeno ad una qualificazione unitaria e, dall’altro, l’attuale contesto normativo, nel quale vige il principio di tipicità (numerus clausus) dei diritti reali, si presenta inadeguato a recepire una figura decisamente atipica.
Lo stesso D.Lgs. 9-11-1998, n. 427, di recepimento della direttiva 94/47/CE, si limita a definire il contratto di acquisizione della multiproprietà, senza fornire alcuna indicazione in merito alla natura del diritto.
Alcuni autori hanno individuato nel fenomeno della multiproprietà una tradizionale situazione di comunione, nella quale ciascun partecipante sarebbe titolare di una quota indivisa di comproprietà, con diritto di godimento «turnario» predeterminato dal titolo di acquisto (normalmente l’alienante predispone un regolamento della comunione con il quale disciplina il godimento turnario tra i multiproprietari). Il diritto di multiproprietà sarebbe un diritto reale (non personale come l’uso e l’abitazione) e quindi trasferibile.
Tale impostazione è stata sottoposta a critiche rigorose, basate essenzialmente sulla non riconducibilità, al tipo di comunione accolto dal codice civile, di una situazione di comproprietà in cui:
a) sarebbe immodificabile la destinazione e inammissibile la divisione della cosa comune (mentre la normativa codicistica prevede la possibilità di mutare, con apposite maggioranze, la predetta destinazione, nonché la facoltà, per ciascun partecipante alla comunione, di domandarne in qualsiasi momento lo scioglimento);
b) non opererebbe il meccanismo di espansione della quota nel caso di rinuncia o di astensione dal godimento da parte di uno dei multiproprietari;
c) l’uso turnario, da mera modalità, peraltro solo eventuale, di esercizio della facoltà di godimento (della cosa comune), assurgerebbe ad aspetto essenziale e indefettibile dell’istituto, qualificando l’oggetto stesso dell’acquisto in multiproprietà.
Anche l’accostamento al condominio è stato negato, e ciò sul rilievo che nella multiproprietà difetterebbe la proprietà solitaria degli appartamenti e, quindi, non vi sarebbe il godimento esclusivo delle singole unità immobiliari.
Si è pensato allora di qualificare la multiproprietà come una speciale forma di proprietà, caratterizzata da una situazione di concorrenza di diritti (fra loro autonomi) piuttosto che di contitolarità di un unico diritto, parlandosi, al riguardo, di «proprietà temporanea» oppure di «proprietà su una frazione spazio-temporale del bene». Ma simili costruzioni si fondano sull’ammissibilità — quantomeno opinabile (se non addirittura inaccettabile) alla luce della nozione di proprietà assunta dal vigente ordinamento — di un concorso di autonomi diritti di proprietà su uno stesso bene.
Ancora più azzardato, infine, è il passo di avvicinare la posizione del multiproprietario a quella dell’usufruttuario, ed altrettanto va detto per il tentativo di qualificare la multiproprietà come diritto reale atipico di godimento.
Contenuto del diritto di multiproprietà
- Il diritto del multiproprietario è un diritto di godimento individuale e non collettivo ma limitato ad un certo periodo dell’anno (GAZZONI).
Il multiproprietario non può godere del bene a proprio piacimento ma deve usarne in modo conforme alla destinazione fissata nel contratto di acquisto, che solitamente è quella di abitazione per le vacanze. Egli non può distruggere o alterare il bene, deve curarne la manutenzione (ordinaria e straordinaria) e provvedere, durante il periodo di godimento, alla sua custodia, impedendo molestie e danneggiamenti ad opera di terzi.
Il multiproprietario può, sia pure limitatamente al periodo di disponibilità, costituire sul bene diritti personali di godimento e in particolare può locarlo. Non sembra, invece, ammissibile la costituzione di diritti reali di godimento (con l’eccezione probabilmente dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione), i quali presuppongono una permanenza che è incompatibile con il sistema turnario (GAZZONI). Il diritto di multiproprietà è trasmissibile per atto tra vivi e per causa di morte.
Normativa applicabile
- Parlano di applicabilità della normativa sul condominio la giurisprudenza e coloro i quali riconducono il fenomeno all’istituto della comunione. In giurisprudenza, in particolare, si è qualificato la multiproprietà come «un condominio non avente carattere assoluto, in quanto oggetto di autolimitazione reciproca preventiva da parte dei multiproprietari» (Trib. Napoli 21-3-1989), ritenendo applicabili le norme sulla obbligatorietà della nomina dell’amministratore da parte dell’assemblea e sulla durata massima della carica (art. 1129, 1° e 2° co., c.c.), nonché la disciplina sulla revoca dell’amministratore da parte dell’autorità giudiziaria (art. 1129, 3° co., c.c.) sul rilievo che «la multiproprietà di singole unità immobiliari nell’ambito di un complesso edificiale residenziale non importa alcuna deroga all’applicazione della disciplina sul condominio negli edifici per quanto afferisce alle parti e ai servizi comuni di utilità generale all’intero edificio» (Trib. Bolzano 9-8-1993).
Nella disciplina del condominio, del resto, è espressamente prevista l’ipotesi che un piano o porzione di piano dell’edificio appartenga in proprietà indivisa a più persone (art. 67, 2° co., disp. att. c.c.), sicché può ritenersi già tipizzata la fattispecie mista di comunione e condominio, la prima riferita ai locali «principali» in godimento esclusivo, il secondo ai beni e servizi «strumentali» rispetto ai primi (PETROLATI, VITALONE).
Normativa comunitaria (Dir. 94/47/CE)
- Il legislatore comunitario ha predisposto, con la direttiva 94/47/CE, adeguate garanzie a favore degli acquirenti di immobili in multiproprietà, tralasciando di fornire, tuttavia, qualsivoglia indicazione sul contenuto del diritto che viene attribuito al multiproprietario: ciò «se da un lato corrisponde ad una precisa scelta di politica legislativa, dall’altro segna anche il limite della direttiva, in quanto, su aspetti quali la commerciabilità od il carattere reale o meno del diritto, obbliga l’interprete a far riferimento alla disciplina, spesso contrastante, prevista dalle legislazioni dei singoli Stati membri» (LIPARI). Ove si guardi all’ordinamento giuridico italiano la direttiva 94/47/CE si innesta su una situazione di sostanziale vuoto normativo. La legge comunitaria 24-4-1998, n. 128, relativa agli anni 1995-1997, si è limitata, infatti, a fare propri, sia pure con qualche precisazione ed integrazione, i principi e i criteri dettati dalla direttiva comunitaria (art. 41) e lo stesso D.Lgs. 9-11-1998, n. 427, di recepimento di quest’ultima, definisce il contratto di acquisizione del diritto di multiproprietà e i relativi requisiti, senza, tuttavia, individuare la natura giuridica del diritto del multiproprietario.
La disciplina introdotta dal D.Lgs. 9-11-1998, n. 427 si sostanzia in una forma di tutela dell’acquirente ispirata alla trasparenza del contratto, ed è informata a tre linee-guida fondamentali:
a) l’obbligo per il venditore di fornire in maniera dettagliata, nella fase delle trattative, tutte le informazioni necessarie a far sì che il compratore prenda, in ordine all’acquisto, una decisione ponderata e consapevole;
b) la possibilità, sempre per il compratore, di recedere (anche ad nutum) dal contratto;
c) il divieto per il venditore di esigere somme di denaro, a qualsiasi titolo, fino alla scadenza del termine previsto per l’esercizio del diritto di recesso.