Tiberio Gracco

Tiberio Gracco

Uomo politico di rilievo, vissuto nel II sec. a.C., figlio di Tiberio Sempronio Gracco e di Cornelia (figlia di Scipione l’Africano), fu un esponente di spicco della nobiltà patrizia e promotore di un ampio ed ambizioso programma di riforma, in chiave democratica, della società romana.
In particolare (—), avendo capito che i motivi essenziali del disagio sociale e politico, evidenziatosi intorno alla metà del II sec. a.C., risiedevano nell’abbandono delle campagne da parte dei liberi coltivatori curò la realizzazione di un articolato progetto di regolamentazione della distribuzione dell’àger publicus [vedi], venendo in ciò osteggiato dall’oligarchia senatoria.
Tribunus plebis
[vedi tribuni plebis], nel 133 a.C. fece approvare dal concìlium plebis [vedi] una lex Sempronia, che prevedeva il divieto di possedere estensioni di àger publicus [vedi] in misura superiore a 500 iugeri ed imponeva la distribuzione delle estensioni eccedenti ai non possidenti, in lotti di 30 iugeri, inalienabili e sottoposti ad un tributo.
Preoccupato di dare attuazione alla sua legge agraria dopo aver dettato le linee della riforma, (—) chiese, allo scadere dell’anno di carica, di riottenere il tribunato (in violazione del divieto di iterazione delle cariche [vedi magistratus]).
Urtato da tale iniziativa “rivoluzionaria” il Senato reagì duramente dichiarandolo reo di adfectàtio regni [vedi]; nonostante il rifiuto del console Publio Mucio Scevola di procedere alla sua uccisione, lo stesso giorno delle elezioni, un gruppo di senatori guidati da Cornelio Scipione Nasica, si scagliò sui graccani, facendone strage ed uccidendo lo stesso (—).